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Il Museo delle Navi Romane di Nemi ospita la mostra “Riportando tutto a casa”

La mostra “Riportando tutto a casa” vede esposte le opere di ventitré artisti italiani contemporanei che dialogano con la straordinaria collezione del Museo.

La mostra “Riportando tutto a casa” vede esposte le opere di ventitré artisti italiani contemporanei che dialogano con la straordinaria collezione del Museo.

In un momento in cui nella dimensione espositiva il rapporto tra l’antico e il contemporaneo è al centro delle riflessioni curatoriali del presente, la mostra “Riportando tutto a casa”, visitabile in questi giorni fino al prossimo 30 settembre, propone un incontro corale tra artisti italiani di differenti geografie ed esperienze, attitudini e storie alle spalle, in dialogo con l’architettura e la collezione del Museo delle Navi Romane di Nemi, attraverso installazioni, dipinti, sculture, video arte e altri linguaggi in grado di generare una lettura ulteriore di un grande tema: il ricordo. Questo si declina attraverso frammenti, visioni, proposte immaginifiche, brandelli di materiali attraverso i quali gli artisti coinvolti elaborano una personale visione che si associa al grande repertorio di oggetti ritrovati, elementi rinvenuti durante importanti scavi archeologici degli ultimi decenni, con cui condividono una possibile e a volte contraddittoria familiarità.

Il pubblico è invitato a muoversi liberamente nello spazio, alla ricerca di possibili scenari. Le opere si fanno amare nella complessità del percorso, il visitatore le deve scovare tra le superfici i perimetri che accolgono reperti dell’archeologia subacquea, tracce dense di decenni di esperienze di ricerca finalizzate alla ricostruzione di differenti storie alla base della cultura occidentale.

È un denso carico di suggestioni, rabbia, poesia, progettualità, differenze dialettiche, ritualità e complessità che caratterizza il senso corale di questa esposizione; gli artisti invitati – attraverso la condivisione di queste proprie esperienze con il segno tellurico e marino di questo speciale luogo dell’archeologia che si apre al presente – sono aperti al cambiamento, anche traumatico, del linguaggio e della ricerca.

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