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Presentato alla Sapienza il Manuale di educazione al genere e alla sessualità: un nuovo approccio transdisciplinare per la formazione trasversale

Manuale di educazione al genere e alla sessualità

Nella giornata di oggi, 20 novembre, proclamata dall’Onu come World Children’s Day, è stato presentato, in Aula 201 del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Roma La Sapienza, il Manuale di educazione al genere e alla sessualità, pubblicato nel 2022 da UTET e curato da Fabio Corbisiero, Presidente del Corso di Laurea in Comunicazione, tecnologie e culture digitali e Mariella Nocenzi, docente di Innovazione sociale, sostenibilità e inclusione di genere del Corso di Laurea magistrale in Progettazione Sociale per la sostenibilità, l’innovazione e l’inclusione di genere.

Educare al genere e alla sessualità con un approccio transdisciplinare

Il Manuale di educazione al genere e alla sessualità si pone come uno strumento innovativo nello studio delle Scienze Sociali, poiché permette di guardare alle questioni di genere considerando la società nel suo sistema differenziale, avendo “attenzione alla formazione e la finalità di guardare in che modo il genere e la società si trasformano e trasformano”, ha affermato la docente e moderatrice del convegno Mariella Nocenzi.

In questo momento più che mai, come ricorda il docente Fabio Corbisiero – che invita a fare un minuto di silenzio per ricordare la giovane vittima 22enne di femminicidio Giulia Cecchettin per mano del partner Filippo Turretta, che ha scosso l’intero Paese – “non si può parlare di gentrificazione senza parlare di genere o di fenomeni sociali senza considerare il prisma del genere”.

Il Manuale è dotato di strumenti di approfondimento in cui viene analizzato uno stesso fenomeno o termine apportando o fornendo un’analisi transdisciplinare, poiché le persone esperte e gli studi devono comunicare tra loro e non rimanere nella loro settorialità statica e stringente. Quest’ultimo aspetto è fondamentale nei gender studies, giacché i codici di linguaggio nelle loro molteplici forme consento di apportare una rappresentazione di genere e sessualità nella loro sfera interpretativa.

Come ha affermato il docente Corbisiero “è necessario che si adotti un impegno educativo contro le barbarie di alcune relazioni sociali” e di alcuni atteggiamenti figli di un sistema patriarcale in cui si concepiscono le diversità come una minaccia, poiché il genere viene incatenato in un binarismo cis-normativo.

Manuale di educazione al genere e alla sessualità

Per fare in modo che il cambiamento possa sradicale e decostruire le strutture sociali vigenti – sottolinea Giulia Ponsiglione, componente del Consiglio nazionale dell’Associazione nazionale dei presidi – si deve senza dubbio partire dall’educazione scolastica, ma anche andare oltre l’educazione contro la violenza sulle donne. Infatti, per contrastare un fenomeno ed estirpare un “male” si devono indagare innanzitutto le origini e “depotenziale la carica esplosiva di questa piaga”.

Difatti, in questo sistema il maschio continuerà a dominare finché rimarrà al centro della società. E nonostante gli sforzi fatti in questi anni nell’inserire la carriera alias (ossia la possibilità a persone che stanno affrontando una transizione di genere di poter essere chiamate con il nome alias da loro scelto o coi pronomi nei quali più si identificano) negli ultimi mesi c’è stato un grosso retromarcia a causa di forti associazione come la Pro Vita, che riescono ad esercitare un potere tanto forte da far rivedere progettualità sostenibili di genere condivisibili e condivise da numerosi dirigenti scolastici, sia negli istituti primari che secondari.

Se parliamo di diritti non ci può essere una discriminazione” – continua Ponsiglione – “dobbiamo, infatti, prevedere dei dispositivi di inclusione scolastica che considerino l’affermazione di genere, per permettere alle persone di vivere nella loro vita di affermazione della loro transizione di genere”.

