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Presentazione del film “Una giusta causa” in Aula magna

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      190327Luccioli - Gabriella Luccioli

Mercoledì 27 marzo l’Aula Magna del Palazzo del Rettorato ha ospitato la presentazione del film “Una giusta causa”, in anteprima a studenti, docenti e personale tecnico amministrativo e bibliotecario.

Il film, orchestrato dalla regia di Mimi Leder, racconta l’appassionata vita di Ruth Bader Ginsburg tesa ostinatamente verso la lotta alle pari opportunità. Ruth Ginsgurg, interpretata dall’affascinante Felicity Jones, è stata una delle primissime donne ammesse alla Facoltà di Giurisprudenza di Harvard, si è poi laureata anche alla Columbia, e con immensa difficoltà ha affrontato la carriera di avvocato negli Stati Uniti dovendosi districare in un mondo composto e governato da soli uomini. Nonostante gli Stati Uniti fossero un paese fondato sul sogno democratico e acceso costantemente dalle continue proteste contro la guerra in Vietnam e la lotta contro l’odio raziale, negli anni Settanta la discriminazione di genere era ancora all’ordine del giorno. Più di centocinquanta leggi della Carta Costituzionale americana sancivano la triste condizione di una donna che vedeva i propri diritti calpestati dietro sciocchi stereotipi di genere. L’avvocatessa Ginsburg non fu la prima persona a tentare di porre rimedio a quello stato di cose, ma fu colei che si rivelò la persona giusta al momento giusto. E’ riuscita ad imporsi in una situazione in qualche modo paradossale, perchè lei donna si è trovata ad essere l’avvocato di uomo discriminato da una legge tributaria. Per quanto l’opportunità gli sia stata data presentandosi come una sorta di rovesciamento delle pari opportunità, la Ginsburg è riuscita a creare un precedente giurisprudenziale su cui poter fondare le successive battaglie.

Al termine del film il professor Franco Piperno, delegato dal rettore per le iniziative culturali e derettore del Crea, ha moderato un interessante dibattito che ha visto alternarsi la voce di illustri ospiti: la professoressa Giuliana Scognamiglio delegata dal rettore per le pari opportunità; Gabriella Luccioli presidente di Sezione della Corte di Cassazione, entrata in magistratura nel 1965 con il primo concorso aperto alle donne; Mirzia Bianca, professore ordinario presso l’Università di Roma “La Sapienza”.

La discussione ha cercato di evidenziare gli aspetti giuridici del film mettendo in luce quanto la rappresentazione cinematografica riesca a porsi, ancora con sorprendente facilità, in dialogo con il tempo attuale. Considerevole la testimonianza della presidentessa Luccioli sulla sua esperienza come prima ed unica donna magistrato nel distretto della Corte di Appello di Roma. Circondata da soli colleghi uomini in un ambiente storicamente maschile, la Luccioli racconta che, per quanto ci fu un atteggiamento garbato da parte di molti, lei avvertiva una sensazione di attesa e di diffidenza, di paternalismo che collideva totalmente con un rapporto paritario e in breve si rese conto che l’unico modo per farsi apprezzare fu quello di diventare un uomo, lavorare come un uomo, parlare come un uomo, omologando il suo modo di essere all’unico modello di riferimento. Tuttavia l’atteggiamento emulativo non era sufficiente, la Luccioli sapeva di doversi impegnare di più di quanto richiesto, non erano ammessi errori perché anche la minima defaillance l’avrebbe condannata inesorabilmente ad una condizione di incapacità. Era tenuta a pagare un prezzo dal quale gli altri colleghi erano naturalmente dispensati.

La professoressa Scognamiglio segnala che un leitmotiv del film sembra essere quello del parallelismo tra cambiamento della società e cambiamento della legge. A volte la società corre più veloce e la legge deve seguire, altre volte è la legge a precedere e imprimere un cambiamento a cui la società deve adeguarsi.

Purtroppo la discriminazione di genere si è insinuata nei gangli vitali della nostra politica e cultura, alimentata dalla falsa nozione che la donna non può essere fisiologicamente equiparata ad un uomo. Il clima dell’epoca è maturo per questo passo verso una totale parità di diritti tra uomo e donna, ma l’attesa grida vendetta perchè non può essere giustificata in alcun modo. Una frase letta dalla Ginsburg sulla parete di un’aula di Tribunale sembra dare la risposta a millenarie discussioni: “La ragione è l’anima della legge”.

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