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La “memestetica” e il “settembre eterno dell’arte” spiegati da Valentina Tanni

La parola meme è ormai divenuta di uso comune. Pochi, però, sanno che la sua origine risale al libro del 1976 di Richard Dawkins dal titolo “Il gene egoista” e non ha niente a che vedere con internet, bensì con la biologia. Valentina Tanni, storica dell’arte, inizia proprio dalla definizione di meme la conferenza del diciotto novembre tenutasi al circolo Che Guevara di San Paolo e dedicata al suo volume “Memestetica”. La docente del Polimi, esperta di memetica, racconta ai presenti come sia difficile circoscrivere cosa sia o meno un meme, un vero e proprio oggetto sociale che si presta a diventare il volano per qualsiasi tipo di messaggio. Slegandosi dai semplici template che li caratterizzavano durante i primi anni di utilizzo e dalla funzione strettamente ironica, i meme si sono moltiplicati, mutando e diventando un’entità estremamente complessa, talvolta volutamente criptica e quasi metafisica.

La studiosa risale alla nascita di internet per spiegare l’origine del termine “settembre eterno”, utilizzato come sottotitolo nel suo volume del 2020 edito per Nero Edizioni. L’espressione è stata coniata da Dave Fisher nel 1993 quando il provider AOL decise di rendere l’accesso a internet libero per tutti, preconizzando l’eterna crescita del bacino degli utenti internet, quasi come fossero degli studenti appena iscritti ad un corso di laurea durante i primi giorni di lezione dopo l’estate. La tesi principale di “Memestetica” è che questa nuova forma di comunicazione abbia ereditato alcune pratiche delle avanguardie storiche del Novecento, come il bricolage ed il remix, tipiche di correnti come il dadaismo, il situazionismo e il surrealismo. Tanni crede che queste operazioni siano oramai diventate di uso comune, interiorizzate dai fruitori della rete quasi come usanze quotidiane. Ecco che i meme possono addirittura diventare il volano delle ideologie politiche più disparate, sia di destra che di sinistra, veicoli di propaganda perfetti per diffondere, più o meno esplicitamente, la propria visione del mondo. Nell’epoca della post-verità gran parte dei giovanissimi si informa (e si forma) politicamente sui social, influenzati irrimediabilmente anche dal panorama memetico nel quale la loro bolla decide di immergerli. È così che avviene, ad esempio, la radicalizzazione di alcuni gruppi di estrema destra, esposti giornalmente a meme di stampo alt-right provenienti da alcune board di 4Chan. La storica dell’arte si è concentrata anche sull’estetica di TikTok e sul funzionamento del suo algoritmo, capace di accedere a delle parti oscure del social se debitamente istruito dal proprio utilizzatore. È in questo modo che si sfugge dalla volontà dei creatori della piattaforma di mantenere gli utenti sulla punta emersa dell’iceberg che è TikTok, sfuggendo da quel “capitalismo di sorveglianza” teorizzato da studiosi come Shoshana Zuboff. La docente, inoltre,  ha spiegato ai presenti l’origine del meme delle “backrooms”, i celebri spazi liminali che vanno da uffici desolati a piscine e centri commerciali abbandonati: questo topic verrà analizzato ulteriormente nel capitolo aggiuntivo della nuova edizione di “Memestetica”, in uscita il prossimo anno con una nuova veste grafica all’interno della collana “Not” di Nero Edizioni. C’è spazio anche per una riflessione riguardo la fotografia digitale, sempre più lontana dalla rappresentazione fedele del reale. Basti pensare alle fotocamere degli smartphone di nuova generazione, che applicano automaticamente delle correzioni algoritmiche agli scatti, sfuggendo al controllo manuale dell’utilizzatore, o agli innumerevoli filtri utilizzabili sui social media. La realtà diventa, così, un concetto sempre più inafferrabile nell’epoca della riproducibilità tecnica (digitale) dell’immagine e della sua massiccia proliferazione.

Tanti, quindi, i temi toccati da Valentina Tanni: nonostante molti rimandino al suo volume, la studiosa cerca sempre di ampliare l’orizzonte delle riflessioni contenute in quello che è uno dei migliori libri in circolazione per cercare di studiare il complesso mondo dei meme. Da una prospettiva inedita, quella della storia dell’arte.

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