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Rivoluzione Copernicana agli abusi: lectio magistralis della scrittrice Carlotta Vagnoli

Carla Vagnoli, Lectio Magistralis Più Libri Più Liberi

Ironicamente e saggiamente appellata come “la Jessica Fletcher degli stereotipi di genere”, dalla direttrice artistica di Più Libri più Liberi Chiara Valerio, la scrittrice Carlotta Vagnoli si rende portatrice meritevole di questo appellativo tenendo nella seconda giornata della Fiera Nazionale della Piccola e Media editoria una Lectio Magistralis sulla Denuncia agli abusi.

Rivoluzione copernicana: denuncia agli abusi

Durante la disamina della scrittrice Vagnoli sulla condizione della donna nella società moderna è quasi impossibile non interrogarsi da dove ha origine la rappresentazione e narrazione stereotipata del genere femminile.

Lo stereotipo di genere è una regola non scritta che anticamente serviva a semplificare la realtà”, ha affermato Vagnoli. Difatti, numerosi studi di psicologia sociale hanno dimostrato come lo stereotipo sia un bias cognitivo che ci permette di codificare il mondo circostante. Tuttavia, facendo parte di un gruppo sociale di riferimento nel momento in cui ci si approccia a un individuo al di fuori delle categorie che conosciamo, automaticamente lo clusterizziamo come estraneo e diverso.

Capire gli stereotipi e i meccanismi e i processi cognitivi che essi innescano è ciò che ci permette di comprendere e contrastare l’odio. “Socialmente lo stereotipo di genere è anacronistico, ovvero è fermo e cristallizzato in un tempo che non tiene conto dell’evoluzione socio-culturale, rendendolo così desueto”. Per questa ragione, spesso dà origine alla costruzione del nemico e alimenta l’odio sulla base di considerazioni irrealistiche e spesso infondate.

Un esempio è la figura femminile che nei secoli è stata designata da tre principali forme stereotipiche: come donna-oggetto, ossia proprietà e oggetto di scambio, che fin dall’antichità diventano bottino per le conquiste; donna-silenziosa, dunque, preferibilmente remissiva sottomessa al potere maschile, e santa-puttana.  Quest’ultima “è la dicotomia fondatrice della cultura occidentale”, in cui le donne negli anni sono state catalogate da parte come donne-angelo, tipicamente descritta dal Dolce Stil Novo come angelica, pura e casta, guida e musa; dall’altra parte, in maniera contrapposta, la donna è meretrice e tentatrice: una peccatrice che cede ai piaceri della carne.

D’altro canto la donna fin dall’antica Grecia è pedina del sistema patriarcale, in cui veniva considerata inferiore e ristretta nelle vesti di curatrice ed educatrice, che seppur nell’antica Roma o nella nobiltà Ottocentesca diventa matrona e viene insignita da poteri, ma il suo regno rimane quello all’interno delle mura domestiche e mai al di fuori.

Senza dubbio, la religione cattolica e la Chiesa è complice della regressione e della rallentata evoluzione della cultura della società italiana, poiché “alle donne ancora oggi non è ancora consentito di svolgere la messa, di occupare posti apicali“, ha sottolineato con tenacia Vagnoli.

Carla Vagnoli, Lectio Magistralis Più Libri Più Liberi
Carla Vagnoli, Lectio Magistralis Più Libri Più Liberi

I monasteri femminili di clausura: luoghi della prima rivoluzione copernicana 

Contrariamente alle aspettative i primi luoghi in cui un movimento reazionario si è mosso contro corrente al Sistema di soprusi e di abusi di genere sono stati i monasteri femminili di clausura, poiché “nel momento in cui metti insieme degli individui appartenenti a una minoranza e li isoli, vedrai che questi si confronteranno e capiranno di vivere lo stesso disagio e finiranno per unirsi e ribellarsi”.

Così numerose donne si diedero alla “Macchia” e impossibilitate di essere reinserite nella società si diedero alla fuga. In questo modo”si impiantò l’inizio dello spostamento dall’asse:la rivoluzione copernicana dagli abusi”.

Dalle monache a Isabella Di Morra (uccisa dai fratelli sulla base di un sospetto), da Artemisia Gentileschi (prima donna a chiedere il processo per condannare il suo violentatore, amico del padre Agostino Tassi) a Franca Viola (rapita da un ragazzo, insieme a 12 suoi amici, stuprata e picchiata per circa 10 giorni), da Donatella Colasanti (sopravvissuta al Massacro del Circeo in cui rimase vittima l’amica Rosaria Lopez, insieme alla quale fu violenta per 36 ore) alla 107 vittima del 2023 la 21enne Giulia Cecchettin, tutte queste donne hanno in comune l’essere vittime di un Sistema che le ha trasformate in colpevoli, prima di vederle come vittime, poiché anche in casi lampanti e inopinabili in cui le donne sono state stuprate, abusate, violentate, molestate e anche uccise, vengono in ogni caso additate come responsabili della loro violenza e del gesto di cui sono state vittime, portandole a subire una violenza secondaria, e a volte anche una terziaria.

Il movimento di indignazione alimentato dalla morte della giovane Cecchettin, e “tutto quello di cui ho parlato sarebbe bello chiamarlo rivoluzione, ma è più preciso definirlo resistenza, perché per fare una rivoluzione c’è bisogno di un’unità: non ci può essere da una parte una società che combatte per i diritti delle donne e dall’altra parte non si riconoscono neanche le violenze”, ha sottolineato con impeto la scrittrice Vagnoli.

Nel momento in cui “lo Stato, la politica, l’educazione, la scuola, le famiglie, il giornalismo, i media riusciranno a far riconoscere agli uomini la violenza di genere, allora lì avremo una rivoluzione copernicana, per adesso, per favore chiamiamola resistenza”.

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