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Presentato alla Sapienza il progetto WE4LEAD: Women’s Empowerment For LEADership and Equity in Higher Education Institutions

WE4LEAD Women's Empowerment For LEADership and Equity in Higher Education Institutions

Nella giornata di oggi, 15 dicembre, nell’Aula degli Organi Collegiali del Rettorato dell’Università di Roma La Sapienza, si è svolta la conferenza di lancio del progetto WE4LEAD (Women’s Empowerment For LEADership and Equity in Higher Education Institutions).

Dopo i saluti istituzionali della Magnifica Rettrice Antonella Polimeni e dei Rettori delle università partner del progetto in cui si è ribadita l’importanza delle politiche per ridurre le disuguaglianze di genere e implementare l’empowerment femminile, i saluti istituzionali sono stati assegnati a Giuseppe Ciccarone, Prorettore Vicario e Prorettore alla Terza Missione e coordinatore del gruppo GEP; Fabio Lucidi, Prorettore alla Quarta Missione e al rapporto con la comunità studentesca;  Anna Maria Giannini, Presidente del Collegio dei direttori di Dipartimento e Delegata della Rettrice per le pari opportunità e Federica Giandinoto, Componente del Comitato Unico di Garanzia per il personale TA.

WE4LEAD: promuovere l’uguaglianza di genere

WE4LEAD è un progetto atto a promuovere l’uguaglianza di genere negli istituti di istruzione superiore nella regione del Mediterraneo, concentrandosi sull’aumento dell’accesso delle donne alle più alte posizioni decisionali. Il progetto rientra all’interno del programma Erasmus+ e ha l’obiettivo di rafforzare le capacità nell’istruzione superiore e in particolare di sviluppo sostenibile del goals 5 (SDG 5) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (ONU), ossia della Gender Equality.

Con tali scopi WE4LEAD  mira ad introdurre strumenti e metodi di misurazione dell’uguaglianza di genere. Per questa ragione collabora con numerosi partner ed enti nazionali e internazionali.

WE4LEAD Women's Empowerment For LEADership and Equity in Higher Education Institutions

La docente Giulia Zacchia, insieme a Marcella Corsi, Clelia Arnaud e Concetta Pastorelli, ha presentato i numeri dell’uguaglianza di genere in Sapienza e l’innovazione e lo sviluppo del progetto. Oltre “le organizzazioni partecipanti, il progetto permette a una comunità più ampia di beneficiari di un lavoro realizzato grazie ad un finanziamento comunitario, che attribuisce importanza fondamentale al collegamento tra il programma e le politiche”. Inoltre, al fine di rendere efficace il progetto è fondamentale conoscere la realtà delle Università e creare anche una rete con gli altri atenei.

“Data la rilevanza sociale, culturale, politica ed economica del tema”, ha affermato Zacchia, continuerà a vivere anche dopo la sua dimissione, espandendosi non soltanto nello spazio, ma anche nel tempo, grazie “agli strumenti di disseminazione utilizzati come il sito web, la mailing list, news lettere, presentazioni pubbliche o videoclip per costruire un percorso MOOD (Massive Open Online Courses)”.  

Dunque, il progetto si pone come strumento trasversale e monitorando la situazione Sapienza con l’iniziativa ABC è stato possibile capire anche la situazione all’interno dell’Ateo attraverso l’analisi di tre aspetti principali: “A indica l’Accesso ai fondi all’interno di Sapienza, dal cui monitoraggio risulta che progetti all’interno di ERC solo il 36% vengono finanziati con a capo donne, mentre per il MSCA il 50,1% avevano a capo un uomo, contro il 38,2% in cui vi era a capo una ricercatrice donna all’interno dell’Università; B come Barriere per concorsi che tengono conto degli equilibri di genere e dell’accesso alla carriera, dunque, per andare a vedere cosa avviene nelle commissione e C come Condizioni di lavoro, per il quale risulta che l’87,8% delle donne ha un contratto a tempo pieno contro il 12,3%, ma nonostante questo c’è il famoso gender pay gap.

Dunque, è interessante notare come in alcuni casi ci siano dei cambiamenti e vengano attuate politiche forti per ridurre il Gender Gap, si registrano ancora numeri non accettabili su vari fronti che fanno emergere un evidente fenomeno di segregazione verticale.

Romana Andò, del Dipartimento SARAS, ha poi presentato il progetto MOOC che si pone l’obiettivo di analizzare l’esistenza e le cause delle disuguaglianze di genere a livello nazionale e internazionale, sensibilizzare rispetto alle costruzioni di azione (GEP), con gli atenei applicare e offrire strategie di coaching sulla leadership, individuare le linee guida per contrastare gli stereotipi di genere che ostacolano la carriera professionale ed accademica.

