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Educazione alla legalità: il direttore della D.I.A. incontra gli studenti di Ingegneria

In occasione dell’incontro dal titolo “La mafia teme più la scuola o la giustizia?”, svoltosi il 2 Aprile 2019 presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “La Sapienza”, il Direttore della Direzione Investigativa AntimafiaGiuseppe Governale, ha preso parola di fronte agli studenti della Facoltà per discutere del problema della criminalità organizzata.

Obiettivo dell’incontro l’informazione ed educazione alla legalità di quei giovani che, nella futura professione, saranno dei possibili “anticorpi” per la “cultura mafiosa”. Giuseppe Governale ha infatti affermato che solo accrescendo il senso civico della futura classe dirigente ed educandola ad agire nella legalità è possibile combattere la mafia. Molto spesso infatti si sente parlare di essa per frasi fatte e come un fenomeno lontano ma, come ha dichiarato espressamente il generale, “dove c’è società civile, c’è mafia” di conseguenza è un problema che riguarda ognuno di noi, in quanto cittadino.

Ha inoltre spiegato le origini ed evoluzioni di Cosa Nostra mostrando quanto tutt’oggi sia un fenomeno particolarmente rilevante e in costante espansione. Preoccupanti sono infatti i dati statistici che registrano una sempre maggiore adesione da parte dei giovani alle organizzazioni mafiose. Il Generale ha definito quest’ultime dei parassiti che agiscono sopratutto dove c’è crisi, omertà e disinformazione, servendosi di diversi mezzi, l’ultimo dei quali è la violenza. Raccontando diversi episodi di cronaca ha mostrato come quest’ultima sia stata esercitata in passato a fasi alterne e come invece oggi le armi mafiose siano più silenziose ma non meno pericolose.

Ha inoltre invitato alla riflessione gli studenti, riportando interventi di noti uomini politici del passato. In particolare, Vittorio Emanuele Orlando (capo del Governo nel 1919), nel luglio 1925 dichiarò: “Se per mafia si intende il senso dell’onore portato fino all’esagerazione, l’insofferenza contro ogni prepotenza e sopraffazione, portata sino al parossismo, la generosità che fronteggia il forte ma induge al debole, la fedeltà alle amicizie, più forte di tutto, anche della morte; se per mafia s’intendono questi sentimenti, e questi atteggiamenti, sia pure con i loro eccessi, allora in tal senso si tratta di contrassegni individuali dell’anima siciliana, e mafioso mi dichiaro io e sono fiero di esserlo”.

Ventiquattro anni dopo, nel giugno 1949, il Ministro degli interni Scelba affermerà in Senato: “Se passa una ragazza formosa un siciliano vi dirà che è una ragazza mafiosa,se un ragazzo è precoce vi dirà che è mafioso. Si parla della mafia condita in tutte le salse,ma signori colleghi, mi pare che si esageri”. Due testimonianze, queste, di un atteggiamento assolutamente negligente dei politici del passato nei confronti della mafia.

Come contraltare, però, ha portato l’attenzione anche sulle vicende di quegli uomini che invece si sono battuti, fino alla morte, contro il fenomeno mafioso. Tra questi, Emanuele Notarbartolo (da cui prende nome la via dove è stato ucciso Paolo Borsellino), direttore del Banco di Palermo, ucciso dalla mafia per aver denunciato il riciclaggio illecito di denaro all’interno di questo.

L’incontro si è concluso con la proiezione di una scena tratta dalla trilogia de “Il Padrino” , del regista americano Francis Ford Coppola, nel quale sono evidenti i caratteri tipici dell’uomo mafioso, il quale maschera dietro il senso d’onore le proprie attività illecite, facendole apparire come giuste.

 

Al termine dell’incontro abbiamo intervistato Giuseppe Governale.

Intervista a Giuseppe Governale

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