RadioSapienza

Il Futuro Ascoltalo QUI. La radio ufficiale della Sapienza

17 Maggio: Giornata Internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia

Storia

È il 17 maggio del 2004 quando Louis Georges Tin – un’attivista per i diritti degli omosessuali e curatore del Dictionnaire de l’homophobie – decide di promuovere con la sua associazione, il comitato IDAHO (International Day Against Homophobia), la Giornata Internazionale contro omofobia, che viene però formalmente riconosciuta dall’Unione Europea e dalle Nazioni Unite nel 2007. Un giorno indubbiamente emblematico per la lotta contro le discriminazioni e le violenze di genere poiché, quattordici anni prima, il 17 maggio del 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva deciso di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.

Nonostante questa svolta nel panorama internazionale, continueranno ad essere dure e perpetue le lotte per la comunità omossessuale, tanto che lo stesso Louis George Tin nel 2006 decide di lanciare un appello per la depenalizzazione dell’omosessualità. L’appello viene accolto dall’Organizzazione Nazionale delle Nazioni Unite (ONU) un anno dopo, nel 2008, quando venne firmata e riconosciuta la depenalizzazione dell’omosessualità in 27 Paesi dell’Unione Europea.

Con gli anni però i soprusi e le violenze non si fermano: il problema dell’omofobia non sembra più essere l’unico, cominciano a destare sempre più attenzione, data la loro crescente diffusione, anche altre forme di odio, come la transfobia e la bifobia. Per sopperire a tali criticità si decide intraprendere una campagna di sensibilizzazione anche su questi due fronti: vengono introdotte così nella Giornata Internazionale dell’omofobia sia la transfobia nel 2009 che la biofobia nel 2015, prendendo ufficialmente il nome unificativo di Giornata Internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia – IDAHOBT (Internationa Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia) –.

La libertà di espressione è un diritto, ma anche il non essere discriminati lo è.

«L’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà» questi sono i valori per cui viene emanata nel 2000 la carta dei diritti fondamenti, condivisa da tutti gli Stati e i popoli dell’Unione Europea.

L’Articolo 21 di tale carta sancisce, infatti, il diritto di non essere discriminati vietando «qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.»

Dunque, qualsiasi forma di violenza o di abuso lenisce uno dei diritti primi del cittadino. L’omobitransfobia è una chiara forma di violazione di tale diritto, in quanto essa è un’«avversione ossessiva per gli omosessuali e l’omosessualità, i bisessuali e la bisessualità, i transessuali e la transessualità». Molto spesso la violenza verbale si tramuta in violenza fisica portando sempre più di frequente alla morte. In Italia sono in aumento i casi di violenza e abusi per motivi legati al genere. Sempre più individui si ritrovano a dover affrontare varie forme di odio che sembrano essere permeate nella società e nella cultura in cui tutti coabitiamo, a causa dell’intolleranza nei confronti di una loro libera scelta e libero diritto di esprimersi e di identificarsi.

Perché è importante la giornata internazionale contro l’omobitransfobia?

Innanzitutto, bisogna partire dal presupposto che la sensibilizzazione a scopi informativi e formativi è la prima via auspicabile che può fornire le giuste basi per la costruzione di una consapevolezza sociale e la fondazione di una società civile aperta che possa rende liberi. Su queste basi, il 27 novembre del 2000 l’Unione Europea emana la direttiva 2000/78/CE che sancisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Tra i punti su cui questa direttiva si fonda, al dodicesimo viene menzionata «la discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali» in quanto essa «può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone».

Con questa direttiva l’Unione Europea invita tutti gli Stati membri ad attuare piani d’azione e misure di prevenzione atte a tutelare e a garantire sia il diritto di equità e pari opportunità applicabili a tutti i contesti istituzionali, lavorativi, economici e sociali sia la lotta contro qualsiasi forma di discriminazione.

Prendendo in visione l’Articolo 103, paragrafo 4 del suo Regolamento, la Commissione decide di definire, al punto A, l’omofobia «come una paura e un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo» e che essa «si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all’obiezione di coscienza».

Nel 2007, viene approvato il regolamento ufficiale per combattere l’omofobia in Europa, con il quale il Parlamento Europeo invita gli Stati membri a proteggere le persone GLBT da tutte le forme di odio verbale e non verbale, condannando con «fermezza i discorsi omofobici carichi di odio o le istigazioni all’odio e alla violenza e a garantire l’effettivo rispetto della libertà di manifestazione, garantita da tutte le convenzioni in materia di diritti umani». Inoltre, tutti gli Stati membri sono invitati ad attuare «azioni pedagogiche attraverso campagne contro l’omofobia condotte nelle scuole, le università e i mezzi d’informazione, e anche per via amministrativa, giudiziaria e legislativa» ma, oltre alle campagne di sensibilizzazione, gli Stati europei sono invitati ad attuare «pacchetti antidiscrimazione» mediante la proposta di «nuove direttive o di un quadro generale che si estendano a tutti i motivi di discriminazione e a tutti i settori».

Proprio su quest’ultimo punto, in Italia, data la mancata presenza di una legge diretta a combattere l’omobintrasfobia, si colloca la proposta di legge del deputato democratico Alessandro Zan.

DDL ZAN

Il 4 novembre 2020 viene approvato alla Camera dei Deputati la proposta di legge contro l’omobitrasfobia conosciuta come DDL Zan, prendendo il nome dell’attivista per la comunità LGBTQ il deputato Zan, ma varata da numerosi membri della camera come Boldrini, Speranza, Braga, Borghi, Boschi e altri deputati.

Il disegno di legge Zan si pone come obiettivo l’attuazione di «misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità» utili a combattere tutte le forme di odio come l’omobitransfobia, l’abilismo e la misoginia. Il decreto prevede l’aggiunta di tali crimi d’odio con la modifica degli Articoli dall’1 all’8 presenti nella Legge Mancino sancita il 25 giugno 1993 n. 205: atto legislativo della Repubblica Italiana che sanziona e condanna tutte le forme aventi il fine di incitare all’odio, alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Con la legge Zan si arriverebbe a tutelare tutti quegli individui troppo a lungo considerati minoranze a cui non è stato dato ascolto, arrivando a essere considerati crimini penalmente perseguibili con l’aggravante delle forme d’odio fino ad oggi non incluse.

Ascoltate il podcast di Camilla Cavalli per approfondire il tema riguardante la legge Zan

 

Allegati