Martedì 09 Aprile, tramite la sentenza 9216/2025, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero dell’Interno contro il verdetto emesso l’anno scorso dalla Corte d’Appello di Roma, secondo cui l’indicazione di “padre” e “madre” sulla carta d’identità di un minore sarebbe discriminatoria, in quanto non rappresentativa di tutti i tipi di famiglie che esistono oggi, come quelle formate da figli o figlie con due madri o con due padri. In altre parole, per la Cassazione la dicitura “genitore” è più che corretta.
La vicenda: una minore e due madri.
Correva l’anno 2019 quando, l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, firmò un decreto che modificava un testo del 2015 con la quale si reintroducevano nelle carte d’identità per i minori le dicitura di Padre e Madre al posto di quelle più generiche di genitori, nel tentativo di difendere il modello della “famiglia tradizionale”, formata cioè da un uomo e da una donna – da un padre e una madre – contro ogni altra forma di unione e relazione affettiva o genitoriale.
Ma nel 2020 una coppia di donne si rivolse al Tribunale Civile di Roma, chiedendo l’inapplicabilità del decreto per il loro singolo caso: una era la madre biologica di una bambina, l’altra l’aveva adottata attraverso la “step child adoption”, una procedura che permette l’adozione del figlio biologico del partner. Ma con la modifica apportata da Salvini, si produceva per le due donne una pesante distorsione della realtà, in quanto sulla carta d’identità della loro bambina una delle due madri appariva con il nome di “padre”. La coppia voleva un documento che rispecchiasse correttamente la loro situazione familiare. Subito il tribunale di primo grado diede ragione alle due madri, ordinando quindi di cambiare i termini “padre” e “madre” con quelli neutri di genitori sul documento. Ma è così che si susseguirono ricorsi su ricorsi: il Ministero dell’Interno si rivolse alla Corte d’Appello di Roma che però riconfermò la sentenza già emessa; è qui che si arriva alla Corte di Cassazione, terzo e ultimo grado di giudizio previsto dalla giustizia italiana, il cui compito è valutare che le norme siano state interpretate e applicate correttamente. Solo ieri, martedì 9 Aprile è arrivato la sentenza finale.
La risposta della Cassazione.
Quella della Corte di Cassazione è una sentenza destinata a fare storia: non solo respinge l’ennesimo ricorso emesso dal Ministro dell’interno dell’attuale governo, ma stabilisce come sia giusto e possibile riportare sulle carte d’identità dei propri figli minori le terminologie neutre di «genitori», anziché «padre» e «madre». E’ profondamente “discriminatorio” – queste le parole dei giudici della Corte Suprema – “usare madre o padre, in quanto non rappresentano la totalità delle famiglie di oggi, escludendo per esempio le coppie dello stesso sesso che hanno fatto ricorso all’adozione in casi particolari”.
Una vittoria importante questa per tutte le associazioni che si battano per i diritti civili. Alessandro Zan, deputato del PD, noto per il suo impegno a favore della comunità LGBTQ+, (promotore del DDL Zan, il disegno di legge contro l’omotransfobia) in merito a questa notizia dichiara come questa sia “una sentenza storica […] che ribadisce che non ci può essere alcuna discriminazione verso nessuna famiglia e soprattutto verso i bambini […]. E la furia ideologica e discriminatoria di questa destra prima con i decreti Salvini, poi con i continui ricorsi di Piantedosi, il tutto avallato da Giorgia Meloni che ha sempre sposato questa follia ideologica, dimostra che la destra non ha a cuore l’interesse delle bambine e dei bambini di questo Paese, ma vuole solo cavalcare, appunto una crociata ideologica. Ecco perché noi, in Italia e anche in Europa, nelle istituzioni dobbiamo lavorare perché siano superate ogni discriminazione, ogni disparità di trattamento […]“.
Al momento né Matteo Salvini né nessun altro rappresentante dell’attuale Governo, hanno rilasciato alcuna dichiarazione in merito.
Autore: Domenico Voddo.