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La giornata internazionale della felicità

Oggi, 20 marzo, ricorre la giornata internazionale della felicità. Si tratta di una ricorrenza istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2012 con la seguente risoluzione: «L’Assemblea generale […] consapevole che la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità, […] riconoscendo inoltre di un approccio più inclusivo, equo ed equilibrato alla crescita economica che promuova lo sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutte le persone, decide di proclamare il 20 marzo la Giornata Internazionale della Felicità, invita tutti gli stati membri, le organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite, e altri organismi internazionali e regionali, così come la società civile, incluse le organizzazioni non governative e i singoli individui, a celebrare la ricorrenza della Giornata Internazionale della Felicità in maniera appropriata, anche attraverso attività educative di crescita della consapevolezza pubblica […]».

 

Il focus, dunque, è il conclamato “pursuit of happiness” consacrato dalla Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America redatta nel 1776, passato alla pop culture con l’omonimo lungometraggio di Gabriele Muccino del 2006, per la cui traduzione italiana è stata scelta la parola “ricerca” anziché il letterale “perseguimento”. Così come per la Dichiarazione d’Indipendenza, la giornata odierna pone l’attenzione, oltre all’universale diritto alla felicità, al perseguimento di essa: la possibilità di puntarla e lavorare, sudare e faticare per raggiungere lo «stato d’animo di chi è sereno, non turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato» (Treccani).

 

Le Nazioni Unite hanno invitato le persone di tutto il mondo a festeggiare la giornata con l’hashtag #SmallSmurfsBigGoals (“piccoli Puffi, grandi obiettivi”), mentre in Italia già dalle prime ore della giornata l’hashtag #giornatadellafelicità è diventato primo trent topic. Come di consueto dall’istituzione della giornata, è stato rilasciato il World Happiness Report, la classifica che enumera le nazioni mondiali per “tasso di felicità”. A primeggiare quest’anno è la Norvegia, la quale ha superato in un solo anno Danimarca, Islanda e Svizzera. L’indice prende in considerazione fattori quali la cura della comunità, la libertà, la generosità nelle donazioni, l’onestà, la salute, il reddito, il buon governo e così via e usa sei variabili chiave utilizzate per spiegare le differenze tra paesi su questo tema: il rapporto tra tempo libero e reddito, aspettativa di vita, assistenza, generosità, libertà, fiducia.

 

Il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha dichiarato in merito che il mondo «ha bisogno di un nuovo paradigma economico che riconosca la parità tra i tre pilastri dello sviluppo sostenibile. Le tre forme di benessere: sociale, economico e ambientale sono indivisibili. Insieme determinano la felicità globale lorda». Ciò a cui allude, è il cosiddetto gross national happiness, (“felicità interna lorda” in italiano): l’indice, di sicura accezione ironica che lo ha accompagnato nella sua creazione, usato in diverse realtà per attuare politiche sociali alle cui spalle vi sono politiche sociologiche mirate al benessere e welfare della popolazione. Ad esempio, il Bhutan (piccolo stato montuoso dell’Asia) usa l’indicatore per attuare le proprie politiche, il Dalai Lama è un convinto sostenitore del tasso, nel 2005 si è tenuta una conferenza internazionale in Nuova Scozia (Canada).

 

Si tratta sicuramente di una giornata che susciterà parecchio sarcasmo e tante battute (sfidiamo i nostri lettori a non aver esclamato “sì, come no!” alla notizia che state leggendo), ma c’è chi ha preso questa cosa sul serio e difende la felicità in ogni sua accezione. In fin dei conti, è ciò per cui ci impegniamo tutti i giorni, è ciò che perseguiamo. E se l’indizione di una giornata non basta, consigliamo di sfruttare la giornata come scusa per sorridere un po’ di più. 🙂

 

Andrea Graziano

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