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Riforma costituzionale: confronto con la I commissione del Senato della Repubblica

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Si è tenuto Mercoledì 17 gennaio 2024 nella Sala delle Lauree della facoltà di Scienze politiche presso la Sapienza Università di Roma l’evento intitolato “La riforma costituzionale. Confronto con la I commissione del Senato della Repubblica”.

L’incontro, presieduto e moderato da Fulco Lanchester, professore emerito di diritto costituzionale, costituisce il primo di una serie di incontri sul tema dell’innovazione istituzionale in Italia, programmati dalla Fondazione Sapienza, dalla Fondazione Paolo Galizia Storia e libertà e dai Master in Istituzioni parlamentari Mario Galizia per consulenti d’assemblea e in Scienze elettorali e di governo. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di avvicinare gli studenti e un pubblico interessato ai temi attualmente più discussi in politica e al ruolo delle istituzioni.

La tavola rotonda tra cinque componenti della I Commissione Affari costituzionali del Senato e il dibattito con alcuni docenti di diritto costituzionale erano volti ad approfondire il tema della riforma costituzionale in discussione a Palazzo Madama, con particolare riguardo ai ddl n.830 e 935 sul cosiddetto premierato.

La Sapienza ha avuto l’onore di ospitare i membri della I commissione del Senato: Alberto Balboni, Dario Parrini, Mario Occhiuto, Alessandra Maiorino ed Enrico Borghi.

In apertura Eugenio Gaudio, presidente della Fondazione Sapienza, ha dato inizio ai lavori con i saluti istituzionali, passando poi la parola a Lanchester che ha presentato il testo in esame nonché l’oggetto e la modalità del dibattito.

La prima fase della discussione è costituita dagli interventi dei membri della commissione. A favore della riforma si sono espressi Balboni e Occhiuto, esponenti della maggioranza di governo. A sollevare critiche i membri delle opposizioni Parrini, Maiorino e Borghi. Di seguito alcuni interventi:

Alberto Balboni: “Io credo che ogni qual volta si abbia il potere decisionale del corpo elettorale sia un fatto positivo, io sono fautore da tempi non sospetti della democrazia diretta, credo che non ci sia istituto più attinente della democrazia diretta che far sì che gli elettori decidano direttamente il presidente del consiglio. […] Perché vogliamo l’elezione diretta del premier? Perché siamo convinti che in Italia ci sia bisogno di stabilità […] perché vorremmo evitare che in futuro al governo del paese andassero forze politiche che si erano presentate in contrapposizione l’una all’altra come purtroppo spesso è accaduto in Italia e questo non ha aiutato la democrazia. […] Quando gli elettori vedono che votano per una cosa e poi se ne ritrovano una contrapposta e completamente diversa è chiaro che alcuni, anzi molti, possano anche convincersi che il loro voto sia del tutto inutile quando poi in parlamento intervengono altri giochi determinati da altri interessi per cui la volontà popolare viene disattesa. Quindi la stabilità è un valore della democrazia, è un valore anche per consolidare e rendere irreversibile, a mio modesto parere, la democrazia dell’alternanza, il bipolarismo. […] Ma la stabilità fa bene anche all’economia […] è chiaro che anche la qualità della spesa ne risente perché un governo che sa di avere il fiato corto non investe nel futuro, investe nella gestione del consenso […]. Quindi noi siamo convinti che il premierato aiuterà sia la democrazia sia l’economia italiana.”

Dario Parrini: “Il mio giudizio sul disegno di legge è un giudizio molto critico per ragioni di metodo, di relazione tra mezzi e fini dichiarati e anche per ragioni attinenti al tipo di tabella di marcia, di road map, che la maggioranza ha scelto per portare avanti questo provvedimento. Sul metodo mi limito a osservare che le riforme costituzionali e specialmente quelle della forma di governo a colpi di maggioranza andrebbero accuratamente evitate. Noi non abbiamo visto una volontà seria di ricerca di punti di incontro con l’opposizione sulla riforma costituzionale […] La relazione tra i mezzi impiegati e i fini dichiarati: io sui fini fatico ad essere in disaccordo […] il problema è: i mezzi impiegati sono coerenti rispetto ai fini dichiarati e sono quelli più opportuni? Secondo me assolutamente no. Si può aumentare la stabilità, dare più poteri ai cittadini e rafforzare il bipolarismo anche senza scassare la costituzione. […] Di sicuro non è un’intenzione ma un fatto la circostanza che si è avanzata una proposta di riforma costituzionale senza dire niente su quale legge elettorale ad essa si associa. E dire lo diremo dopo è un errore gravissimo, perché va detto insieme, non dopo. […] Di fronte a una riforma che così chiaramente aumenta la forza di uno degli organi costituzionali, il presidente del consiglio, era persino doveroso, che nella riforma stessa […] ci fossero degli elementi di contrappeso.”

Nella seconda fase del confronto hanno preso parola in due turni alcuni docenti di scienze politiche e diritto costituzionale. Nell’ordine sono intervenuti: Paolo Ridola, Gaetano Azzariti, Andrea Buratti, Roberta Caivano, Giulia Caravale, Roberto Miccù, Ida Nicotra, Pier Luigi Petrillo, Anna Maria Poggi, Francesco Clementi e Giovanni Guzzetta.

La terza e ultima fase ha visto il dibattito vero e proprio con un confronto tra le parti sugli aspetti evidenziati negli interventi precedenti.

A concludere l’evento e a ringraziare i presenti Stefano Ceccanti, politico, ex senatore, ex deputato e costituzionalista.

programma dell’evento

Allegati

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