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“Goya e Caravaggio: verità e ribellione” dal 12 gennaio nella Pinacoteca dei Musei Capitolini

Caravaggio e Goya

Due giganti stanno per incontrarsi in Capitale. Parliamo di Michelangelo Merisi da Caravaggio, che può essere considerato il primo pittore moderno, e Francisco José de Goya che fu invece il primo dei “romantici” e colui che aprì la strada verso l’arte contemporanea.

 

Dal 12 gennaio al 25 febbraio sarà possibile vedere due opere di questi artisti per la prima volta nella stessa stanza. Parliamo di Buona Ventura (1597) per Caravaggio e Il Parasole (1777) per Goya. Le tele, sebbene siano state realizzate a distanza di oltre un secolo l’una dall’altra, si parlano e comunicano in un linguaggio eterno e comprensibile ancora oggi. In particolare il progetto espositivo intende mettere in risalto come i due grandi artisti si fecero magistrali interpreti della società del loro tempo e come l’abbiano descritta, introducendo nel loro linguaggio figurativo rivoluzionarie novità iconografiche e stilistiche.

 

L’INCONTRO

 

L’iniziativa “Goya e Caravaggio: verità e ribellione” è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e gli apparati didattici sono a cura di Federica Papi e Chiara Smeraldi. Organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

 

L’arrivo della tela è il frutto di una strategia culturale di interscambio di opere d’arte promossa dalla Sovrintendenza Capitolina in collaborazione con rinomate istituzioni museali italiane e internazionali. Il Museo Nazionale del Prado ha concesso il dipinto di Goya come controprestito in occasione della mostra “Guido Reni” presso il Museo Nazionale del Prado, esponendo così un’opera significativa in uno scenario artistico diverso.

 

Numerose sono le similitudini: sia le tele appartengono al periodo giovanile degli artisti, in entrambe sono raffigurati una donna e un uomo, sia perché dipingono con “accuratezza” una scena di vita quotidiana dell’epoca contemporanea. Mostrano quei segni di “disobbedienza” nei confronti delle convenzioni stilistiche e iconografiche stabilite dalle norme e dalle regole accademiche del loro periodo storico.

GOYA

Il Parasole, 1777, Francisco José de Goya y Lucientes, olio su tela, cm 104 x 152, Madrid, Museo Nazionale del Prado, inv. 773.

Il dipinto, noto con il titolo spagnolo “El Quitasol”, è uno dei cartoni preparatori per il ciclo di arazzi commissionati a Goya nel 1774 per decorare la sala da pranzo del Palazzo del Pardo a Madrid, residenza di caccia dei principi delle Asturie, il futuro re Carlo IV e sua moglie Maria Luisa di Parma. Il bozzetto del “Parasole” fu consegnato alla Real Fabrica di Santa Barbara il 12 agosto 1777 e raffigura una ragazza seduta su una riva, protetta dall’ombra di un parasole tenuto da un ragazzo accanto a lei.

Sebbene fosse destinato a essere un modello per gli arazzi, il dipinto rappresenta uno dei migliori esempi della pittura giovanile di Goya, fortemente influenzata dalle opere di artisti come Giambattista Tiepolo e Anton Raphael Mengs. La scena ritrae una giovane donna di classe popolare, una maja, e un giovane uomo, un majo, in un contesto realistico e contemporaneo. La composizione è caratterizzata da una prospettiva dal basso verso l’alto e da una luce vibrante che mette in risalto i colori vivaci dei vestiti della donna e dei dettagli circostanti.

L’opera riflette l’aria di seduzione e gioco amoroso tra i due personaggi, con particolare attenzione ai dettagli come il ventaglio chiuso tenuto dalla donna e il cagnolino accucciato sul suo grembo. La tecnica pittorica di Goya, con colori vibranti stesi direttamente sulla tela e effetti di luce ottenuti con il bianco di piombo, mostra la sua conoscenza dell’arte rinascimentale veneziana e del Seicento italiano, interpretata attraverso un occhio moderno.

Inoltre, il dipinto sembra trasmettere un significato allegorico di “Vanitas”, che richiama alla transitorietà della bellezza e della giovinezza, evidenziata dai due giovani ritratti nell’opera.

CARAVAGGIO

Buona Ventura, 1597, Michelangelo Merisi da Caravaggio, olio su tela, cm 115 x 150, Roma, Musei Capitolini, inv. PC 131

Il dipinto “La Buona Ventura” di Caravaggio ha una storia interessante. Originariamente appartenne al cardinale Francesco Maria del Monte nel 1627, ma nel 1628 fu acquistato dal cardinale Carlo Emanuele Pio. Dopo essere rimasto nella sua collezione fino al 1750, fu ceduto insieme ad altre opere alla Reverenda Camera Apostolica e poi entrò a far parte della Galleria dei Quadri fondata sul Campidoglio da papa Benedetto XIV nel 1748.

Il dipinto, datato al 1597, è uno dei primi lavori certi eseguiti da Caravaggio durante i suoi primi anni a Roma e rappresenta uno dei suoi più importanti contributi alla pittura. La scena ritrae un episodio di vita quotidiana nella Roma del tardo Cinquecento, con una zingara e un giovane cavaliere come protagonisti, entrambi vestiti con abiti contemporanei.

Tuttavia, oltre alla sua rappresentazione realistica di una scena di genere, il dipinto nasconde anche un’allegoria morale. La zingara, fingendo di leggere il futuro al cavaliere, gli sottrae l’anello dal dito, simboleggiando un avvertimento contro l’inganno e la seduzione dei falsi profeti.

 

Altre INFO:

Goya e Caravaggio: verità e ribellione

Musei Capitolini – Palazzo dei Conservatori – Pinacoteca – Sala Santa Petronilla

Piazza del Campidoglio, 1 

Orari tutti i giorni 9.30 – 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima).

L’accesso è gratuito e consentito ai detentori del biglietto di accesso ai Musei Capitolini e ai detentori del biglietto per le esposizioni in essi ospitate, secondo la corrente tariffazione

Ingresso gratuito con la MIC Card.

 

Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)

www.museicapitolini.org; www.museiincomuneroma.it

 

Ufficio stampa Zètema Progetto Cultura

Chiara Sanginiti (+39) 340 4206787 c.sanginiti@zetema.it

Anna Maria Baiamonte (+39) 348 2696259  a.baiamonte@zetema.it

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