Il programma Erasmus+ è il progetto che ci ha dato  la possibilità di garantire sia una mobilità individuale ai fini di apprendimento (Azione Chiave 1), sia la Cooperazione tra organizzazione e istituzioni (Azione Chiave 2), fino al Sostegno alla definizione delle politiche e della cooperazione (Azione Chiave 3) e Sport + Jean Monet, che nel programma 2021-2027 ha avviato numerosi progetti per garantire la parità di genere e la riduzione delle disuguaglianze. WE4LEAD non è soltanto un progetto finanziato per CBHE, ma “è il progetto CBHE per quanto concerne l’empowerment femminile“. “Lo scopo di questi CBHE è quello di concentrarsi sui bisogni dei paesi terzi, puntare alle priorità e abbinarli con le priorità dell’UE, oltre che a massimizzare ai benefici per i paesi terzi”, ha affermato Graziella Gaglione.

In seguito hanno poi parlato delle carriere femminili in ambito accademico le corrispondenti statistiche Teresa Morana e Simonetta Sagramora, che hanno presentato i dati e le analisi dai quali risulta le studentesse sono ben 56,6%, di queste il 78,2% in ambito umanistico, mentre in 27,4% ingegneria. Anche nel caso delle persone laureate vi è una notevole disparità, infatti, le donne continuano ad essere le persone che maggiormente si laurea. Nell’ambito della ricerca, dunque, nei percorsi di dottorato di ricerca la percentuale delle donne diventa quasi pari a quella degli uomini. Quindi, a “una segregazione orizzontale si aggiunge quella verticale”. Difatti, dal passaggio di formazione alla carriera vi è una riduzione sostanziale per la presenza femminile 41% docenti e ricercatrici su 73mila circa e 49% assegniste. Il distacco sostanziale nella professione avviene nell’ambito della ricerca dove le ricercatrici donne diminuiscono rispetto agli uomini e quindi automaticamente questo impedisce loro anche di arrivare a proseguire la carriera, 86 su 100 e 36 su 100 come professoresse. In Italia rispetto alla media europea siamo al 20% nei gradi più alti in europea 19% (dati riferiti nel 2018). Mentre, per quanto concerne il Glass Ceiling Index (GCI) risulta che l’andamento è in lenta diminuzione, infatti, pasa da 1,8 nel 2005 a 1,6 nel 2018 fino al 2021 con il 1,5 (stesso valore raggiunto nel 2018 dall’UE). L’EIGE (European Institute for Gender Equality) ha riferito nel suo report che 59,5% delle donne è istruita, rispetto al 62,5% della media europea.

Questi dati ci suggeriscono che permangono gli stereotipi culturali e bisognerebbe agire nella fase di scelta del passaggio agli istituti e licei sia nell’inserimento all’Università, per aiutare a indirizzare meglio anche il genere femminile sulle materie per cui sono portate e decostruire i preconcetti stereotipati”, ha concluso Simonetta Sagramora.

WE4LEAD Women's Empowerment For LEADership and Equity in Higher Education Institutions

Il progetto WE4LEAD, oltre ad avere una proiezione internazionale, comunica con gli enti che si occupano della parità di genere. Per questa ragione alla tavola rotonda hanno partecipato la senatrice della Repubblica Susanna Camusso, la commissaria Agcom Elisa Giomi e il direttore RAI per la Sostenibilità ESG Roberto Natale. 

Per essere possibile la riduzione delle disuguaglianze bisogna essere convinti che il tema non è il soffitto di cristallo. C’è l’illusione che avendo raggiunto singole posizioni apicali, di per sé non comporta un cambiamento della condizione delle donne, può essere significativo se si fanno delle politiche finalizzate ad essere un risultato collettivo e non individuale e personale“, ha sottolineato Camusso.  Sono ancora visibili gli stereotipi anche all’interno delle istituzioni dove le donne raggiungono ruoli apicali ma continuano a farsi chiamare al maschile perché pensano che al femminile ci sia una diminutio. “Gli stereotipi sono radicati e trasversali ed impediscono anche le donne a rientrare in quella dinamica in cui vengono riconosciuti gli stereotipi e dunque attuate strategie e politiche per combatterli”,  dunque, acquisendo più diritti si tende prenderli come acquisiti e a vedere le conquiste e il cambiamento come un privilegio. La chiave è quindi capire “cosa succede nelle dinamiche interne tra le istituzioni e le università, per costruire un percorso che migliori le altre con la formazione“.

Elisa Giomi, Commissaria Agcom, “la presenza delle donne è stata microscopica. Sul principio dell’omofilia che si tende a privilegiare i nostri simili vale come per gli uomini anche per le donne. Tuttavia, nel meccanismo della cooptazione in cui si dichiara che si sceglie donne per il fatto di essere donne non va bene, mentre con gli uomini funziona”.

