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How to Have Sex: I Silenzi Parlano. Il film di apertura della 21esima edizione di Alice nella Città

Serata di apertura di Alice nella Città con Molly Manning Walker e Mia McKenna-Bruce. Foto di Carola Vannimartini

Serata di apertura di Alice nella Città con Molly Manning Walker e Mia McKenna-Bruce. Foto di Carola Vannimartini

RadioSapienza e Cinemonitor alla Festa di Roma con Alice nella Città

How to Have Sex è il film d’apertura della 21esima edizione di Alice nella Città, presentato all’Auditorium Conciliazione il 18 ottobre 2023 alla presenza della regista Molly Manning Walker e dell’interprete protagonista Mia McKenna-Bruce.

How to Have Sex: I Silenzi Parlano

Alice nella città inizia il suo percorso con il pubblico nella Festa del Cinema di Roma con How To Have Sex, vincitore della sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2023, portando la regista Molly Manning Walker e la protagonista Mia McKenna-Bruce a presentare il film all’Auditorium Conciliazione di Roma il 18 ottobre 2023. 

Il film racconta il viaggio di maturità di queste tre ragazze sull’isola di Creta, per precisione a Malia. Le loro giornate sono semplici, party ed alcool tutti giorni, festa perenne, si dorme poco e ci si diverte solo. Tara, una delle tre ragazze, è colei che spicca nel gruppo nel ruolo della protagonista, anche perché ha uno scopo preciso per questa vacanza: perdere la verginità, e non sempre va come ci si aspetta.

Il film inizia con un ritmo altissimo, quasi portandoti a vivere quella frenesia che stavano vivendo quelle ragazze nei primi giorni di vacanza tra discoteche, alcool e divertimento sfrenato. Tutta questa frenesia messa in scena con una fotografia nuova, con la macchina sempre in movimento e mai ferma, mai calma. Poi il film inizia la sua vera storia, la storia di un’illusione, la storia di un romanticismo che forse non esiste più, o che forse lo si cerca sempre nei posti sbagliati. Tara cambia drasticamente da metà film in poi, e l’attrice lo mette in scena meravigliosamente, contrapponendo per la prima parte un’euforia paurosa, per poi lasciare spazio ad una seconda parte dove è il silenzio a parlare. Perché sì, a volte i silenzi parlano, e forse Tara non ha avuto la fortuna di avere delle persone intorno a lei che li ascoltassero.

How to Have Sex, come da titolo, ti mostra come dietro le apparenze non sia sempre facile vivere con serenità la propria sessualità, e come quella che dovrebbe essere un’esperienza consapevole e matura a volte può finire in maniera brutale e oggettificante, evidenziando l’importanza del tema del consenso con una sensibilità attenta al mondo di oggi. Ti parla di quanto le apparenze ingannino a volte, e di quanto sia importante avere affianco delle persone che ti capiscano. Mette in evidenza i pochi punti di riferimento culturali e sociali della gioventù britannica, dove il bere è la miglior cosa da fare se il tempo non passa, e che si vive aspettando la sera, vivendo come pipistrelli.

Il film si chiude con la frase Ce la faremo, come se fosse un appello a tutte le ragazze di oggi, che si devono fare forza insieme, in un mondo che non sempre è romantico come ci si aspetta.

Francesco Allegrezza 

 

How to Have Sex: tra silenzi e grida interiori

Il 18 Ottobre 2023, presso l’Auditorium Conciliazione, Alice nella Città ha aperto la sua selezione con il film How to Have Sex, diretto da Molly Manning Walker, che era presente alla proiezione insieme alla protagonista Mia McKenna Bruce. Un film che parla di donne, delle donne della nostra generazione.

In una moderna Creta fatta di luci, locali, mare, alcol, una sfrenata ricerca di divertimento agita coloro che sono venuti lì in vacanza, come le tre amiche su cui la storia si focalizza. Il film ci raffigura un mondo fatto di ritmi frenetici, incalzanti, in cui si cerca di vivere con il massimo delle energie ogni singolo  momento, un mondo fatto di tempi di attesa sempre più rapidi, in cui si vuole tutto e subito.

La regista ha saputo disegnare con assoluta concretezza una realtà di oggi tanto triste quanto vera: in un’età di mezzo delicata come quella della protagonista, si sentono fortemente le influenze degli altri, le pressioni sociali, e capita di lasciarsi quasi trascinare in cose che non siamo poi così sicuri o consapevoli di voler fare. Il peso dell’avere esperienze e fare quasi “a gara” può per molti essere preso come un gioco, ma per altri può instaurarsi una vera competizione mentale, o far nascere dei veri sentimenti di angoscia.

