Nel tentativo di comprendere Paolo, occorre dapprima restituirlo alla storia: non un cristiano ante litteram, ma a tutti gli effetti un “ebreo del suo tempo”. È questo il focus dell’appuntamento che si è tenuto il 30 maggio, alle ore 10:00 in Aula Frugoni del Dipartimento SARAS in Sapienza, per la presentazione del libro “Paolo di tarso, un ebreo del suo tempo” . Scritto da Giovanni Boccaccini e Giulio Mariotti, , il libro ha sollevato una serie di analisi critiche da parte dei relatori Gaetano Lettieri, Alberto Camplani, Francesco Berno e Daniele Minisini (Sapienza).
Paolo, un ebreo dimenticato

“Paolo di Tarso, un ebreo del suo tempo” restituisce una rilettura radicale dell’identità dell’apostolo Paolo. Con un certo rigore storiografico e coerenza argomentativa (come hanno sottolineato tutti i relatori), Boccaccini e Mariotti chiariscono l’idea di un Paolo che è, fino in fondo, un ebreo apocalittico. il volume finisce per smontare quell’idea, diffusa per secoli, di una rottura tra Paolo e il giudaismo, proponendo una visione abbastanza elastica della realtà ebrea.
L’incontro-scontro tra gli esperti
Il tentativo del libro, lo abbiamo detto, è quello di restituire la figura di Paolo di Tarso al suo contesto originario: il giudaismo. L’incontro ha coinvolto un pubblico di studenti e appassionati, in occasione del “Laboratorio di Mistica”; i contributi critici degli studiosi, in particolare di Lettieri (docente di Storia del Cristianesimo, Sapienza), sono stati rilevanti per non ricalcare quella falsa riga della mera accondiscendenza che di solito segna le presentazioni di libri.
Quello del prof. Lettieri è stato un intervento che aveva tutte le intenzioni di generare un confronto reale con gli stessi autori, cercando di stimolare anche gli studenti ad una visione critica. Tra queste, da una parte la provocazione secondo cui, sostenendo la tesi portata avanti dal libro, si giunga a poter guardare il cristianesimo come una millenaria “teologia dell’equivoco”; dall’altra, il senso di colpa del cristianesimo che serpeggia rispetto all’antigiudaismo che ha segnato una delle pagine più grigie della storia europea e mondiale: la shoah.
Insomma, è stata un’occasione per costruire un dibattito costruttivo, aperto e strutturato, capace di portare in luce una lettura tutto sommato moderna di una figura che nei secoli è rimasta centrale nello studio della storia delle religioni.
Articolo di Alessandro Romagnoli