Per la Giomi la situazione in Italia è incancrenita, poiché le donne sono 4 su 10 nei posti di lavoro, ma nei contratti agevolati le donne sovra-avanzano gli uomini in termini numerici con una doppia precarietà. Questo inevitabilmente porterà ad un gap delle pensioni, poiché le donne lavorano per meno ore e vengono anche pagate meno. Sebbene possa sembrare un fenomeno distaccato e non correlato al lavoro, in realtà la violenza di genere è strettamente legata all’indipendenza economica. Infatti, “l’aumentato delle donne vittime di violenza al nord, è dimostrata proprio dalla disponibilità economica che permette loro di fare quel passaggio che le fa uscire e abbandonare il tetto coniugare, diversamente dal Sud in cui questa azione avviene meno. È fondamentale l’autonomia economica anche per il percorso della fuori uscita del genere“. Quindi, sebbene semplificando estremamente, “al sud vengono uccise meno perché non hanno quel percorso”. Tuttavia, il problema non sussiste nella dipendenza economica, ma nell’eccezionalità di questa dipendenza, che nel momento in cui avviene viene vista come un’uscita dai binari da dover correggere con la violenza”.

In questo “i media sono delle istituzioni particolari e differiscono da altre aziende perché la merce prodotta dai media è una merce simbolica in quanto producono senso e immaginario“. Dunque, è fondamentale tener presente la composizione socio-democragrafica del personale poiché è risultato da alcuni studi che la presenza di donne tra il personale di mezzi come il cinema, tv, piattaforme aumenti anche poi il censimento socio-demografico all’interno di queste produzioni.

Infatti, “nelle produzioni in cui c’è almeno una donna nella produzione del contenuto, almeno una donna come creators salgono le donne in altre maestranze come registe. Dal 19% (neppure 2-10 è donna), appena hai una donna nel ruolo di creators, sale del 35% e aumenta vertiginosamente il numero delle protagoniste per quel meccanismo di omofilia. Questo perché si tende a parlare di mondi che conosciamo” – ha esordito la commissaria Giomi – “dunque, se vogliamo parlare di affresco pluralista in termini sociali deve esserci anche la composizione dello staff dei media

Di seguito e in conclusione, Roberto Natale, direttore RAI per la Sostenibilità ESG Roberto Natale, ha affermato che”RAI per la sostenibilità – ESG ha mantenuto quell’acronimo perché siamo promuove la sostenibilità sociale e ambientale dell’Agenda 20302″. I dati del servizio pubblico seppur in miglioramento, sono una mera consolazione. Infatti, “nelle posizioni apicali è salita di 3 punti dal 26 al 29, c’è stata anche una riduzione del Pay gap e stiamo iniziando il percorso per la parità di genere“. Tuttavia, va detto che questo non basta, perché le cifre sono ancora troppo basse”, ha sottolineato Natale.

“Il servizio pubblico sta cercando di fare qualcosa di rilevante come NO WOMEN NO PANEL, grazie a Simona Sala che ha deciso di importare questo progetto”, prima sottoscritto nella sezione dei TG Regionali e poi acquisito all’interno dell’intera azienda RAI. Successivamente “nel gennaio 2022 è stato anche emanato un memorandum d’intesa che RAI si è impegnata a far sottoscrivere alle regioni, ai comuni e alle università con annesso connesso delle presenze (per una mappatura scientificamente seria)”. Da lì si è creato un database con i nomi e i contatti di tutte le esperte. “Questo progetto è stato riconosciuto come progetto meritevole e premiato sul tema della parità di genere“.

Il progetto BBC 50:50 è stato adottato dalla RAI e le trasmissioni del servizio pubblico che aveva l’obiettivo di inserire voci di esperte e dare segno forte di competenza, e possano diventare anche un modello“. Infatti, come afferma Natale “sono state più di 500 i nomi confluiti all’inizio che ha aiutato a combattere la pigra conoscenza nel cercare le donne esperte”. Nel giro di un anno e mezzo, “il beneficio del contarsi ha portato nel dicembre 2023 a conteggiare la presenza di donne all’interno dei programmi del 50,8%, che sia per vergogna, sensibilizzazione o attenzione, non importa“. Il servizio pubblico sta lavorando per scardinare e contrastare una rappresentazione stereotipata della figura femminile, affiancata da enti come AGCOM, mettendo in onda anche fiction come l’Amica geniale.

Quindi, l’invito è: “aiutateci a farci misurare, perché con la misurazione siamo convinti che si può ottenere il contate su di noi e il contate noi“.

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