Il film entra con delicatezza nei pensieri di Tara (Mia McKenna Bruce), nei suoi dubbi, e nelle sue paure, nelle sue domande, soprattutto attraverso i suoi sguardi, attraverso i suoi sorrisi spenti. L’atto che la ragazza sembra voler compiere in spiaggia con un ragazzo conosciuto in vacanza nasconde in realtà un profondo disagio, un consenso assente, che non viene assolutamente colto da lui. Nessuno poi si interessa al suo reale stato d’animo, ma solo alla superficialità del rapporto, rendendo ancora più problematico per Tara lanciare un grido di aiuto, esternare il suo disagio. 

Mia McKenna Bruce ha saputo interpretare la confusione, l’inconsapevolezza di una ragazza che con fatica e disgusto è costretta a convivere con il ricordo di quel momento, un momento significativo della vita di molte donne, un momento di cui però non c’è alcun ricordo positivo. Dopo quel momento, l’attrice si spegne, e si trascina con fatica negli ultimi giorni di quella che avrebbe dovuto essere una vacanza tra amiche. 

L’atto finale, ancor più estremo, è poi una cruda rappresentazione dell’odierna volontà di predominanza fisica e mentale da parte dell’uomo nei confronti della donna. Sono pochi secondi, ma che ci sparano davanti tutto il dolore, lo sconvolgimento e il trauma perenne che può far vivere. È un silenzio, quello di Molly, il riflesso di un grido interiore disperato e agghiacciante.

Esistono tanti tipi di violenza, alcuni sono talmente sottili che nemmeno ce ne accorgiamo e nemmeno ce ne rendiamo conto. Ma è sorprendente come nessuno attorno a lei si sia accorto della sua espressione, del modo in cui cercava di non parlare dell’argomento, quasi come se volesse nasconderlo, nemmeno quelle che avrebbero dovuto essere le sue amiche notano nulla. Solo prima di ripartire, Tara parla all’amica, e l’inquadratura non riprende il suo volto direttamente, ma attraverso uno specchio, attraverso il suo riflesso, come se volessero creare una sorta di distacco da ciò che aveva subito, come se fosse una parte di sé a cui deve guardare ma che non le appartiene.

Giulia Pace

 

How to Have Sex: Pensare di piacerti non è consenso

Quando l’amore sfuma in una società perversa, il divertimento si ritrova sul fondo di un bicchiere: annegati nell’alcol, privi di lucidità, l’estasi è la migliore arma per sfuggire dalle noie quotidiane e delusioni personali. La regista Molly Manning Walker pone una lente d’ingrandimento sulla vita notturna e i rifiuti lasciati da una gioventù in cerca della finta felicità. Il sesso diventa una gara incontrollabile. le ragazze sono in competizione per l’attenzione dei ragazzi. L’amore carnale diventa uno sfogo che prevale sui sentimenti. L’ingenuità e voglia di perversione si fondono con la musica ad alto volume  delle discoteche.

La protagonista Tara, interpretata da Mia Mckenna Bruce, si ritrova in un vortice di sperimentazione, pronta a divertirsi per non pensare ai suoi fallimenti scolastici, che la fanno sentire inferiore, anche se ha una luce che non passa inosservata. L’intraprendenza di fare esperienze di ogni tipo la porteranno a credere agli occhi dolci, che si riveleranno ingannatori. Dopo la fine dell’atto sessuale non consensuale con chi pensava di avere un certo grado di affinità, si ritrova priva di quel che la rende se stessa, è vuota. Le lacrime a fatica escono e le parole non rivelano l’accaduto. Una vacanza organizzata per sperimentare la leggerezza diventa una lezione su come imparare a gestire un episodio che appesantisce, che tormenta, che si ripete. Una ragazza che non sa cosa vuole, che non sa come dire basta e subisce in silenzio, aspettando la fine. E il senso di vuoto che proverà ci porta a pensare a cosa sia il consenso oggi e come sia possibile che venga frainteso. 

L’atteggiamento oppressivo ed egoistico del ragazzo, lo portano a buttarsi sul corpo della ragazza con passione per cercare di soddisfare la sua irrefrenabile voglia. L’atteggiamento svogliato e poco coinvolto della ragazza invece, non fa parte di un gioco di seduzione, ma è semplicemente il rifiuto velato all’atto, la voglia di smettere. Ed è così che rimane estasiato senza aver mai rivolto attenzione a lei, rivelandosi semplicemente un mezzo che procura piacere. Uno sguardo focalizzato solo su se stessi intrecciato allo sguardo assente di chi non sa come reagire. Se non si nota l’anima della persona, se non si empatizza e non ci si connette con l’altro, ma si resta coinvolti solo dal corpo, in modo spavaldo si penserà di ricambiare il piacere a colei, che in realtà sarà solo una vittima.

Appena il momento di poca lucidità finirà, la ragazza ritorna ad essere il nulla per lui e si perdono tra la folla. Si è vittime anche se si conosce colui che agisce senza consenso. Si è vittime anche se inizia tutto nel gioco e nella voglia di provare e si ricambia all’inizio l’attrazione; l’altro non ha il diritto di prevalere. Si è vittime anche se non è stato un atto violento e può essere silenzioso, impercettibile, quasi invisibile, lascia un segno indelebile all’interno della vittima. Pensare di piacere e voler sperimentare qualche idea sessuale in modo ingenuo con l’altro non è la prova del consenso. Non avere la forza di dare spiegazioni, persino alle amiche di una vita, portano il personaggio all’isolamento.

