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C’è ancora domani: film d’esordio di Paola Cortellesi nelle vesti di regista

C'è ancora domani di Paola Cortellesi

RadioSapienza e Cinemonitor alla Festa di Roma con Alice nella Città

C’è ancora domani è il film d’esordio come regista di Paola Cortellesi e in concorso 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma.  Visto in anteprima in una sala piena è una delle cose più belle di quest’ultimo periodo per il cinema italiano. La Cortellesi, regista, sceneggiatrice ed interprete è come se incorniciasse un piccolo capolavoro. 

C’è ancora domani: film d’esordio di Paola Cortellesi nelle vesti di regista

Il film racconta di una famiglia nella Roma nel primissimo dopoguerra, pochi giorni prima del primo suffragio universale, dove gli americani ancora militano per la città e si inizia a respirare una vita normale, senza la paura fascista. Questa famiglia, composta da il marito Ivano (Valerio Mastandrea), la moglie Delia (Paola Cortellesi), una figlia da poco maggiorenne (Romana Maggiore Vergano) e due figli maschi più piccoli, è al centro di tutto il film, che li racconta con questo bianco e nero che ricorda un Pasolini e una colonna sonora che ti fa ricordare di essere fieramente italiano a tratti, e in altri ti fa storcere un pò il naso, ma è il rischio di un film che non vuole essere come tutti. Non è un film banale, è un film che solo alla fine ti rivela la sua duplice importanza, non solo sociale, ma anche storica.

C’è ancora domani parla di violenza domestica, di patriarcato, e non solo sulle vecchie generazione, anzi, ti dimostra come è facilmente ereditario crescendo in certi ambienti. La violenza viene messa in scena in modo geniale, forse più leggero di quanto ci si aspetti, ma che già sai che quando sta per succedere, iniziano a sudarti le mani e non vedi l’ora che finisca. Qui il cattivo è l’uomo, senza mezze misure. La donna deve stare al suo posto, anzi in piedi a servire se si sta a tavola a mangiare. La donna non può sbagliare e se invece fa bene non è mai abbastanza.

Il film fa molto ridere, ma fa anche molto piangere. Non ci sono scene toccanti o strappalacrime, poiché non c’era tempo in quel periodo di far ciò, ma c’è un’empatia che avvolge tutto il film spaventosamente bella. Spaventosa perché è un’empatia che ti fa male, che ti colpisce dentro, e che ti ricorda di quanto le cose in 80 anni non siano cambiate troppo.

La Cortellesi si mette sulle spalle (rappresentandole) tutte le donne di quel periodo e di oggi, che anche se fanno le cose tre volte meglio dell’uomo, non gli viene riconosciuto niente. Ti dimostra il suo amore sconfinato per i figli, in particolare per la primogenita donna, per cui gli vuole assicurare un futuro migliore del suo. Tutto ciò racchiuso in un film che riflette sulle condizioni della donna che non sono mai banali, perché basta distrarsi un attimo e tutto ciò che è stato conquistato dopo anni di lotte, svanisce in un attimo. C’è ancora un domani per cambiare, ed giusto ricordarlo al mondo, soprattutto se lo si fa con un film, strappando una lacrima ma anche un infinito sorriso.

Francesco Allegrezza

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