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Patrimonio culturale e rigenerazione urbana: “Polisemia e integrazione”

      Intervista a Valentina Valentini

Ci troviamo in Via Flaminia 72, nel dipartimento PDTA dell’università di Roma “La Sapienza” per questo convegno che ha come obiettivo far leva su una concezione polisemica e integrativa del territorio.

Il convegno si apre con un’interessante presentazione del tema trattato e di coloro che interverranno da parte della coordinatrice e moderatrice Laura Ricci. 

Entriamo nel vivo del discorso con l’intervento di Lorenzo Casini (scuola IMT Alti studi Lucca) che, parlando di patrimonio culturale, si sofferma su tre aspetti: oggetto, strumenti e rapporto.

Come oggetto individua il patrimonio culturale stesso, come strumenti quelli a disposizione per sviluppare l’oggetto in questione e come rapporto l’analisi del rapporto stesso. Prosegue individuando tre diverse accezioni del patrimonio culturale: i beni culturali (aree archeologiche e siti archeologici); il paesaggio (i beni paesaggistici ricondotti ad un’idea più ampia di patrimonio culturale) e il patrimonio immateriale (non solo come patrimonio intangibile ai sensi della convenzione UNESCO, ma in riferimento alle attività culturali).

Nel suo intervento ci propone una linea per comprendere fino a che punto il patrimonio culturale può essere rigenerazione urbana e propone un’interessante linea di miglioramento dei rapporti tra patrimonio culturale e rigenerazione urbana perseguibile attraverso il ruolo del ministero della cultura, delle istituzioni culturali (oltre a musei, teatri e cinema anche chiese e centri di interesse religioso) e le esperienze positive di recupero (ad esempio il recupero di un’area per la formazione).

La parola viene data a Eliana Garofalo (creatività contemporanea MIC) che, tramite una dettagliata presentazione, illustra i progetti di rigenerazione legati alla cultura e alla creatività, finalizzati alla promozione delle arti contemporanee e alla promozione dei giovani artisti, talenti e della cultura in generale, è il caso del “Creative Living Lab”.

Nel presentare questa iniziativa (nata per finanziare progetti di rigenerazione urbana attraverso attività culturali e creative), emerge un dato interessante: la partecipazione di 1.600 partecipanti all’edizione post pandemica, ciò è la dimostrazione del grande fermento e della grande voglia di creare instaurando una collaborazione totale; segnale importante di apertura nei confronti di piccole e medie imprese. 

L’intervento di Pasquale Lucio Scandizzo (CEIS Università degli studi di Roma Tor Vergata) si basa su quattro punti principali: un cambio di paradigma nello sviluppo economico e sociale per sostenere la crescita sostenibile in un paesaggio integrato, una rigenerazione urbana volta a riorientare i processi di urbanizzazione, ridisegnando spazi e orari di lavoro e tempo libero, una opportunità di rigenerazione e ricerca di nuovi equilibri sostenibili, di soluzioni di vita più eque e più verdi; e, infine, un’attenzione ai beni del patrimonio.

Parliamo di un nuovo paradigma di crescita urbana con un nuovo modello di sviluppo che non sia solo materiale. Introduce la parola “exposoma” che, in riferimento allo spazio urbano, diventa un elemento importante, un insieme di esposizioni offerte durante la vita quotidiana.

Con la pandemia abbiamo scoperto la vulnerabilità delle città: diventate il fulcro della diffusione del virus hanno dimostrato di essere fragili e le economie di agglomerazioni sono divenute fonte di grandi rischi. L’esposoma urbano è, quindi, un concetto teorico di economia emerso dalla ricerca transdisciplinare, definito come l’insieme delle esposizioni ambientali e culturali associate alla vita urbana che suggerisce che il processo di rigenerazione urbana debba essere aperto e dinamico, basato su tre principi: circolarità, identità e coevoluzione.

Prende, poi, la parola Valentina Valentini (PDTA, Sapienza Università di Roma) che dopo un’analisi sulle periferie e sulle concessioni dei luoghi di cultura indipendenti illustra un interessante progetto di riqualificazione di una periferia di Roma: il Quarticciolo.

Il progetto si chiama “I giardini di Adone al Quarticciolo” ed è un’iniziativa in collaborazione con il Teatro Biblioteca del Quarticciolo che si focalizza sulla costruzione e la percezione delle aree verdi. Presenta, inoltre, i progetti realizzati presso il Teatro delle Ariette del Quarticciolo “La vita attorno a un tavolo” (file rintracciabile su “Vimeo”) e il progetto “Capolavori” che hanno attirato molte persone provenienti da altre zone di Roma in una realtà sì complessa, ma, dove è presente un grande fermento culturale.

Prende la parola Leandro Ventura (Direttore dell’Istituto Centrale Patrimonio Immateriale, MIC) che, tramite la presentazione di progetti per la riqualificazione e rigenerazione urbana, mostra come la valorizzazione del patrimonio culturale immateriale possa supportare la rinascita di un centro urbano e sottolinea quanto sia importante il lavoro sul patrimonio immateriale; a questo proposito cita la tradizione delle macchine a spalla. Il suo intervento si conclude con la considerazione che il patrimonio immateriale è elemento di crescita e rinascita.

L’ultimo intervento è quello di Giuliano Volpe (Università di Bari “Aldo Moro”) che afferma che “il patrimonio italiano non è fatto solo dei grandi siti UNESCO, la vera peculiarità del nostro patrimonio è la straordinaria diffusione e complessità. Prosegue sottoponendo all’attenzione di tutti il bisogno di uscire dalla logica settoriale del patrimonio culturale. A sostegno del suo discorso propone molti esempi tra cui Poggibonsi dove gli scavi archeologici hanno portato all’individuazione di un villaggio medievale che sta riportando flussi turistici e consapevolezza nella cittadinanza locale con risultati di interesse a livelli occupazionali; l’università degli studi “Roma Tre” dove, a seguito di alcuni studi circa la Via Appia, si è formata un’associazione per conoscere la storia stratificata; in Campania dove tramite un rapporto di partenariato pubblico e privato sono stati recuperati luoghi dismessi (creando, conseguentemente, occupazione). L’intervento si chiude con l’analisi del caso del Rione Sanità, un quartiere di periferia nel cuore della città di Napoli, quartiere da sempre in mano alla camorra dove c’è un grave problema di analfabetismo. I proventi di attività culturali volte a riscattare la zona hanno aiutato i residenti a godere della zona stessa e impiegare le proprie risorse in attività stimolanti.

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