Una grande forza si nasconde nel sorriso amaro della protagonista che cela una ferita che non andrà facilmente via. Continua ad essere gagliardo invece, il sorriso del ragazzo che non ha nemmeno percepito la gravità dell’atto commesso e che continuerà a vivere tranquillamente, senza mai sapere come comportarsi, senza mai conoscere quanto la sua breve presenza nella vita di una persona abbia inciso. Bisogna sensibilizzare i giovani sul consenso e sul gestire il proprio desidero e capire se viene ricambiato: bisogna essere sempre sicuri che l’altro lo voglia, non lo si deve dare per implicito solo perché si nota all’inizio un pò di piacere nei propri confronti. Per far qualunque cosa serve il consenso di entrambi. 

Anastasia Mihai 

 

How to Have Sex: Ripartire insieme

Molly Manning Walker ci è riuscita ancora, dopo il Festival di Cannes, ha stupito nuovamente, anche a Roma, aprendo in modo sentimentale, emozionalmente probante e a tratti nostalgico il Cinefest della capitale. Al primo vero banco di prova dopo i tanti corti di successo realizzati in carriera, il lungometraggio “How to Have Sex” mostra una ricerca costante e laboriosa, nonostante il tema di fondo sia stato spesso affrontato, del ‘nuovo’ punto di vista sulla vita, quella dei giovani ma non solo. La Grecia, Creta, rappresentano il contesto ideale per inscenare la ricerca di quella tanto bramata felicità da parte di Tara (Mia McKenna-Bruce) e del suo gruppo di amiche (Skye ed Em interpretate da Lara Peake e Enea Lewis), così come della maggior parte degli adolescenti che animano il luogo della gioventù per eccellenza: la discoteca.

Anime, le loro, in fuga da un mondo di problemi, fatto di esami non superati, di aspettative non rispettate, dal sentirsi diversi. Ed è proprio quest’ultima una delle possibili chiavi di lettura che, con mezzi e convinzione, i novantotto minuti di proiezione vogliono concedere allo spettatore: il sentirsi diversi, caricati da insicurezze e fragilità, oltre che dall’immagine di chi, come Paddie o Badger – Samuel Bottomley e Shaun Thomas -, queste difficoltà sembra non palesarle.

Tutt’altro, invece, è ciò che la realtà proposta dal film prospetta: Tara cerca la felicità, ma prima di tutto cerca se stessa, in un luogo che comprende progressivamente non essere adatto a lei e alla sua tanto attesa prima volta. Prima volta che arriverà, ma non come se la immagina, non con il sentimento che tanto aveva desiderato. La notte sulla spiaggia passata con Paddie infrange un sogno, le spezza il cuore, dà ancora maggiore forza a quel senso di incompiutezza sempre più palese ed incontrollato. L’importanza data all’introspezione è cruciale, così come lo è il silenzio – strumento cinematografico antico ma mai disdegnato – che fa da attore protagonista in tante scene e dà ancor di più il senso del messaggio lanciato: la vita dei giovani è fatta di silenzi, costanti, duri, significativi; i silenzi sono momenti di riflessione, parole non dette, sentimenti taciuti.

Tutto questo si conferma nel rapporto con i genitori – quasi mai davvero citato nel film ma frutto anch’esso di una scelta -, altresì con i coetanei: la fotografia nitida ne è proprio il legame tra Tara e Badger, fatto di sguardi e bugie ‘bianche’, di tenerezza e sentimenti mai sfociati in qualcosa di più. La prima volta di Tara si consuma nei fatti con Paddie, ma è con Badger che accade veramente, come voleva la nostra protagonista, con la sincerità che gli occhi dei due si trasmettono a vicenda, pur non dicendosi nulla.

La confessione finale di Tara è l’impasse della gioventù, che bussa alla sua sua porta davanti ad uno specchio dell’aeroporto, il luogo giusto per ripartire, ma anche per guardarsi dentro veramente, accanto a chi le è stata sempre accanto: Em, compagna di vita, amica sincera, che chiude come meglio non poteva la proiezione, accorgendosi – a differenza dei giorni passati in vacanza – di star lasciando indietro Tara e fermandosi, di conseguenza, per aspettarla e ripartire insieme. Questo il significato più grande, la luce in fondo al tunnel: i giovani vanno capiti, nei silenzi e così nelle esuberanze; vanno aspettati, nei loro tempi e a volte con i loro modi; vanno accompagnati, gli si debbono delle seconde occasioni, gli si deve l’insegnamento di quell’amore e di quei sentimenti che Tara ha tanto sognato e che forse, un Paddie qualunque, non riuscirebbe nemmeno ad immaginare. 

Luca Silvestri

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