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“La disabilità sui media”. Il progetto Sensuability

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Nell’ambito della cattedra di Media & Diversity + Laboratorio Fotogiornalismo della prof.ssa Gaia Peruzzi sono stati promossi due approfondimenti sul tema della disabilità.

Il primo, lunedì 21 novembre, ha avuto come ospite Armanda Salvucci, che ha presentato agli studenti e alle studentesse il progetto Sensuability, nato nel 2016 per informare e sensibilizzare sul rapporto tra disabilità e sessualità, attraverso arti come il cinema, la fotografia, la pittura, la musica, il fumetto.

Sull’onda di questo incontro si è aperto il secondo dibattito di martedì 22 novembre con la giornalista Antonella Patete, da sempre interessata a tematiche sociali.

Antonella Patete è una giornalista dell’Agenzia stampa Redattore Sociale e dal 2012 è coordinatrice di redazione di SuperAbile Inail, la rivista dell’Inail sui temi della disabilità. Nel 2016 è stata coordinatrice del progetto “Memoria Paralimpica”: un archivio fotografico, un documentario e una mostra fotografica sulla nascita e lo sviluppo dello sport per atleti disabili in Italia. Nel 2018 e 2019 ha curato i volumi illustrati “Vite straordinarie” e “Vite straordinarie due”.

Come descritto nel titolo (“La disabilità sui media. Le fonti, le parole, le immagini”) il focus della lezione è stato su come viene trattato il tema della disabilità nel giornalismo.

Antonella Patete, con diversi interventi della prof.ssa Gaia Peruzzi, ha orientato gli studenti verso un uso più consapevole dei termini da utilizzare quando si affronta questa tematica.

Una citazione della rubrica “Parlare Civile” fa da sfondo a tutto il discorso sui vocaboli che vengono analizzati durante il dibattito: “Non esistono parole sbagliate. Esiste un uso sbagliato delle parole”.

Le parole si erodono e sono soggette a cambiamento, quindi si rende necessario rimanere aggiornati e orientarsi in questo mare immenso di significati, in particolar modo per i giornalisti. Alcuni termini che andavano bene fino a poco tempo fa ora hanno assunto una valenza diversa e talvolta, perché impregnati di pregiudizi e stigmatizzazioni, un valore piuttosto negativo: il termine “persona con disabilità”, ad esempio, deve essere preferito a “disabile”, evoluzione di “handicappato”.

La locuzione “persona con disabilità” è diventata standard internazionale con l’approvazione nel 2006 della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità ed è più opportuna perché non si limita a descrivere un individuo con un attributo che è solo una parte di esso, come accadrebbe con il termine “disabile”.

Il primo articolo cita (Art.1): “Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri”

La convenzione Onu ci invita a spostare il focus sulla realtà che ci circonda, sottolineando che una persona diventa disabile quando non ha gli strumenti per superare le sue difficoltà: è l’interazione con barriere comportamentali e ambientali a creare esclusione sociale.

In conclusione, la prof.ssa Patete sottolinea la fondamentale importanza, soprattutto in tematiche sociali più delicate, di utilizzare una narrazione adeguata e rispettosa e ponderare ogni termine. Questo sforzo deve essere attuato da ogni cittadino e in particolare da chi si occupa di narrare e divulgare storie di altri, il giornalismo nasce per informare e creare un’opinione pubblica più consapevole e istruita.

Così come le parole, ci ricorda Patete, è inoltre fondamentale dare un’accurata importanza alle immagini che vengono utilizzate per ritrarre la disabilità, che non devono essere per forza sentimentali e fascinose.

“Raccontare la disabilità significa raccontare un mondo. Anzi tanti mondi, quanti sono i tipi di disabilità e le persone che ne fanno parte.”

Viene concluso l’incontro con un’altra preziosa riflessione su questo tema: l’individualità dei casi, ogni persona ha una storia diversa e unica, è necessario prestare attenzione ai rischi delle generalizzazioni.

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