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Barbara De Rossi e Francesco Branchetti di nuovo insieme con “Un Grande Grido d’amore”

      Intervista a Francesco Branchetti

Barbara De Rossi e Francesco Branchetti di nuovo insieme sul palcoscenico con uno spettacolo tutto nuovo, davvero coinvolgente: dal 10 gennaio, infatti, i due straordinari interpreti, protagonisti negli ultimi anni di numerose rappresentazioni di successo, porteranno in giro per l’Italia “Un grande grido d’amore” di Josiane Balansko con la traduzione di Davide Norisco e la regia dello stesso Francesco Branchetti. In scena anche Isabella Giannone e Simone Lambertini, musiche originali di Pino Cangialosi. Da Milano a Napoli, passando per Torino, Firenze e tantissime altre città, la commedia attraverserà l’Italia in lungo e largo, toccando numerose regioni, con una lunga e impegnativa tournée.

Al centro della vicenda i protagonisti Gigì Ortega e Hugo Martial, attori e coppia famosissima anni prima, fino all’abbandono delle scene da parte di lei e il conseguente declino della carriera di lui. La rinuncia improvvisa di un’attrice, protagonista con Martial di uno spettacolo pronto al debutto, fornisce all’agente il pretesto per tentare di formare di nuovo la mitica coppia e garantire il successo dello show. Da qui una serie di stratagemmi e imbrogli per convincere gli attori a tornare insieme e una serie di esilaranti situazioni ed equivoci in un’atmosfera spesso deflagrante, ricca di suspense ma anche di tenerezza.

“La fortuna scenica di Josiane Balasko – spiega il regista Francesco Branchetti –  è un fenomeno conosciuto che negli anni è diventato sempre più clamoroso. Ormai non c’è palcoscenico importante del mondo che non abbia ospitato una sua commedia e i suoi testi riscuotono ovunque straordinari successi.

L’estro e la genialità drammaturgica dell’autrice, in questo testo, ha caratteristiche molto precise – continua Branchetti – a poco a poco, senza quasi darlo a vedere, dall’ atmosfera da commedia, che vive sulla perfezione dei meccanismi e su un dialogo sfavillante e teatralmente perfetto, si passa a qualcosa di molto profondo che ci regala anche momenti di grande poesia e umanità; I personaggi  caratterizzati in maniera straordinaria,  non sono  solo pedine dell’azione scenica, ma si trasformano  in personaggi identificabili e riconoscibili di un ambiente, come quello del teatro e dello spettacolo, colti nei tic, nelle frustrazioni e nelle ambizioni spesso sbagliate o comunque bizzarre della loro esistenza.

Messaggio implicito – conclude il regista –  è, sempre e comunque, che finché si riesce a ridere della propria paralisi comportamentale e sociale, c’è speranza. La regia intende restituire al testo anche la straordinaria capacità d’indagare l’animo umano e le tortuose relazioni che abbiamo con noi stessi e poi con gli altri; ansie, paure, malesseri, malinconie, dolori, solitudini si confondono in una danza forsennata in cui si alternano momenti comici e momenti intrisi di profonda umanità e poesia, che ci trascina nel “privato” di un rapporto, di una relazione, di un incontro tra un uomo e una donna “.

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