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La mente, le menti: Paolo Pecere e Marco Viola spiegano la natura umana e non umana

Nella giornata di ieri, 19 aprile, si è svolto l’incontro dal titolo “La mente, le menti” presso l’aula X del Dipartimento di Lettere e Filosofia in Villa Mirafiori. L’evento, parte del ciclo di incontri dal tema “Sguardi Plurali sulla natura umana e non umana” è organizzato dal Seminario permanente 4E – Evoluzione, epistemologia, etica ed ecologia del Dottorato in Filosofia di Sapienza.

Il programma dell’incontro seminariale prevedeva due interventi: il primo, presentatato da Paolo Pecere, professore all’Università degli studi Roma Tre, dal titolo “La differenza animale” ed il secondo di Marco Viola, anch’egli professore associato, che ha presentato una riflessione intitolata “Superare il Cervello Platonico: la sfida delle differenze individuali nelle neuroscienze“.

La differenza animale: Paolo Pecere

Paolo Pecere, da storico della Filosofia, è intervenuto sul tema della differenza tra uomo ed essere animale, un quesito ampiamente dibattuto fin dall’antichità. In Grecia Antica si tentava già una distinzione tra mente umana ed animale, difatti ci si riferiva a questi ultimi con il termine “Aloga“, cioè privo di Logos, ovvero di ragione.
Questa netta divisione, si perde con gli studi di Darwin, che nota una certa gradualità tra istinto, tipicamente associato agli animali, ed intelligenza razionale più tipicamente umana. Nonostante le prove scientifiche degli studi affrontati dallo stesso Darwin sull‘homo silvestris, che dimostrano inconfutabilmente il filo rosso che lega mondo animale ed umano, permane la concezione diffusa che esista una netta distinzione tra le due dimensioni. La diffusione del pensiero neopositivista, e delle teorizzazioni filosofiche di personaggi come Wittgenstein e Heidegger allontana gli studiosi da approfondimenti sul tema.
Gli ultimi 30 anni del Novecento vedono però un rinnovato interesse per la questione: ad esempio gli studi del compianto Frans de Waal, che ha dedicato la vita agli studi sui primati ed è arrivato a concettualizzare diversi strati delle capacità cognitive coesistenti nella mente umana. Questa categorizzazione aiuta, in definitiva, a comprendere il grado di percezione di certe esperienze cognitive negli animali, generando riflessioni sul processo evolutivo che ha caratterizzato la specie umana.

Superare il Cervello Platonico: Marco Viola

Marco Viola ha presentato un suo studio dal titolo “Superare il cervello platonico: la sfida delle differenze individuali nelle neuroscienze“.
L’obiettivo di ricerca, e più in generale degli studi sulle neuroscienze, è quello di superare la concezione di mente platonica, frenata nei suoi dettami teorici da un approccio quantitativo alle differenze cerebrali, disinteressandosi di quelle variazioni di stampo qualitativo, del grado eventuale di serendipità che lo studio della mente può riservare. Nel periodo che va dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta il metodo applicato per identificare le disfunzioni a livello cerebrale era, molto banalmente, lo studio diretto delle lesioni fisicamente individuabili in determinate aree del cervello.
La svolta è avvenuta con l’introduzione del BOLD fmri (Blood oxygenation level dependent), che tramite l’imaging a risonanza magnetica rileva le variazioni di segnale date dall’aumento di flusso ematico in determinate zone del cervello attivate da determinate funzioni.
Nonostante l’apporto dato dal progresso tecnologico, rimane la problematicità del legare a dati statistici determinati funzionamenti psicologici, i quali variano da persona a persona. Il professor Viola propone la nozione di “contestualismo“, il contesto infatti diviene un buon punto d’incontro a fronte di tesi estremamente polarizzate nel campo della psicologia. L’elemento contestuale può aiutare al fine di superare approcci generalisti o stereotipici alla materia, generando expertise e superando, finalmente, il cervello platonico.

 

 

 

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