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Se le parole della mitezza diventano Resistenza: Mediterranea e Mimmo Lucano in due serate romane

Photo credit: pagina Facebook Palazzo Merulana

“Le parole sono importanti”: lo sapeva già Nanni Moretti e, probabilmente, non lo sanno più gli abitanti del villaggio globale di McLuhan.

Nel reame dei social network, è la narrazione tossica che padroneggia la platea e detta i toni: salta la dignità del linguaggio, il suo dover essere rispettabile e controllabile. Se l’unico linguaggio possibile è quello del senso comune che ha solo un uso pratico, su cui non occorre riflettere, allora tutto è dicibile e niente è vero.

La distanza delle parole, quella linea sottile di confine tra la sua elaborazione privata e la sua pubblicità, si appiattisce nell’algoritmo che legittima le nostri convinzioni: ma se il confronto/incontro viene meno, è ancora possibile costituire una comunità dell’Io, capace di vedere nell’altro un “Tu” che non sia avversario, ostacolo, scandalo?

Se i limiti del linguaggio sono i limiti del mondo, da dove si riparte nell’era dell’ipercomunicazione per ridare dignità al linguaggio e decodificare quello che accade liberandosi dalla dicotomia interpretativa Noi/Loro?

Una duplice risposta arriva in due giornate consecutive: l’una il 24 ottobre, a Palazzo Merulana, da Marco Damilano, direttore dell’Espresso, e Goffredo Fofi, direttore della rivista Gli Asini, confrontatesi sui temi di politica, comunità e nonviolenza in occasione della ristampa dell’ “Elogio della mitezza” di Norberto Bobbio. L’altra, nella serata del 25 ottobre, dall’assemblea pubblica al Nuovo Cinema Palazzo di San Lorenzo, avente come ordine del giorno “Disobbedire a leggi ingiuste per restare umani”.

Differenti cornici, differenti voci, medesimo intento: mobilitare la catena umana dei “buoni” che vogliono evitare la distruzione dei diritti, la cancellazione della memoria collettiva, il capovolgimento della parola.

E, lo strumento da prediligere per dar voce alla coscienza che si ribella, è la mitezza: “la mitezza è il contrario dell’arroganza” – spiegano Fofi e Damilano nel dibattito organizzato dalle associazioni Collettiva- “il mite lascia essere l’altro quello che è anche se l’altro è l’arrogante, il protervo, il prepotente…Non apre il fuoco mai e, quando lo aprono gli altri, non si lascia bruciare”.

Tempi duri per i miti: occorre pazienza per scardinare le dicotomie e abitare le frontiere dell’incomprensione. E miti sono i destini comuni di Domenico Lucano e Mediterranea, segnati dalla disobbedienza civile che si fa cambiamento.

Lo testimoniano i racconti in prima persona da Mediterranea Saving Humans che riecheggiano a San Lorenzo, le analisi mirate del regista Andrea Segre per il Forum “per cambiare l’ordine delle cose”, le parole di Alessandra Cutolo, regista di “Women Crossing, storie di sabbia e di mare”.

Mediterranea – chiariscono –  si definisce “un’azione non governativa di disobbedienza morale ma di obbedienza civile”: disobbedisce al discorso pubblico nazionalista e xenofobo e al divieto, di fatto, di testimoniare quello che accade nel Mediterraneo; obbedisce, invece, alle norme costituzionali e internazionali, da quelle del mare alla fondamentale salvaguardia dei diritti umani. Per questo, Mediterranea trova in Mimmo Lucano un potenziale compagno di viaggio, un marinaio coraggioso che afferma con necessaria semplicità: “proprio per disattendere queste leggi balorde vado contro la legge”.

La pratica della disobbedienza civile, per mare e per terra, diventa urgente in un’epoca percorsa da pulsioni e azioni razziste e reazionarie, legittimate e fomentate da nuovi dispositivi legislativi, come il Decreto Sicurezza, e dalle continue affermazioni degli esponenti del governo che, invece che appianare le contraddizioni, le infuocano e le acuiscono.

“Non si tratta di essere buoni o cattivi, di aprire o di chiudere porti: si ha a che fare con una pressione sociale e storica che riguarda il diritto alla felicità e a una vita migliore richiesta da parte di alcune persone”: come rispondere a ciò? “Ricordandosi che il diritto di inseguire la propria felicità non è un diritto plausibile di decisione arbitraria e altrui”.

Occorrono risposte che tematizzino in modo diverso, che propongano nuove definizioni: alla disgregazione del tessuto sociale e alla retorica dell’odio, rispondono le voci di  Quintaumentata, gruppo corale multiculturale della scuola Iqbal Masih. Miti, loquaci e meravigliosamente capaci di mettere a tacere ogni categoria di vinti e vincitori, sostando nella delicata distanza che attraversa il momento in cui, dopo aver preso forma nella nostra solitudine, la parola diventa pubblica e ci rende aperti, accoglienti, diversi.

La loro parola diventa canto e dimostra, emozionando, che Damilano rileggendo Bobbio ha ragione: “il mite non è cedevole, né arrendevole. È un combattente fragile e disarmato che non molla mai per far avanzare la sua idea di mondo. Attraversa il fuoco senza bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria misura, la propria compostezza, la propria disponibilità”. E, probabilmente, delle miti e loquaci voci abbiamo molto da imparare.

 

Ne abbiamo parlato con Andrea Segre, regista del film “L’ordine delle cose”, premiato con il HRNs Award – Premio Speciale per i Diritti Umani, durante la 74ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2017.

      Intervista Andrea Segre

Nicoletta Labarile

 

 

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