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Malika cacciata di casa perchè lesbica: serve la legge Zan

Malika, 22 anni è stata cacciata di casa perchè lesbica. L’ennesima storia di omotransfobia, nota sul web grazie al video- denuncia pubblicato da Fanpage. “Fai schifo” “ti venisse il cancro” le gridano i genitori al telefono. Così Malika si deve rivolgere ai carabinieri per recuperare i suoi effetti personali, senza rischiare di essere aggredita. L’unico espediente giuridico a disposizione degli inquirenti, per difendere la giovane di Castelfiorentino, è l’ipotesi di violenza privata, senza alcuna possibilità di aggravante per l’odio omofobico da cui è scaturita. La lacuna normativa è evidente: ci vorrebbe una legge apposita.

Una legge come il ddl Zan, che prevede la reclusione fino a 18 mesi o una multa fino a 6.000 euro, per chi commette atti di discriminazione fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità.

Ma questo progetto di legge fatica a vedere la luce. Dopo la sua approvazione alla Camera lo scorso novembre, in Senato, il ddl si è scontrato con l’ostruzionismo di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Infatti, nonostante le violenze contro la comunità lgtb+ siano all’ordine del giorno, il reato di omotransfobia per gran parte della destra non è una priorità. I diritti di Malika, a quanto pare, non sono urgenti.
Non a caso il presidente della Commissione di Giustizia, il leghista Ostellari, non ha evitato di provocare un ulteriore slittamento della discussione a Palazzo Madama, per obiezioni sulla procedibilità tecnica del ddl. Sulla base di marginali cavilli formali (l’accorpamento degli emendamenti al disegno di legge) le vittime dell’omotransfobia rimangono ancora senza alcuna tutela.

Fortunatamente sono arrivate parole di sostegno dal Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli: “La mia solidarietà a Malika, cacciata dalla famiglia e minacciata, senza la possibilità di tornare a prendere gli effetti personali. Questo accade perché è innamorata di una ragazza, e rivendica il diritto a vivere liberamente le scelte affettive”. Non si è tirata indietro neanche la comunità di Castelfiorentino (Firenze), e lo stesso sindaco Alessio Falorni (Pd), che hanno avviato una catena di solidarietà per non lasciare sola Malika. La prima a mobilitarsi è stata la cugina, Jasmine che ha aperto una raccolta fondi sulla piattaforma Gofundme e raggiunto la cifra di circa 10mila euro, con più di 600 donazioni.

Se la politica tarda a fare la sua parte, non si può che iniziare dall’attivismo dei singoli. Stringersi intorno a Malika e a ogni vittima di omotransfobia è di vitale importanza per non lasciare nell’ombra qualsiasi discriminazione che offenda la libertà affettiva e identitaria di ciascuno. La libertà di esistere non può essere seconda a nulla e qualche partito dovrebbe rivedere le sue priorità.

Giulia Di Censi

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