Una narrazione controversa: il tasso di fecondità cala, nei titoli ricorrono le parole “crisi demografica” o “allarme”, ma non ci si interroga su come concretamente agire. E se invece di fermarsi ai conti, provassimo a chiederci perché sono così scoraggianti? Il Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo 2025, presentato da UNFPA e AIDOS il 10 giugno nella Facoltà di Economia della Sapienza di Roma, cerca di fornire una risposta: la crisi non va imputata tanto alla sottopopolazione o alla sovrappopolazione, bensì alla mancanza di condizioni che permettano alle persone di scegliere se, quanti e con chi avere dei figli.
Ad intervenire alla “tavola rotonda” : Mariarosa Cutillo (UNFPA), Elena Ambrosetti (Sapienza – ospite ai nostri microfoni) , Laura Aghilarre (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e DGCS), Sandra Zampa (Senato della Repubblica), Serena Fiorletta (AIDOS), con la moderazione di Barbara Leda Kenny (InGenere webmagazine).
Un desiderio che si scontra con la realtà
Tra le persone intervistate nei 14 Paesi che fanno da campione del report, una persona su cinque è convinta di non poter avere la famiglia che desidera; di certo non per mancanza di volontà, indicando come ostacolo principale una serie di motivi economici assieme a quelli legati alla salute, ai sistemi dell’infanzia, all’informazione e alla stessa instabilità politica. Altra ragione non trascurabile si rileva in tema di diseguaglianza sociale: oggi rimane innegabile la differenza di carico tra uomo e donna nel lavoro di cura del nucleo familiare. E sì, anche questo elemento è centrale, ponendo le donne di fronte al bivio tra il desiderio di maternità e quello di autorealizzazione. Aggiunge Mariarosa Cutillo: «i diritti umani e delle donne sono centrali, e tra questi rientra quello dell’informazione in termini sanitari. Anche in Italia è così».
Rendere possibile l’autonomia riproduttiva?
Il rischio concreto, sinora rilevato, è che un “linguaggio conservatore” (del tipo “il calo demografico”) nasconda la vera crisi. Riprendendo le parole di Elena Ambrosetti: «E necessario il rilancio di un cambiamento culturale e sociale”. Per farlo si possono individuare 3 priorità per rendere veramente possibile l’autonomia riproduttiva:
- riconoscere esplicitamente i diritti sessuali e riproduttivi come componente fondamentale della copertura sanitaria
- assicurare un’educazione completa alla sessualità e all’affettività che possa divenire strutturale
- il diritto alla contraccezione
Le misure messe in campo finora dai governi, come rilevato dal Report UNFPA, si sono rivelate inefficaci per l’assenza di azioni realmente strutturali che andassero nella direzione dei diritti, dell’educazione e dell’equità. Un “inverno”, insomma, che riguarda più le politiche pubbliche che la demografia.
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Autore: Alessandro Romagnoli