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Il “Green Deal” e la lotta per il raggiungimento della neutralità climatica

      Intervista prof. Eugenio Bruti Liberati

Il workshop “La strategia di decarbonizzazione al di là dell’emergenza energetica: problemi e alternative”, tenutosi il 20 ottobre presso la Facoltà di Giurisprudenza della La Sapienza, promosso dalla Rivista della regolazione dei mercati in collaborazione con il Dottorato di ricerca in Diritto pubblico, ha avuto come oggetto di discussione il Green Deal ideato dall’Unione Europea, teso a promuovere l’investimento e l’utilizzo di strumenti di decarbonizzazione.

L’evento è stato introdotto da Alfredo Moliterni, professore associato di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di Scienze giuridiche, il quale ha esposto le tematiche del dibattito: le prospettive di criticità del processo di integrazione europea sul cambiamento climatico con un’offerta di un modello economico e sociale a ampio spettro, in un’orizzonte temporaneo di realizzazione tra il 2030 e il 2050. Benché la pandemia scoppiata nel 2020 abbia contribuito a consapevolizzare l’essere umano sull’importanza e la possibilità di contrastare la crisi climatica, con lo scoppio della crisi ucraina nel 2022 si sono sviluppate forze contrastanti circa lo sviluppo e l’investimento su fonti rinnovabili di energia e sull’efficientamento energetico. È necessario dunque evitare la frammentazione del mercato energetico in direzione della sostenibilità e utilizzare la transizione energetica come risposta alla crisi internazionale. Per comprendere al meglio i meccanismi di questo importante processo intervengono degli autorevoli esperti in materia, in una prospettiva interdisciplinare.

Edoardo Chiti, professore ordinario dell’Università Sant’Anna di Pisa, ha esposto i tre punti cruciali del Green Deal:
1 L’obiettivo primario è la decarbonizzazione, che va perseguito attraverso strumenti tecnici, con una prospettiva di progettualità e costruzione di una nuova società europea e può essere regolato attraverso strumenti di policy documents e proposte legislative e giuridiche. Tuttavia in realtà l’obiettivo più complesso e ambizioso da raggiungere è la neutralità climatica: questo è perseguibile attraverso la costruzione di una nuova società europea (giusta, prospera e incentrata su un modello di crescita circolare), fondato su un ambiente naturale armonico, che va contestualizzato nella storia del contesto, in base al quale si definiscono gli obiettivi.
2 Il secondo tema che è quello della biodiversità, protagonista dell’obiettivo di sostenibilità degli ecosistemi, che consiste nella salute degli stessi, perseguibile attraverso l’erogazione di servizi ecosistemici, che sono i principali strumenti di cambiamento climatico e di neutralità climatica. Perciò è necessario modificare le componenti essenziali della costituzione economica europea. Inoltre la biodiversità è fondamentale in quanto scopone e pluralizza la sostenibilità esternamente, perché nasce dal punto di vista economico come sviluppo sostenibile e solo poi arriva a essere ecologica.
3 Il terzo punto riguarda delle precisazioni riguardo alla biodiversità, in particolare sugli strumenti utilizzati che non sono all’altezza degli obiettivi prefissati. Questo sicuramente è causato dal fatto che la biodiversità in se stessa è l’elemento più sovversivo e che dunque richiede di essere sviluppato al meglio.

Anna Rita Germani, professoressa del Dipartimento di Studi giuridici, filosofici ed economici della Sapienza, ha affermato che la transizione ecologica deve essere inclusiva e sostenibile per tutti, con l’obiettivo di riduzione delle emissioni del gas serra di circa il 50% nel 2030 e 0% nel 2050, raggiungibile attraverso l’incentivazione di risorse rinnovabili. Gli impatti del progetto però riguardano sia la sfera biofisica sia quella politico-economica. Germani ha poi descritto meccanismi ETS divisi in 5 fattori:
-riduzione del cap ONE off e il fattore lineare di riduzione (che è una percentuale di riduzione che di anno in anno diminuisce);
-revisione delle regole per la riduzione dell’allocazione gratuita delle quote, la previsione phase out nel settore marittimo e aereo;
-creazione di un mercato parallelo per i trasporti sulla strada del finanziamento di social climate found;
-regolamentazione dell’uso di proventi delle aste e il rafforzamento dei fondi di modernizzazione e innovazione;
-processo di decarbonizzazione.

