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Masterclass di Alice nella Città su Invelle: una guida alla lettura attraverso le parole dell’autore Simone Massi

Incontro con Simone Massi

RadioSapienza e Cinemonitor alla Festa di Roma con Alice nella Città

Nella giornata di ieri, venerdì 20 ottobre, presso Casa di Alice si è svolta nella sezione autonoma di Alice nella Città del Festival del Cinema di Roma la Masterclass tenuta da Simone Massi, regista di Invelle, suo primo lungometraggio.

Invelle: il primo lungometraggio di Simone Massi

Dopo 25 anni di corti, il film ottiene da subito un posto alla Mostra del Cinema di Venezia fino ad arrivare al Festival del Cinema di Roma. Massi si avvicina al tema della Resistenza con un concorso per il cinquantesimo Anniversario della Liberazione al quale partecipa da giovane, presentando un cortometraggio intitolato “Immemoria” e da lì il tema gli sarà sempre caro.

Il susseguirsi di animazioni hanno come incipit il 1918 in cui Zelinda, una delle protagoniste della storia, con il suo fazzoletto rosso sopra il capo, vive tra i contadini provati dalla guerra e dalla miseria delle messi. Non può andare a scuola, serve il suo aiuto a casa. nel Nel 1943, quasi vent’anni dopo, inizia la storia di Assunta, anche lei una piccola contadina che cerca di evadere da quelle terre e dal conflitto anche soltanto con la fantasia. Finiscono le guerre, arrivano gli anni di piombo, arriva Icaro nel 1978 che riesce in quello che i suoi avi hanno tanto sognato e lascia le campagne. 

Masterclass con Simone Massi: il registra racconta il suo approccio creativo

Simone Massi vive ancora oggi nell’entroterra marchigiano, in quei paesi dove hai visto tutto, conosci tutti e tutti hanno qualcosa da raccontare. Le “storie con la minuscola” che ci racconta Massi in Invelle sono raccolte attraverso la ricerca diretta con le persone, le piccole storie che compongono la storia più grande. Sono molte le coppie che compongono il film. “Io sogno in bianco e nero”  – racconta il regista – “in tutte le immagini che mi arrivavano il colore non esisteva”. Infatti, sono pochissimi i colori usati dal regista nei suoi lavori, solo il rosso può considerarsi un intruso. 

Le figure stesse hanno una doppia anima: sono statiche, a tratti immobili, ma l’assenza di stacchi rende il lungometraggio un fluire continuo. Infine, disegni e audio, visibile e invisibile. I canti popolari e i suoni della natura  (a cura di Lorenzo Danesin, Riccardo Studer e Stefano Sasso), uniti al dialetto marchigiano, trasportano lo spettatore nelle campagne dove vivono i personaggi. 

Nel lavoro di Simone Massi numerosi sono gli elementi che lo riportano alle sue origini operaie. Preferisce utilizzare strumenti come il carboncino o la grafite al digitale, ama il contatto, la grana, “sporcarsi le mani”. Sono proprio quest’ultime le protagoniste nascoste sempre presenti sullo schermo. Con le mani si disegna, si lavora la terra, si raccolgono i suoi frutti, si stende la pasta, si imbraccia un fucile.  Protese verso lo spettatore, le mani del regista ci donano le testimonianze e la memoria di tutti coloro che altrimenti sarebbero dimenticati dai grandi manuali di storia.

Carola Vannimartini

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