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“R-esistenze”: alla Sapienza le storie di donne comuni vittime del maschilismo

Martedì 23 maggio 2023, presso l’Università La Sapienza, si è svolto un incontro dedicato alla presentazione di “R-esistenze“, un progetto promosso dall’Associazione di solidarietà dipendenti Sapienza “Sandro Mancini“, nata tra il 2005 e il 2006 come associazione di solidarietà per supportare la comunità accademica. Il suo presidente Michela Chiadroni ha come obiettivo farla crescere fino a diventare un punto di riferimento per la comunità; per realizzare tutto ciò, la riconosce come un gruppo di persone che si aiutano reciprocamente senza perdere la propria identità. Il tema principale dell’evento svoltosi nell’aula 6 di Giurisprudenza è stato il racconto di 20 storie di donne comuni che sono diventate punti di riferimento per altre donne, grazie alla solidarietà, alla reciprocità e al sostegno. Non a caso, tutte le protagoniste, anche se distanti geograficamente o socialmente, non hanno mai rinunciato a loro stesse, portando avanti le proprie forze: da qui nasce il titolo del libro “R-esistenze” di Rosa Iannuzzi.

La prof. Tiziana Catarci sulla società maschilista

Tiziana Catarci, professoressa e direttrice del Dipartimento di Ingegneria informatica, automatica e gestionale Antonio Ruberti presso La Sapienza, afferma di insegnare in un ambiente prettamente maschile. Secondo lei la cosa negativa non è questa, bensì il maschilismo. Il libro “Resistenze” racconta le storie di donne che devono resistere, spesso a causa degli uomini. Ad esempio, una storia parla della guerra generata dagli uomini, nella quale c’è un rapporto di potere (detenuto soprattutto dagli uomini) e di forza; in un’altra storia c’è la violenza di genere, descritta come sopraffazione psicologica e fisica. Questi elementi, secondo la professoressa, rappresentano il ritorno allo stato bruto dell’essere umano.

La società attuale è diversa da quella precedente, per via della rivoluzione digitale. Il mondo sta cambiando dal punto di vista sociale, economico ed esecutivo, come avveniva a fine Ottocento con la rivoluzione industriale. Gli artefici di questo cambiamento sono coloro che hanno competenze digitali. La professoressa porta l’esempio degli Stati Uniti, in cui il 90% dei membri delle grandi aziende sono maschi. Inoltre, le studentesse di queste materie (ICT) sono circa il 15% in tutto il mondo industrializzato.

Dunque solo gli uomini stanno facendo la rivoluzione. Questo da una parte priva il futuro della diversità, dall’altra pone il problema dei pregiudizi negli algoritmi d’intelligenza artificiale, detti “machine learning”, i quali, ispirandosi agli esempi, imparano i pregiudizi (tra cui quello di genere). Oggi la situazione è questa, e Catarci ritiene che le donne stiano perdendo l’occasione di fare un cambiamento, perché per vari motivi non acquisiscono competenze in materia. Le ragazze andrebbero convinte del fatto che tali studi contribuiscono a migliorare il mondo, sono creativi e danno un lavoro assicurato con alti stipendi. La professoressa spinge per creare un progetto che insegni alle donne che non c’è nessuna differenza di competenza dovuta al genere.

Il progetto “R-esistenze” spiegato dalle ideatrici Rosa e Giorgia

Rosa Iannazzi, autrice del libro “R-esistenze” e ideatrice dell’omonimo progetto, afferma che per quest’ultimo è partita dal semplice obiettivo della condivisione delle idee, che ha portato a raccontare le storie di donne che hanno imparato dalla loro esperienza di vita, lottando, sacrificandosi e subendo violenze. Il progetto è nato il 21 marzo 2021 dal bisogno di ritrovare una narrazione contenente una pluralità di voci e priva di un linguaggio aggressivo maschile. La scrittura ha permesso a queste donne di riappropriarsi di un pensiero e di aprire le porte per una nuova vita. Rosa si è detta soddisfatta di quest’iniziativa, soprattutto per l’occasione da parte delle protagoniste di parlare delle proprie esperienze.

L’altra mente del progetto “R-esistenze”, Giorgia, è una studentessa toscana, che ha scritto per mettere alla prova sé stessa. Questa scrittura terapeutica le ha consentito di fermarsi, ragionare e scegliere il linguaggio. Giorgia percepisce una “infantilizzazione“, secondo cui la parola dei giovani non viene considerata per via della loro inesperienza, e ha voglia di ribaltare questa visione esaltando il valore di questo progetto femminile. Racconta la violenza e gli stereotipi, che prima di essere affrontati vanno riconosciuti. Giorgia teme la società maschilista patriarcale, e sente il bisogno di: riconoscere la violenza e la capacità femminile di resistenza attiva, sapere fin da piccoli i rischi e le potenzialità della rivoluzione digitale.

Claudia Liberato e la storia di Rita Gregori

Claudia Liberato è un’educatrice e lavora nei servizi sociali. Tra il 2020 e il 2021, insieme a un gruppo di amici formatori, per continuare l’attività di formazione di scrittura ha accettato seppur con perplessità la sfida del digitale, in quanto unico strumento a disposizione. I membri del gruppo si sono dati come tema di scrittura “10 cose che ho imparato”: Claudia ha scelto la storia di Rita Gregori, una mamma che ha incontrato, da cui ha imparato molte cose.

Rita ha raccontato che non si aspettava che sua figlia avesse dei problemi. Le era stato detto che le malformazioni e malattie genetiche della figlia sarebbero durate un anno, mentre in realtà Rita è andata avanti per 25 anni. La figlia, nata nel 1974, aveva bisogno di aiuto per qualsiasi cosa, ma aveva altri modi per trasmettere le emozioni e farsi capire. A Rita sarebbe piaciuta un’altra vita, ma le era toccata questa, quindi bisognava viverla così.

La storia e il racconto secondo Andrea Ciantar

L’incontro si conclude con l’intervento di Andrea Ciantar, esperto in metodologie autobiografiche, secondo il quale raccontare e scrivere storie di vita vuol dire soprattutto fare un viaggio in un mondo sommerso. Ci sono tante esperienze da cui imparare, ma è come se questo patrimonio fosse a noi sconosciuto.

Egli dà importanza al dedicare tempo per sé stessi. Lo spazio d’ascolto riguarda 2 persone: una che si racconta e l’altra che ascolta. Noi siamo come un libro: vediamo una persona sapendo solo il titolo, quando in realtà c’è molto di più. Qui sta l’importanza del tema dell’oppressione femminile, che dovrebbe essere trattato maggiormente.

Un altro lato della medaglia della storia è la devastazione dell’identità maschile. Ciantar è cresciuto in un quartiere violento di Taranto, in cui l‘identità maschile si costruiva con la violenza. Il contraltare è che anche questo mondo sommerso andrebbe raccontato.

Il metodologo spiega che dalle storie, intese come ricomposizioni in cui cerchiamo un senso di noi sessi e del mondo, emergono 2 elementi principali: l’incontro con la meraviglia (momenti della vita in cui siamo entrati in contatto con l’essenza più autentica di noi stessi) e il trauma (un enorme mondo sommerso, presente nella nostra memoria, sul quale c’è la vergogna).

Il racconto, fondamentale in quanto scatena un cambiamento, include 3 tipi di dialogo: con sé stessi, con l’altro e con il mondo. A tal proposito, Ciantar ha creato il libero portale “StoryAP”, in cui le persone possono caricare storie in più lingue in merito al cambiamento: lo scopo è fare in modo che queste storie generino ulteriori riflessioni, per cercare di contribuire al cambiamento.

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