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“Se non ora quando”: l’impatto del covid su Roma

26/1/2022: la Sapienza proietta “Se non ora quando”, un documentario ideato e realizzato dalla prof. Marina Ciampi con la regia di Carlo Boni, girato a Roma all’inizio della pandemia, che ne tratta gli aspetti urbani, sociali, economici e umani. La voce del prof. Franco Ferrarotti e l’intervento di testimoni della cultura, dell’arte, dell’istruzione, delle forze dell’ordine e della religione raccontano l’impatto del virus nella capitale.

L’incontro si apre con l’intervento della rettrice Antonella Polimeni, secondo cui il documentario riporta alla memoria un momento difficile, testimonia un periodo che ha stravolto il nostro modo di vivere e indaga le trasformazioni dei nostri stili di vita. La rettrice è soddisfatta di come la Sapienza ha gestito l’emergenza: per esempio, della velocità con cui ha reso possibile la didattica a distanza. Infine, si dice orgogliosa di questa occasione per riflettere sulle condizioni sociali che hanno trasformato la nostra quotidianità.

Monica Lucarelli, assessore alle Attività produttive e alle Pari opportunità di Roma Capitale, esordisce parlando della trasformazione delle nostre vite e dei nostri rapporti sociali. È vero che con il covid le vendite online e la didattica a distanza hanno avuto un grande incremento. Tuttavia, la pandemia ha provocato una crisi profonda, soprattutto quella sanitaria. Molte donne sono state costrette a lavorare a casa insieme ai figli che facevano lezione online: questo – dice l’assessore – non era smart working. Gli anziani hanno sentito la mancanza degli affetti più cari. I giovani, nella fascia d’età in cui solitamente inizia la vita autonoma, si sono ritrovati dentro casa. La pandemia ha inciso sulla violenza sulle donne, visto l’aumento dei femminicidi, dovuto al fatto che si è stati per molte settimane chiusi in casa. Questi sono temi sui quali Monica Lucarelli propone di ragionare in futuro, assieme ai nuovi modelli di lavoro da diffondere nel territorio e non più nel centro della città.

Poi la parola passa a Maria CarmeIa Agodi, presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia. Secondo lei la pandemia, iniziata come un’emergenza sanitaria e trasformatasi in un fatto sociale, ha rappresentato una vera sfida per la sociologia italiana. Durante il lockdown, la scienza, l’expertise e il senso comune sono stati coinvolti in una negoziazione del significato. Nella prima fase la scienza ha decodificato la situazione, in quanto l’andamento del virus ci veniva comunicato attraverso il terribile bilancio dei bollettini quotidiani, mentre il senso comune applicava pratiche di condivisione, rassicurazione reciproca e fratellanza. Nella fase successiva, quando la diffusione del virus sembrava rallentare, hanno trovato spazio interpretazioni diverse, che davano forma alla consapevolezza delle condizioni preesistenti della pandemia e del lockdown. Secondo Agodi, dal documentario si evince come la sociologia trasformi la pandemia in un prisma, attraverso cui si riflettono le dimensioni di senso con cui può essere letta, e costruisca una propria lettura di ciò che la gente non riesce a cogliere, per via del silenzio di una Roma vuota del primo lockdown.

Tito Marci, preside della Facoltà di Scienze politiche, Sociologia e Comunicazione, conferisce al documentario un valore simbolico, emotivo, scientifico e sociologico. Il filmato rimanda a un momento iniziale della sociologia, nata per rendere visibile ciò che non si vede. Roma è vista proprio così: una sua voce nascosta diventa palese nel momento in cui quel luogo comune della capitale è privato della sua comunità.

Marina Ciampi, creatrice del documentario, spiega che è nato da due esigenze: testimoniare un momento straordinario per la capitale, e approfondire una Roma piombata nel silenzio e in una dimensione metafisica. Ciampi si è calata in questo deserto urbano: in questo silenzio Roma è riuscita a far parlare di sé attraverso la storia, l’arte e l’architettura. Roma non ha patito l’assenza dei suoi abitanti, semmai il contrario. Ciampi oltre al silenzio ha registrato anche la voce di testimoni privilegiati; ringrazia tutti coloro che hanno collaborato a questo documentario dedicato alla prof. Maria Immacolata Macioti.

Arriva finalmente il momento del documentario, che proietta le immagini di una Roma vuota (che saranno presenti durante tutto il filmato), dopo la decisione del primo lockdown nazionale da parte di Conte il 9 marzo 2020. Franco Ferrarotti dice che il virus regala la conversazione con noi stessi, il ritorno alla vita interiore e la grande solitudine. Quest’ultima però costa lacrime e sangue a molte persone che non possono permettersi nemmeno di comprare le cose basilari per sé e la propria famiglia: qui dunque la pandemia diventa una maledizione, una tortura quotidiana. La famiglia umana è un’unità fondamentale: nessuno può salvarsi da solo, ma bisogna farlo tutti insieme. Nella fase 2, il 14 aprile 2020, con tutte le precauzioni del caso riaprono le librerie, punti di riferimento e luoghi di scambio che accolgono idee e persone: le librerie possono anche allargare i propri clienti potenziali grazie alla vendita online. In questa fase si fa affidamento alla responsabilità delle persone, ecco perché ci sentiamo più insicuri. L’università è vuota, è chiusa ma mantiene i suoi servizi attivi tramite la didattica a distanza, nella quale gli studenti si trovano di fronte a un’immagine virtuale che però è la realtà. Le case di riposo proteggono gli anziani dai contagi e accolgono diverse persone che dormivano per strada. Molti anziani si sentono soli ma non hanno i dispositivi tecnologici per segnalarlo: ecco dunque che viene organizzata una sviolinata di più tappe fuori dalle abitazioni in varie zone di Roma; le persone rimangono felici di quest’iniziativa, perché sentivano il bisogno di leggerezza e buon umore. Riguardo la religione, è introdotta la messa in streaming, per raggiungere i malati o coloro che sono impossibilitati a uscire: questo è un modo per rimanere in contatto con la comunità. Il documentario termina con l’ultima riflessione di Ferrarotti, secondo il quale abbiamo riscoperto non solo la solidarietà, ma anche quest’unitarietà della famiglia umana. Occorre riconoscere il diritto umano per cui qualunque essere umano deve essere accettato e accolto. Tutti insieme dobbiamo ricostruire la fraternità umana.