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Teocrazia e Tecnocrazia: concetti sinonimi o slegati?

      Intervista al prof. Andrea Pitasi (online-audio-converter.com)

Giovedì 3 maggio, presso l’Aula Multimediale del Palazzo del Rettorato della Sapienza, si è svolto il convegno Teocrazia e Tecnocrazia organizzato dalla Fondazione Roma Sapienza, rappresentata dal suo presidente Antonello Folco Biagini e dalla Nuova Accademia, a sua volta, rappresentata dal presidente Guglielmo Chiodi.

Alla conferenza, tenuta nella mattinata, hanno partecipato quattro illustri professori provenienti da università diverse ed esperti di discipline differenti: il prof. Marco Boccaccio dell’Università di Perugia, il prof. Claudio Consalvo Corduas dell’Università La Sapienza di Roma, il prof. Andrea Pitasi dell’Università di Chieti-Pescara e la prof.ssa Leila Karami dell’Università La Sapienza di Roma. Il convegno è stato coordinato dal prof. Roberto Pasca di Magliano e presieduto dalla prof.ssa Elena Gagliasso. L’obiettivo del meeting era proprio quello di incoraggiare una discussione tra studiosi di materie diverse come il diritto, l’economia, la matematica, la politologia e la sociologia, per analizzare con quali modalità viene esercitato il dominio della Teocrazia e della Tecnocrazia nei rispettivi ambiti disciplinari.

Il primo a prendere parola è stato il professor Roberto Pasca di Magliano, docente di Economia Politica alla Sapienza, che ha introdotto il tema del convegno dando una breve definizione di Teocrazia e Tecnocrazia, illustrandoli come concetti apparentemente distanti anche se mostrano degli aspetti in comune.

La Teocrazia è un sistema di governo che si ispira a valori religiosi e pensieri tradotti dal clero e che attraverso il suo potere applica la volontà di Dio. I paesi che utilizzano questo sistema di governo sono l’Arabia Saudita, l’Iran, il Vaticano, il Monte Athos; in seguito ci sono dei paesi in cui la figura del capo dello Stato coincide con quella del capo della Chiesa come nel Regno Unito, in Norvegia, in Andorra e in Israele anche se il governo ha una propria autonomia rispetto all’istituzione religiosa.

La Tecnocrazia, invece, è generata da scelte politiche di governi democratici e si occupa in modo principale della sfera tecnica. Il suo compito è quello di migliorare le scelte politiche di un paese, in quanto le decisioni politiche sono affidate ad un gruppo di “tecnici”, cioè a degli esperti in materie specifiche. In conclusione del suo intervento il professore ritiene che i due concetti sono parenti lontani che non hanno molto in comune.

Primo relatore del seminario è stato il prof. Marco Boccaccio, docente di Economia Finanziaria. La sua allocuzione ha cercato di mettere in luce quale correlazione ci sia tra la Teocrazia e la Tecnocrazia, connessione che si trova nel concetto di progresso che da un lato porta alla laicizzazione dei costumi e dall’altro ad un cambiamento contenutistico. Il professore ha affermato che l’avanzata tecnologica abbia avuto un impatto profondo sulla comunità civile odierna in quanto ogni individuo si sente parte di un sentimento comune, un humus religioso, ma solo pochi raggiungono una conoscenza totalitaria. Per realizzare questo processo la società ha bisogno di delegare alle macchine il proprio lavoro, o meglio a coloro che le gestiscono. Il discorso rispecchia il problema odierno della diffusione di dati personali inseriti su internet, perché la diffusione dei social network come facebook o instagram ha fatto sì che ogni individuo carichi elementi personali sulle varie piattaforme. L’azione è puramente volontaria e non c’è nessuna coercizione di carattere fisico, ma quella divulgazione diventa informazione che permette a terzi di gestire i dati raccolti come desidera. Quindi il professore ne deduce che in base alle forme assunte dalla tecnocrazia, questa possa essere assimilita alla teocrazia