È necessario inoltre utilizzare i principali strumenti market based e indurre le imprese a internalizzare i costi sui responsabili delle emissioni in base al principio di chi inquina paga attraverso meccanismi di carbon pricing, carbon tax (imposizione di un prezzo per l’emissione di CO2), cap and trade (la fissazione di un tetto massimo di emissioni), infine l’assegnazione e lo scambio di diritti di emissione. Germani ha poi trattato del problema del tempo, affermando che le transizioni energetiche sono storicamente lente e aggiungendo che recentemente c’è stata una destabilizzazione dei prezzi delle quote di emissione, causata dalla crisi pandemica e ucraina.

Barbara Marchetti, professoressa ordinaria della facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Trento, si è soffermata sull’esposizione del Green Deal statunitense, simile a quello europeo, che oltre alla decarbonizzazione è caratterizzata da una spiccata componente sociale, in quanto parte dallo studio dell’impatto del climate change su determinate comunità (come nativi americani, neri e poveri). Questo si ispira al New Deal di Roosevelt e quindi prevede l’intervento dello Stato da un punto di vista economico, attingendo ai fondi federali. Infatti con il governo Biden nel 2022 è stata proposta l’Inflaction Reduction Act, che prevede il dispendio di 400 miliardi di dollari per tutelare l’ambiente, considerato un trionfo per i democratici statunitensi.

Paolo Perulli, professore di Sociologia economica presso l’Università del Piemonte Orientale, ha fatto riferimento al discorso del presidente della commissione europea 2020, in cui si afferma che bisogna assegnare un prezzo al carbone perché non è giusto che la natura continui a pagarlo, afferma che è necessario che l’Europa imponga a se stessa e imponga indirettamente agli altri paesi a cui importa regole graduali nel tempo con l’obiettivo di contrastare la crisi climatica.

Eugenio Bruti Liberati, professore ordinario di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche Economiche e Sociali dell’Università del Piemonte Orientale, ha posto l’attenzione sull’importanza di comprendere se il Green Deal europeo sia apprezzabile o meno e se sia una strategia concretamente attuabile. Bruti Liberati ha poi indicato le quattro svolte e le modifiche significative del modello di costituzione economica:
1 l’interesse per la decarbonizzazione, che non è più solo un limite estrinseco alle politiche di sviluppo ma anche intrinseco;
2 la Green Industrial Policy, che dimostra la rilevanza di realizzare gli obiettivi di lotta al cambiamento climatico;
3 il fatto che la commissione non sia pronta a mettere in discussione la crescita illimitata dei consumi, quindi non è presente un cambiamento radicale (il quale andrebbe effettuato attraverso la concentrazione sugli strumenti);
4 la necessità di impostare dei costi sociali ed economici di transizione ecologica con misure che costringono i grandi inquinanti a cambiare direzione; ma il problema è che la sostenibilità sociale non è considerata come una priorità politica.

Bruti Liberati ha poi spiegato quanto sia importante parlare del modello, ma soprattutto concentrarsi sugli strumenti in modo pragmatico. Infatti gli esiti che sono stati concretamente ottenuti sono stati insufficienti perché il cap fissato era troppo elevato. Quindi bisogna valutare l’adeguatezza degli strumenti, fatto che richiede giudizi prognostici ottenibili grazie all’unione di competenze diverse. Infine, il docente ha sottolineato la necessità parlare del tema cruciale del tempo: infatti la rapidità dal punto di vista sociale ha un prezzo, in quanto le persone che lavorano nelle energie basate sul carbone sono costrette a trovare vie alternative che mettono a rischio il loro stile di vita; un modo per avere maggiori sicurezze da questo punto di vista è sicuramente quello di investire nella ricerca tecnologica, così da raggiungere la decarbonizzazione e dunque realizzare la grande ambizione della neutralità climatica.

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