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Leonardo alla Sapienza: la scomposizione di un genio universale

Giovedì 28 novembre, presso l’Aula Magna del Rettorato, si è tenuto il secondo incontro de “La Sapienza tra Scienza e scrittura”, dedicato a Leonardo da Vinci in occasione del quinto centenario della morte. Davanti a una platea composta da studentesse e studenti di diversi licei romani, lo storico dell’arte Claudio Strinati e i professori Antonio Carcaterra, Flaminia Bardati e Matteo Motolese, coordinati dal delegato del rettore per le iniziative culturali Franco Piperno, hanno svelato la multiforme figura del genio toscano, analizzando le sue identità di pittore, ingegnere, architetto e scrittore. Durante le due ore di conferenza sono stati sfatati alcuni falsi miti e proposte interessanti chiavi di lettura.

Per quanto celebre, il Leonardo artista è sostanzialmente avvolto da un impenetrabile alone di mistero alimentato da un’effettiva scarsità di fonti certe. L’unica opera di sicura mano leonardesca, infatti, è il Cenacolo di Santa Maria delle Grazie a Milano, mentre tutte le altre sono state a lui attribuite tramite un processo deduttivo, nonché mancano di data evidente. Inoltre, due importanti disegni come l’Uomo vitruviano delle Gallerie dell’Accademia di Venezia e l’Autoritratto della Biblioteca Reale di Torino, che secondo alcuni studiosi potrebbero entrambi raffigurare lo stesso Leonardo, sono stati ritrovati in circostanze non chiare solo nel XIX secolo.

Dal punto di vista ingegneristico, le macchine più famose non sono in realtà le più innovative. Per esempio, il Grande Nibbio di Leonardo e la teoria del volo ad ala battente hanno avuto un impatto molto limitato sul settore aeronautico attuale, che ha sviluppato un volo ad ala fissa e motore potente e leggero. Il concetto del progetto della vite aerea, al contrario, si ritrova sia nelle pale dell’elicottero che nelle eliche degli aerei. Dal punto di vista dell’architettura, Leonardo progetta ma tendenzialmente non esegue, ad eccezione di spettacolari ma effimeri allestimenti per le feste di corte, ed è maestro nel rilievo topologico anche di aree particolarmente vaste. Infine, il particolare stile di scrittura da destra a sinistra che contraddistingue gli scritti leonardeschi non solo è imposto come necessità dall’uso della mano mancina, ma è anche e soprattutto una scelta per mantenere scrittura privata, inaccessibile a chi non ha guadagnato famigliarità con tale stile.

Secondo il professor Carcaterra, l’originalità di Leonardo risiede nella meticolosa classificazione attraverso un occhio anatomico dei componenti elementari delle macchine di cui osservava la costruzione nelle officine e nei cantieri della Milano sforzesca. Sfruttando le molteplici combinazioni di questi componenti eventualmente migliorati, Leonardo progetta le sue macchine e, a un livello successivo, i suoi impianti, dimostrando un’eccezionale modernità con l’uso del disegno esploso, una tecnica di rappresentazione che mette in risalto i componenti elementari e le relative funzioni. Il parallelo con lo studio anatomico è stato incluso anche dalla professoressa Bardati durante l’esposizione del Leonardo architetto, quando ha rilevato che la speculazione teorica sulla circolazione delle persone in città e in abitazione è stata influenzata dalla doppia circolazione del sangue nel momento in cui si progetta una circolazione su due livelli. In ultimo, il professor Motolese ha constatato come il momento dell’esperienza e quello dello studio in Leonardo si possono distinguere sia per stile che per formato del taccuino: nel primo caso uno stile frettoloso si affianca a fogli non più grandi del palmo di una mano; nel secondo caso una necessità di mettere ordine tra gli appunti si lega a fogli di formato simile all’A4.

Lo storico dell’arte Claudio Strinati è stato soprintendente del Polo museale del Lazio; il professor Antonio Carcaterra è docente di Meccanica applicata alle macchine; la professoressa Flaminia Bardati è docente di Storia dell’architettura; il professor Matteo Motolese è docente di Storia della lingua italiana.

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