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“Youth in Iceland”: come l’Islanda ha cambiato gli adolescenti

Stando ai dati raccolti in Italia dall’Osservatorio Adolescenti di Telefono Azzurro e DoxaKids nel 2014, emerge che al 50,6 degli intervistati (dagli 11 ai 19 anni) è capitato di bere alcolici, e il 49,9 % di questi (quindi la quasi totalità) dichiara di essersi ubriacato. A rendere ancora più preoccupanti gli esiti di tale indagine quel 13% di intervistati che ammette poi di far uso di droghe.  Non sembra  difficile, stando ai fatti di cronaca raccontati dalla televisione e dai giornali, dedurre che questi dati, negli ultimi due anni, sono andati ancor più aggravandosi. Nonostante si tratti di un fenomeno diffuso non solo in Italia, possiamo però parlare di una vera e propria eccezione: l’Islanda infatti, in poco meno di 20 anni, è riuscita nell’impresa di ridurre estremamente le percentuali dei giovani che fanno uso di alcolici o sostanze stupefacenti.Vediamo come ha fatto!

Gli adolescenti islandesi, fino a qualche decennio fa, sono stati protagonisti di un record che li vedeva come tra i più pesanti consumatori di alcol e droga in Europa. Dire che oggi le cose sono cambiate sarebbe forse troppo riduttivo: uno studio pubblicato da Mosaic Science ci informa infatti che oggi i giovani residenti in Islanda risultano addirittura essere i più “puliti” al mondo. Questo risultato, certamente strabiliante, è stato possibile grazie all’applicazione di un programma noto come “Youth in Iceland”.  L’idea nasce nella lontana America,  a New York per la precisione. È qui che Harvey Milkman scrive la sua tesi di dottorato su come la predisposizione nella gestione dello stress sia una variabile non da poco nel consumo di eroina e anfetamine.  Nel 1991 Milkman viene invitato per la prima volta in Islanda per parlare dei suoi studi; in quegli anni i ragazzi islandesi vengono quindi sottoposti a più questionari, i quali, oltre  a percentuali preoccupanti, hanno portato alla luce  un dato di grande importanza. Dalle risposte fornite si evince infatti come gli adolescenti che praticano sport e hanno un buon rapporto con la famiglia siano meno inclini al consumo di alcol e stupefacenti. È proprio questo il punto di forza dello “Youth in Iceland”: impegnare i ragazzi in attività sportive e ricreative da un lato, e coltivare il rapporto con la famiglia e la scuola dall’altro.

Pragmaticamente parlando dunque, il Governo islandese si è dato molto da fare. Oltre al coinvolgimento diretto di genitori e docenti, le istituzioni si sono occupate di vietare l’acquisto di sigarette ai minori di 18 anni e l’acquisto di alcol a chi non ne avesse ancora compiuti 20. Lo stesso Governo si è poi occupato di eliminare le pubblicità inerenti bevande alcoliche e fumo ed ha perfino introdotto un coprifuoco per i ragazzi tra i 13 e i 16 anni: le 22 per il periodo invernale e le 24 per il periodo estivo. Infine si è provveduto all’introduzione di moltissime attività sportive e artistiche, con la possibilità di  ricevere aiuti statali per le famiglie meno abbienti.

Il successo di tale progetto non ha bisogno di essere raccontato: i dati parlano chiaro. Nel 1998 ben il 48% degli adolescenti era solito “sbronzarsi” e fare uso di droghe, oggi la percentuale è solo del 5%. Una situazione quella islandese che appare estremamente distante da quella italiana; il nostro Paese infatti  presenta una percentuale del 37% di ragazzi di età compresa tra i 15 e i 16 anni che fumano, percentuale che supera di molti punti la media europea del 21%. Non solo in Italia tuttavia sarebbe opportuno agire così come hanno agito le istituzioni politiche islandesi, ma l’idea non sembra però essere bene accetta.

Il perché? L’unica spiegazione plausibile al momento è la riluttanza dei governi ad assumersi questo tipo di impegno.

Marika Catalani

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