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Sziget 2018, il festival dei record e della libertà

Sul trolley pesante si riflettono i colori e, improvvisamente, i 20 kg minuziosamente controllati da Ryanair non pesano più: siamo sul ponte di metallo che attraversa il Danubio e le ruote della valigia, come l’adrenalina nelle gambe, corrono veloci.

“Sziget, Island of Freedom” è l’insegna che capeggia davanti all’ingresso dell’isola di Obuda e, le parole, suonano come un anticipo di quello che sarà: nell’isola della libertà ogni censura è abolita, ogni libertà incentivata. Cammino confondendomi in un esodo colorato: corrono affianco a me ragazzi e ragazze di tutto il mondo. Percepisco i loro accenti, il loro entusiasmo, la gioia che non conosce bandiera: dalle loro borse, come dalla mia, fanno capolino sacchi a pelo, tende, casse d’acqua, materassi improvvisati, costumi carnevaleschi da esibire, dischi da condividere, glitter da spalmare sui corpi sudati e felici.
Lo Sziget, partito l’8 agosto, ha una durata temporale che non è esattamente quella tipica da festival: questo, di per sé, già basterebbe a descrivere come una settimana, rispetto ai tradizionali tre giorni, contribuisca a creare un mondo che si propone reale, quotidiano, vero.
Lo si capisce passeggiando tra le tende che populano il verde dell’isola: è in una calda mattinata di agosto che mi perdo tra i viali dell’Alternativa Camping e, la quotidianità, padroneggia i ritmi dei 2200 isolani che la zona adiacente al Lighstage può ospitare.
Il sound check della band di turno sveglia il buongiorno degli isolani, le amache si confondono tra gli alberi e qualcuno, tra una brioche e un caffè, azzarda posizioni di yoga.
L’età, allo Sziget, è quella dell’anima: ballano bambini, ragazzi, adulti. La musica, accompagna e culla i desideri libertari di tutti. Multicultura è la parola d’ordine e, sulla stessa eterogenea onda, si muovono le note di Sziget: il rap ha risuonato forte nel carisma di Kendrick Lamar, il pop ha catturato le voci di Shawn Mendes, Dua Lipa e Lana Del Rey. Spazio incontaminato per il brit pop di Liam Gallagher e i Kooks, le chitarre di War on Drugs e Bastille. Euforia e sogno con il rock dei Mumford & Sons, l’elettronica de Bonobo, l’elettroswing di Parol Stelar e gli intramontabili Gorillaz.
La nazionale italiana, allo Sziget, ha fatto il suo gioco negli spazi del Lightstage: produzione di Alternativa Events e Sziget Festival Italia, con il sostegno del Mibac e di SIAE nell’ambito dell’iniziativa “#Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura”, il palco ha ospitato i nomi della scena italiana che hanno fatto cantare non solo il tricolore.
Gomma, Joan Thiele, Gio Evan, LIM, Giungla, Galeffi, Espana Circo Este, Siberia: è lontano dal caos dei palchi principali che si riscoprono gli ascolti migliori. Atmosfera intima e rilassata, il profumo dell’italian food che arriva dal Mambo Restaurant: la situazione è ideale per riprendere fiato prima della lunga nottata.
E, a fare attezione, è come ritrovare un pezzo di Italia a Budapest: Annalisa e Sofia indossano una t-shirt blu che mi ricorda il mare della Puglia. Non è un caso che, lo spazio che rappresentino, sia quello di “#WeareinPuglia”: il marchio promozionale brilla tra la musica del Lightstage e, tra uno scatto buffo e un tattoo adesivo con i loghi rappresentativi della terra pugliese, la gente si appresta a creare t-shirt personalizzate che fanno della Puglia un brand di tutto rispetto. Il roadshow che porta la regione italiana nelle città europee ne rispecchia le peculiarietà: semplicità, tradizione, arte e storia. Rubo cartoline di Alberobello e Polignano a Mare, mostro ai miei nuovi amici internazionali le bellezze della Murgia: a Budapest, lontana da casa mia, mi ritrovo ad amarla di più.
Condivido la mia ritrovata vicinanza con gli italiani che bazzicano nei pressi del Lighstage e, le loro parole, mi consegnano quella che è l’essenza di Stziget: “quello che più mi piace del festival è l’incontro di paesi diversi, il caso che guida le scoperte dell’isola, la musica che accompagna gli incontri folli e…La birra a 2 euro e cinquanta”!
La meraviglia dello è esattamente nella semplicità che la condivisione regala: cadono le maschere, cadono gli stereotipi. Si innalzano ponti, mani tese, braccia accoglienti.
E, quest’anno, le braccia che si sono alzalte al cielo seguendo le vibrazioni del festival, sono state quelle di 565.000 persone. “Siamo orgogliosi di aver raggiunto questo risultato e di aver richiamato così tante persone da tutto il mondo nel cuore di Budapest”, ha spiegato l’ad della società che organizza l’evento Tamás Kádár: “In sette giorni abbiamo visto artisti di oltre 63 nazionalità diverse esibirsi in più di mille diversi concerti”.
La love revolution di Sziget unisce le diversità in nome dell’arte e della buona musica: la fratellanza e la condivisione vincono sull’immagine poderosa e altisonante che l’Ungheria vuole propinare al mondo. La libertà, la tolleranza, il multiculturalismo e l’inclusione contaminano l’altra estremità del ponte, da cui fa la voce grossa il governo conservatore di Viktor Orbán: una volta interiorizzata, la rivoluzione dell’amore è inarrestabile. Parte dall’isola della libertà e si espande in tutto il mondo, custodita nei cuori che appartengono alla stessa bandiera: quella dell’umanità.

Nicoletta Labarile

Le nostre interviste alle voci italiane del Lightstage:

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