Infatti, il dietrofront sulla carriera alias può essere facilmente traducibile come un mero atto propagandistico, in cui l’egemonia culturale di stampo patriarcale vige ancora come dominante poiché la società ne è ancora impregnata. Soffermandosi poi sui legami familiari e affettivi, i giochi di potere tra gli individui, soprattutto di sesso maschile, impediscono e ostacolano un reale rapporto paritario ed equo.

Le istituzioni come la scuola, ma come anche quelle governative devono avviare il cambiamento. Difatti, città come Roma Capitale hanno istituito, all’interno delle loro amministrazioni, un ufficio che si occupa dei Diritti della comunità LGBT+, in cui si possano ascoltare in maniera diretta e attenta i problemi legati alla comunità e alla mancanza di leggi efficienti atte alla tutela degli individui membri.

Roma LGBTQI+
Foto di Il Riformista

Roma Capitale, come tiene a sottolineare anche Marilena Grassadonia, Coordinatrice Diritti LGBT+ di Roma Capitale – che da attivista e membro della comunità riesce ad ascoltare e comprendere più facilmente le esigenze – “la formazione oltre che nelle scuole deve avvenire anche all’interno delle amministrazioni comunali, poiché al di là dell’approvazione o meno di uno stile di vita chiunque deve essere in grado di comprendere e accogliere le diversità, riuscendo a trovare la soluzione al problema presentato”.

Tuttavia, va sottolineato che “la stratificazione della violenza che subiamo è profonda, tanto che le scelte che noi facciamo sono condizionate dal sistema patriarcale in cui viviamo“, ha affermato Pietro Turano, Vicepresidente Arcigay, attivista e attore. La vita scolastica, soprattutto nel periodo adolescenziale, oltre che a quella all’interno del nucleo familiare, è ciò che condiziona sia la stato d’animo di una persona che anche il suo modo di vivere ed Essere futuro.

Infatti, dalle discriminazione e dal pregiudizio dipendono anche forme di disagio come il minority stress che scinde dalla violenza manifesta. Infatti, in alcuni casi in questo sistema “portare fuori la mia identità e la mia naturalità è stata percepita come un’ostentazione o un’esagerazione per mettermi in mostra“, ha ricordato Turano.

Le vittime trans che sono per lo più donne, come le vittime di femminicidio e di violenza di genere sono vittime della stessa violenza di genere: artefice di aver rovinato l’adolescenza di molte persone che non erano come dovevano essere, insieme alla cultura oppressiva e dominante”.

Per questa ragione è fondamentale la valorizzazione delle diversità, ma non bisogna essere ingannati da azioni di gender washing. Ad esempio è necessario interrogarsi perché negli ultimi anni le rappresentazioni della comunità LGBTQI+ sono aumentate all’interno dei film e delle fiction.

skam
Foto di TvBlog

La rappresentazione interessa perché c’è una domanda di mercato” e l’industria del cinema e dell’audiovisivo devono sottostare alle leggi di mercato che per conservare il proprio potere deve seguire le richieste della domanda. Dunque, invece di guardare banalmente un prodotto audiovisivo e pensare alla rappresentatività della Comunità, “lo sforzo è quello di guardare i contenuti e quel sistema che ha cambiato l’offerta e chiedersi se anche dal punto di vista professionale sono state favorite maggiormente o hanno avuto maggior possibilità di entrare nel settore.” – ha continuato Turato – “Questo vale non soltanto per la recitazione, ma anche per la sceneggiatura e la regia e la produzione. 

Dunque, se prima “l’odio era più manifesto e ideologico, oggi le persone sanno che tutti devono essere inclusivi e accoglienti, ma i nostri gesti ci tradiscono. È una questione culturale”. Per questa ragione, è bene essere “sentinelle del cambiamento culturale. Immaginare un mondo diverso non basta per renderci diversi, ma non significa che è cambiato il mondo e le opportunità”.

In questo percorso creare una rete è fondamentale perché permette alle persone di riconoscersi e riuscire a esperire “la solitudine che il potere vuole creare per dividere le persone“, ha concluso Turano.

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