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A Villa Mirafiori il seminario “La verità come rettitudine in Anselmo d’Aosta”

La verità come rettitudine in Anselmo d'Aosta

Nel pomeriggio di martedì 30 gennaio 2024 si è tenuto presso l’aula II di Villa Mirafiori, l’incontro intitolato “La verità come rettitudine in Anselmo d’Aosta“, terzo appuntamento del seminario permanente di storia della filosofia “Verità, finzione e intelligenza artificiale“.

L’evento è stato organizzato e presentato dalla docente Annalisa Schino. Ad intervenire Luisa Valente, insegnante di storia della filosofia medievale presso l’Università di Roma La Sapienza ed autrice di circa 70 pubblicazioni.

Dopo aver dedicato gli scorsi appuntamenti alla filosofia platonica, il percorso prosegue attraverso la filosofia medievale. Il tema della verità in Anselmo d’Aosta viene trattato dalla docente attraverso le opere del De Veritate e del Monologion. In entrambi i testi si trova traccia del modello platonico e dell’impronta aristotelica. A questo sfondo teorico Anselmo fa intersecare ed interagire in maniera brillante la prospettiva cristiana e l’argomento ontologico.

Seminario di filosofia: “La verità come rettitudine in Anselmo d’Aosta

Nell’analisi del De VeritateValente si sofferma sui capitoli II, III e VII che affrontano rispettivamente il tema della “enuntiatio“, della “cogitatio” e della “verità ed essenza delle cose“. Attraverso la lettura di alcuni passi la docente spiega il punto di partenza della riflessione di Anselmo. L’analisi del linguaggio, di quel solitum dicere che mette in relazione verità ed enunciati: “quando un’enunciazione dice come stanno le cose, allora c’è in essa verità ed è vera“; “per una enunciazione è la stessa cosa essere retta ed essere vera […] dunque la verità in una enunciazione non è altro che una rettitudine”. (De Veritate, cap. II).

Nel capitolo sulla cogitatio Anselmo afferma che la verità non necessita di un’argomentazione logica ma è sufficiente un pensiero, un’opinione per creare una verità. “Il poter pensare che una cosa sia o non sia, infatti, ci è stato dato perché pensiamo che è quello che è, e non è quello che non è“. (De Veritate, cap. III). La svolta del capitolo VII risiede infine nell’individuazione di una “quarta verità”, l’essenza delle cose, che non è né linguaggio, né enunciato e neppure Dio. “Tutto ciò che è, è veramente in quanto è così come è nella somma verità. […] Nell’essenza delle cose c’è verità“. La verità in Anselmo dunque è piuttosto una verità dell’essenza delle cose, una verità che potremmo definire “autenticità”.

Nel Monologion si affronta il tema della creazione delle cose attraverso la locutio rerum, il discorso sulle cose, dove ogni cosa è una parola interiore che si manifesta nel mondo. Prima di venir create le cose della realtà sono nulla come sono nulli i prodotti di un artigiano che li pensa prima di fabbricarli: sono progetti, forme, programmi nella mente di Dio. L’elemento di novità dell’opera sta nella gradualità dell’essere: non è più protagonista la dialettica tra verità e finzione, tra cose vere o cose non vere, bensì la presenza di diversi gradi dell’essenza, quindi dell’esistenza. Come spiega Valente, “nel Monologion, non v’è più bianco o nero, c’è una gradualità e le cose sono più vere quanto più si avvicinano al modello della creazione”.

VERITA’, FINZIONE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Il seminario “Verità, finzione e intelligenza artificiale” è parte del percorso di dottorato in storia della filosofia. Nasce con l’intento di indagare le categorie di verità, finzione e intelletto, per offrire nuovi spunti di riflessione in chiave moderna, orientata al presente e alle sfide contemporanee.

Nel corso di un’intervista ai microfoni di Radio Sapienza, la professoressa Valente invita gli studenti a rivolgersi al pensiero medievale come serbatoio potenziale di idee, di termini e di chiavi di lettura che possono essere utili ancora oggi. La filologia del linguaggio, il metodo di procedere attraverso l’interrogazione e il continuo ritorno alle condizioni di possibilità di ciò che è stato detto, nonché il dialogo con gli interlocutori, sono tutti fattori distintivi della filosofia di Anselmo perfettamente applicabili ad altri contesti e ad altre epoche.

Per la docente l’elemento che rende la filosofia di Anselmo d’Aosta rilevante in chiave contemporanea è proprio la tipologia di approccio impiegata nello studio della verità: il grande rigore logico, l’ambizione alla chiarezza e all’approfondimento nelle sue opere che pur non mancano di afflato poetico. In molti dei suoi scritti, infatti, Anselmo inframezza le sue analisi con preghiere ed espressioni di affettività e di sentimento verso i suoi destinatari: una componente di emotività che la docente reputa significativa e degna di essere recuperata.

Di seguito l’intervista completa alla docente Luisa Valente

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