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Il calcio in tv. Storia, formati, ibridazioni: al CoRiS il mondiale si vive lo stesso

Nonostante la mancata qualificazione ai mondiali, il calcio continua a dominare  l’estate italiana. La partecipazione in loco lascia posto a quella televisiva e quest’anno, l’atmosfera da mondiale, la si vive attraverso uno schermo. Ad intuirlo per primi, gli autori de “Il calcio in tv. Storia, formati, ibridazioni” edito da Logo Fausto Lupetti: Christian Ruggiero,  Docente di Giornalismo radiotelevisivo e Pippo Russo, Docente di Sociologia dello Sport.
Già lo scorso 23 maggio, nell’ambito della lezione incontro per la cattedra di Giornalismo radiotelevisivo, tenutasi presso il CoRiS e ideata a partire dal volume, si era discusso di quanto il calcio sia oggi essenzialmente un fenomeno televisivo. E, il racconto giornalistico odierno, sembra darne conferma: come sottolineato da Pasquale Mallozzi, art director nell’ufficio centrale del “Corriere dello Sport, “l’immagine ha preso il sopravvento. Non conta più quello che viene visto in campo, l’occhio diventa arbitro”.
Il legame tra calcio e TV è saldo e longevo e, in virtù di ciò, le evoluzioni della sua narrazioni sono molteplici e complesse: ogni attività sportiva è una messa in scena in cui il pubblico sembra quasi essere “accessorio”. Ma cosa implica privilegiare l’aspetto televisivo al calcio giocato negli stadi? È Pippo Russo a lanciare la provocazione e a spiegare come il volume si proponga di collocare anzitutto il rapporto calcio e televisione entro il più ampio quadro degli effetti che la mutazione tecnologica e professionale sta apportando al giornalismo, con un focus particolare sulle dinamiche di popolarizzazione del giornalismo sportivo legate ai talk calcistici. A intervenire, nella complessa narrazione calcistica, il ruolo crescente dei social, le nuove tendenze ad essi correlate, l’impatto delle soft news che relegano il tecnicismo sportivo a elemento di secondo piano. Il panorama mediatico è un equilibrio labile in cui, come sottolinea Lorenzo Ugolini, Assegnista di Ricerca CoRiS,“occorre domandarsi chi è il bravo giornalista sportivo“.  In quella che Antonio Bettanini, Coordinamento della comunicazione Genoa FC, definisce “, occorre rileggere la figura professionale giornalistica in un’ottica che sia (anche) deontologica.
Il pubblico non è semplicemente “un pezzo della coreografia di quello spettacolo mediatico che è diventato il calcio televisivo” ma il destinatario privilegiato di quella che si potrebbe definire “economia affettiva”. Non solo evento mediatico, il calcio viene riletto come esempio lampante di lovemark che, per definizione, punta a colpire la componente emozionale che guida le scelte di consumo e che conduce alla creazione di un inedito rapporto tra i prodotti e i loro fruitori, basato “su una risorsa inesauribile: le emozioni”. L’appartenenza emotiva che scaturisce dall’identificazione in una squadra di calcio è una condizione che si traduce in una elevata fruizione televisiva in occasione di eventi calcistici più o meno rilevanti a livello nazionale e internazionale.
La varietà di prospettive attraverso cui l’attività calcistica viene trattata lascia emergere una sfida conclusiva: oggi, esiste davvero un calcio diverso da quello televisivo?
Nicoletta Labarile

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