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Seminare la pace, la resistenza femminile palestinese testimoniata da Reem Al-Hajajreh

Continuano gli incontri e le proiezioni del festival cinematografico Alice nella Città, a Roma dal 15 al 26 ottobre. Quest’anno la programmazione offre l’opportunità di consolidare il rapporto con gli spettatori, aprendo le porte a dialoghi orientati su ogni tipologia di tematica. Tra gli appuntamenti più importanti, nella giornata di sabato 18 ottobre nelle sale del Cinema Adriano, l’incontro con l’attivista palestinese Reem Al-Hajajreh, fondatrice dell’associazione Women of The Sun

Candidata al Premio Nobel per la Pace, Al-Hajajreh arriva da Betlemme portando con sé le testimonianze delle condizioni in cui vivono le donne palestinesi all’interno dei campi profughi. Durante il suo intervento, ha sottolineato l’attenzione sulla condizione di vita dei bambini e delle bambine palestinesi, spesso costretti, già dagli undici anni, a subire torture e a combattere per il proprio popolo. L’attivista ha inoltre evidenziato le difficoltà che queste donne incontrano nel soddisfare i propri bisogni primari e nel prendersi cura dei figli. Un dialogo che porta inevitabilmente a immedesimarsi e a chiedersi: cosa faremmo noi se, da un momento all’altro, ci venisse tolta la possibilità di accedere a tutti i nostri comfort, anche quelli più quotidiani e apparentemente “invisibili”? Se, improvvisamente, la guerra ci privasse del diritto di esistere dignitosamente, senza la possibilità di reperire assorbenti, gestire le proprie mestruazioni, accedere a un’assistenza medica adeguata per sé e per i propri figli, spesso prigionieri o feriti? La sorte ingiusta imposta ai bambini e il dolore delle madri costrette a lasciare i propri figli troppo presto spingono Al-Hajajreh alla resistenza. Così nasce Women of The Sun, dalla volontà di moltissime madri palestinesi di unirsi attivamente alla lotta, offrendo a donne e bambini ogni tipo di sostegno.

L’associazione Women of The Sun

Women of The Sun opera principalmente in Cisgiordania e all’interno della striscia di Gaza, fornendo aiuti non solo dal punto di vista sanitario, ma anche psicologico ed istruzione. 

“La situazione delle donne a Gaza è spaventosa, hanno perso la loro libertà personale […].
Da quando l’occupazione è diventata incessante non ho mai potuto togliere la sciarpa dalla testa”

Queste sono le testimonianze di Reem Al-Hajajreh, che ricorda come la sottomissione del popolo palestinese sia stata riaccesa mediaticamente e politicamente da parte dell’Occidente negli ultimi anni, con conseguenze sempre più atroci e disumane nei confronti delle donne. Nell’ultima fase dell’intervento, l’attivista palestinese pone l’attenzione sul significato che la pace e la resistenza hanno per la Palestina, e su come il racconto della guerra sia da sempre stato modellato a piacimento dai mass media, prima e dopo il 7 ottobre. Già in precedenza alla data, afferma l’attivista, la Palestina non aveva modo di esistere e di essere riconosciuta: nessuno parlava della sua legittimità come Stato, né tantomeno come popolo. Il 7 ottobre, dunque, non ha rappresentato in alcun modo l’inizio della guerra, ma ha riportato l’attenzione su quello che succede in Palestina, amplificando le ripercussioni subite dal popolo rispetto al passato.  Secondo Women of The Sun, la possibilità di una pace può avvenire solo grazie ad una “resistenza pacifica”, da promuovere equamente all’interno della società palestinese come in quella israeliana. Questa volontà, tuttavia, non è condivisa dalle leadership mondiali, le quali strumentalizzano il popolo portandolo ad agire e pensare solo in funzione dei loro interessi economici, tuttalpiù, le conferenze di pace vengono considerate dall’attivista illusorie e scollate dalla realtà. Al-Hajajreh negli ultimi mesi riconosce però un cambiamento: è sempre più cruciale, adesso, raggruppare il maggior numero di persone credenti nella pace, nell’importanza di far sentire la voce del popolo palestinese, simbolo della resistenza degli oppressi di tutto il mondo. A tal proposito afferma:

Ogni volta che Israele mette più pressioni su noi ci sta riconoscendo come Stato, ma più odiate gli ebrei più loro ci torturano. Il mondo deve aiutarci in modo che non ci arrechi danno”.

Questa riflessione conclude l’incontro, lasciando emergere che la pace, ancora una volta, parte dai popoli, dalla coscienza collettiva, dalla non-violenza e dall’unione, ma soprattutto, come afferma Reem Al-Hajajreh, passa dal minor numero di morti. La lotta per la Palestina non si configura unicamente come difesa di un popolo, ma rappresenta sempre una mobilitazione collettiva contro le strutture di ingiustizia e di oppressione politica ed ideologica di tutto il mondo. 

Articolo a cura di Ilaria Mizzon e Nives Nocito 

 

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