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“Cassandra a Mogadiscio”-il nuovo libro di Igiaba Scego

Mercoledì 15 febbraio 2023, alle ore 18.30 La Mia Libreria a Roma (Via Roberto Malatesta 85) ospita Igiaba Scego, che presenta il suo nuovo romanzo Cassandra a Mogadiscio, in dialogo con l’autore Paolo Di Paolo. 

La descrizione che segue presenta una storia ricca di nuove riflessioni, un racconto che unisce due culture, due momenti diversi, e entrambe, le difficoltà e le meraviglie della vita. Avere la possibilità di ascoltare le considerazioni dell’autrice, che in parte nel racconto parla di sé stessa, accresce ancora di più il valore dei messaggi che ci vuole trasmettere.

Igiaba Scego è nata a Roma nel 1974. Collabora con La Lettura – Corriere della Sera e Internazionale. Tra i suoi libri: Pecore nere, scritto insieme a Gabriella Kuruvilla, Laila Wadia e Ingy Mubiayi (Laterza 2005); Oltre Babilonia (Donzelli 2008); La mia casa è dove sono (Rizzoli 2010, Premio Mondello 2011), Roma negata (con Rino Bianchi, Ediesse 2014), La linea del colore (Bompiani 2020, Premio Napoli), Figli dello stesso cielo (Piemme 2021) e l’antologia Africana. Raccontare il continente al di là degli stereotipi, curato insieme a Chiara Piaggio (Feltrinelli 2021). 

In “Cassandra a Mogadiscio” gli occhi appannati di una ragazzina vedono la Somalia dilaniata nell’indifferenza del mondo. Oggi quella ragazza ormai cresciuta ci racconta una storia che è anche la nostra.

“ORMAI MOGADISCIO È MORTA. SI TROVA NEL PARADISO (O FORSE DOVREI DIRE INFERNO) DELLE CITTÀ PERDUTE. LA VEDO SEDUTA ACCANTO A UNA TROIA SANGUINANTE, MENTRE CASSANDRA, LA FIGLIA DI ECUBA E PRIAMO, NE OSSERVA LE CICATRICI. E LE SUE LACRIME DIVENTANO POLVERE.”

 “Una scrittura vibrante, commovente, piena di energia.” (Publishers Weekly) 

 A Roma, il 31 dicembre 1990, una sedicenne si prepara per la sua prima festa di Capodanno: indossa un maglione preso alla Caritas, ha truccato in modo maldestro la sua pelle scura, ma è una ragazza fiera e immagina il nuovo anno carico di promesse. Non sa che proprio quella sera si compirà per lei il destino che grava su tutta la sua famiglia: mentre la televisione racconta della guerra civile scoppiata in Somalia, il Jirro scivola dentro il suo animo per non abbandonarlo mai più. Jirro è una delle molte parole somale che incontriamo in questo libro: è la malattia del trauma, dello sradicamento, un male che abita tutti coloro che vivono una diaspora. Nata in Italia da genitori esuli durante la dittatura di Siad Barre, Igiaba Scego mescola la lingua italiana con le sonorità di quella somala per intessere queste pagine che sono al tempo stesso una lettera a una giovane nipote, un resoconto storico, una genealogia familiare, un laboratorio alchemico nel quale la sofferenza si trasforma in speranza grazie al potere delle parole. Parole che, come un filo, ostinatamente uniscono ciò che la storia vorrebbe separare, in un racconto che con il suo ritmo ricorsivo e avvolgente ci svela quanto vicende lontane ci riguardino intimamente: il nonno paterno dell’autrice, interprete del generale Graziani durante gli anni infami dell’occupazione italiana; il padre, luminosa figura di diplomatico e uomo di cultura; la madre, cresciuta in un clan nomade e poi inghiottita dalla guerra civile; le umiliazioni della vita da immigrati nella Roma degli anni novanta; la mancanza di una lingua comune per una grande famiglia sparsa tra i continenti; una malattia che giorno dopo giorno toglie luce agli occhi. Come una moderna Cassandra, Igiaba Scego depone l’amarezza per le ingiustizie perpetrate e le grida di dolore inascoltate e sceglie di fare della propria vista appannata una lente benevola sul mondo, scrivendo un grande libro sul nostro passato e il nostro presente, che celebra la fratellanza, la possibilità del perdono, della cura e della pace.

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