Venerdì 11 aprile, l’Università La Sapienza ha avuto un’ospite d’onore: Patrick Zaki, ricercatore, attivista per i diritti umani e simbolo internazionale di libertà e resistenza. L’evento si è svolto all’interno del ciclo di incontri “Diritti al punto”, promosso dall’associazione Rotaract e con la collaborazione del movimento studentesco Sapienza Futura. La giornalista Giulia Torlone (Rai3 e La Repubblica), lo ha intervistato durante l’incontro.
Libertà in Egitto: com’è la situazione attuale?
La prima domanda che Giulia Torlone rivolge a Patrick riguarda proprio la condizione di libertà in Egitto. Purtroppo, Zaki conferma che la situazione in Egitto, ancora oggi, non è cambiata. Racconta, poi, delle trentasei ore di detenzione in cui ha subito torture fisiche e psicologiche. Nonostante ciò, ha definito queste ore come una sorta di “grazia”, se paragonata alla tragica sorte di coloro che, come Giulio Regeni, sono morti. Con questo, spiega che non vuole sminuire il dolore che ha vissuto, quanto piuttosto ricordare al pubblico – con ferma consapevolezza – quanto sia stato privilegiato per il supporto ricevuto e che altri non hanno potuto avere. Essendo rimasta uguale la situazione in Egitto, ed essendoci altri paesi in cui la libertà è costantemente minacciata, ha ribadito al pubblico l’importanza di proteggere la nostra libertà, di espressione e di pensiero, in ogni luogo.
“I libri mi hanno salvato la vita”
Patrick, successivamente, ha rivelato al pubblico il ruolo importante che hanno avuto i libri durante la prigionia: in carcere, racconta, non gli permettevano, inizialmente, nemmeno di leggere un romanzo o i giorni. Ricorda che qualcuno diceva che i libri sono stati l’inizio della nostra incursione nell’illegalità e spiega che, la vera tortura era proprio la mancanza d’informazione, il non sapere cosa stava succedendo nel mondo. I giornali e i libri, per lui, erano molto più importanti del cibo: erano ciò che gli permetteva di restare vivo mentalmente e di resistere. “I libri mi hanno salvato la vita”, ha dichiarato prontamente.
Lottare contro l’epistemicidio
Durante l’incontro, Patrick arriva a tracciare un tema delicato con un termine abbastanza particolare: epistemicidio. Quest’ultimo non è altro che il genocidio della cultura, qualcosa di molto pericoloso a cui bisogna fare attenzione. Ci sono alcuni Paesi in cui vengono praticate questo tipo di violenze, come a Gaza e in Palestina, dove agli studenti viene negato il diritto allo studio.
Ha invitato il pubblico a riflettere sul concetto di democrazia: per ognuno ha una definizione diversa. Bisognerebbe chiedersi: vogliamo una democrazia esclusiva, di cui pochi possono beneficiare, o una democrazia inclusiva, di cui possono beneficiare tutti?
La prigionia, una cicatrice
Zaki, rivela, infine, che la sua esperienza di prigionia gli ha lasciato una cicatrice profonda. Quello che ha vissuto, ha cambiato il suo modo di vedere la realtà e la sua stessa idea di libertà. Con commozione, ha ricordato anche il caso di Giulio Regeni affermando che senza di lui, il mondo forse non avrebbe conosciuto la sua storia: sostiene che è stato proprio il caso di Regeni a spingere l’Italia a mobilitarsi ancora di più, per evitare che morisse qualcun altro.
Fare rumore
Ha concluso l’incontro con un appello: rispettare i diritti e le leggi, ma soprattutto rispettare i diritti umani perché viviamo in un momento oscuro e particolare. Ha nominato, con rispetto e stima, il movimento femminista italiano e la sua capacità di fare rumore: non bisogna stare in silenzio ma fare rumore.
Dunque, Patrick Zaki ci ha fatto capire che bisogna avere il coraggio di lottare contro chi non rispetta i diritti e l’essere umano: il silenzio non è altro che un atto di vigliaccheria. Il silenzio ci isola dalla nostra condizione di esseri umani in quanto tali. Fare rumore e lottare per i diritti, soprattutto di chi non ne ha, è l’atto più grande che abbiamo il dovere di fare.
Trovi qui la video intervista completa!
Articolo e intervista a cura di Alessandra Marino