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I mille volti della Gioconda: Monna Lisa sorride quando il nostro cervello è felice (secondo la scienza)

Il sorriso più famoso della storia dell’arte torna a far parlare di sé. A fugare ogni dubbio sulla reale espressione di Monna Lisa è intervenuto lo studio dell’Università tedesca di Friburgo: i ricercatori hanno distorto gli angoli della bocca della Gioconda creando otto immagini diverse. Si sono poi sottoposte le varie versioni ad un gruppo di volontari. Il risultato? La gioconda, nel 97 % dei casi, sorride.

Non è stata la prima ricerca volta a svelare l’enigma: due anni fa, la Sheffield Hallam University aveva comparato la Gioconda con “Bella Principessa“, il ritratto di una Sforza realizzato su pergamena, anch’esso attribuito a Leonardo. In quel caso era stato osservato che la tecnica usata per la definizione delle labbra delle due donne è la stessa: se ci si sofferma sul sorriso, l’espressione scompare. Se si fissa la curvatura delle labbra delle donne, entrambe cambiano espressione.

I risultati dell’ultima ricerca non sconfessano quella precedente, anzi, la riconfermano. Non è tanto il risultato ottenuto, e cioè la conferma che Monna Lisa sorride, quanto le modalità con cui gli esiti della ricerca sono stati confermati. Anche nell’ultimo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, l’attenzione dei ricercatori è stata rivolta sulla percezione oggettiva dell’osservatore. Non siamo convinti che uno studio del genere possa dire l’ultima parola su un dipinto che conserva gran parte del suo fascino proprio nell’ambiguità: il lato interessante dell’esperimento è piuttosto quanto il contesto influenzi la percezione dell’osservatore.

La ricerca sembra, infatti, confermare che il cervello umano sia più incline a riconoscere le espressioni facciali positive come il sorriso. Siamo più aperti ad identificare volti felici, piuttosto che tristi. Se guardiamo più attentamente al report dell’esperimento, come spesso accade, ci rendiamo conto che in una seconda fase dei test l’espressione è stata alterata negativamente e poi nuovamente sottoposta ai volontari. In un contesto ‘negativo’ cambiano anche i risultati: l’originale, immerso in un contesto di espressioni tristi, è stato giudicato anch’esso come triste. I ricercatori tedeschi commentano dicendo che il giudizio sull’espressione dipende dal contesto in cui si trova l’osservatore e che non si può parlare di felicità o tristezza assolute ma dell’esistenza di diversi gradi dei due sentimenti. Inoltre è emerso anche che quando giudichiamo un’espressione optiamo preferibilmente per quella che indica la gioia.
Siamo profondamente suggestionabili, sembra dire questo studio. Con il pretesto di guardare questo capolavoro, ancora una volta, potremmo riflettere su noi stessi. E forse questa è la grandezza di un dipinto il cui mistero, speriamo, possa non essere mai svelato definitivamente: più lo si guarda, più riusciamo a comprenderci.

 

Simone Di Gregorio

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