Il secondo intervento è stato quello del prof. Claudio Consalvo Corduas, docente di Economia applicata. Proprio da questo punto di vista ha affrontato la questione Teocrazia-Tecnocrazia ritenendo che questi termini sono due espressioni dell’aspetto umano e giuridico che riguardano la crazia cioè la capacità di governo. Per rendere meglio la questione, il professore ha fatto riferimento all’Unione europea, la quale nonostante esista dal 1993 con il Trattato di Maastricht non ha una propria costituzione. Al momento, a colmare questo vuoto, ci sono i Trattati europei che prevalgono sui diritti nazionali e che hanno una loro costituzionalità. Il docente ha affermato che la realtà costituzionale europea si può assimilare a quella del Common Law (cioè un modello di ordinamento giuridico, di origine britannica, basato sui precedenti giurisprudenziali più che su codici). Nonostante il modello europeo si avvicini a quello tecnocratico come espressione dell’organizzazione umana, questo non può sostituire il potere politico. Quindi la tecnica pur facendosi all’efficienza è sempre subordinata all’elemento costituzionale, mentre la teocrazia prevale su questo elemento. Per concludere, il professore ha dichiarato che sarebbe positivo utilizzare la teocrazia e la tecnocrazia come principi dai quali partire per costruire una costituzione europea.

Il terzo interventoè stato quello del prof. Andrea Pitasi, docente di sociologia del diritto. Il suo intervento è iniziato sostenendo che la teocrazia non esiste, ma che è una forma di tecnocrazia di cui esistono tre tipi: la tecnocrazia positiva che è quella a cui si ispira il progetto dell’Unione europea; la tecnocrazia scientifica che emerge ogni volta quando si parla di referendum sul nucleare o OGM; la tecnocrazia simbolica grazie alla quale molte leggi anche internazionali nascono da combinazioni cosmopolite di simboli presi da culture diverse. In merito al terzo punto il professore ha svolto una riflessione più approfondita facendo riferimento in particolar modo a un esempio: il mito del bambino. Il mito è ambientato nell’Unione magrebina araba, formatasi nel 1989, che fonda la propria legge sul Corano. All’interno dell’ordinamento si parla di adulterio, la legge prevede che se una donna rimane incinta al di fuori del matrimonio questa deve essere lapidata. La legge non è modificabile. Venendo a contatto con le culture occidentali in cui non esiste una pena per l’adulterio, il legislatore magrebino per moderare la legge coranica è ricorso alla mitologia berbera in cui si raccontava che una donna potesse essere incinta per un arco di tempo di trent’anni a seguito dell’ultima notte d’amore trascorsa con il marito prima che questo partisse per la guerra. Nonostante l’assurdità del mito, ancora oggi, questo espediente viene utilizzato con la complicità dei medici che confermano la lunga gestazione. Tutto ciò viene fatto in nome di Allah, secondo la cui legge non è previsto che un bambino nasca al di fuori del matrimonio. Quindi, secondo il docente, teocrazia e tecnocrazia sono due facce della stessa medaglia.

Il quarto e ultimo intervento è stato quello della prof.ssa Leila Karami, esperta di studi di genere e della teologia dell’Islam. Il suo discorso ha avuto un’impronta storica e ha ripreso alcune vicende dell’Iran. L’intervento ha avuto inizio dalla rivoluzione degli anni ’80 dove durante la fondazione della repubblica si poneva l’attenzione su due termini quello di patto, inteso come rispetto dei principi e dei valori e quello di competenza delle cariche politiche. Il concetto di patto è uno dei fulcri dell’ideologia dell’Islam e del mondo musulmano e si trova alla base dei rapporti tra uomo e Dio. Infatti mediante un patto, un giuramento di reciproca alleanza, i capi della comunità islamica assumevano le proprie funzioni; il loro potere non era assoluto ma sottomesso all’approvazione della comunità islamica. Di conseguenza sin dal ’79 viene teorizzata la presenza dell’autorità del Giurisperito, quello che oggi è la guida suprema, come garante della congruenza tra il dettato del parlamento e i principi della Shari’a che si vogliono di origine divina, ma non sempre lo sono. Così dopo la formazione del governo nel ’79, l’Islam come religione fu recuperato per un uso politico e ideologico che fa da cornice tra le varie anime del potere iraniano. Qui nasce il primo dato paradossale in quanto, secondo la docente, l’Iran non può ritenersi una vera e propria teocrazia. Ciò si verifica perché spesso le masse utilizzano l’islam contro la politica. In conclusione l’islam politico permette all’islam religione di assumere valenze politico-istituzionali.

Quello che è emerso dai vari interventi è che i due termini Teocrazia e Tecnocrazia spesso assumono valenze simili, nonostante all’apparenza abbiano due significati diversi.

 

Laura D’Arpa