Il 30 Aprile si celebra la giornata internazionale del jazz. Per l’occasione, il Nuovo Teatro Ateneo dell’Università Sapienza di Roma ospiterà il concerto di Musa Jazz in collaborazione con la Polyband di Zurigo, nella serata di giovedì 8 Maggio a partire dalle ore 19:00.
La giornata è stata istituita nel 2012 dall’Unesco su proposta del pianista e compositore Herbie Hancock, ambasciatore per il dialogo interculturale. Diplomatico è l’aggettivo che l’Unesco ha scelto per descrivere il ruolo che il jazz assume all’interno del panorama musicale e culturale mondiale: fin dalle origini infatti, il jazz si è espanso nel tessuto sociale ed è riuscito a unire persone provenienti da ceti sociali diversi nel solo nome della musica e del ritmo che lo caratterizza. Per questo motivo, secondo Hancock, il jazz oggi si pone come un genere promotore di rispetto verso le diversità culturali, perché, oltre all’arte di saper vivere il momento, insegna il saper lavorare insieme e il rispetto dell’altro.

Che cos’è il jazz? Il cantante e musicista jazz americano Louis Armstrong a domanda rispose: se lo devi chiedere, non lo saprai mai. Ed è effettivamente così. In questa frase è racchiusa l’essenza del jazz. E’ sicuramente un genere musicale a sé, ma questa è un’etichetta forse troppo riduttiva, perché il jazz non è univoco: è capace di evolversi continuamente, tanto che non è possibile darne una sola definizione. Questo aspetto è chiaro ai primi musicisti di jazz fin dalla sua nascita: durante i primi anni del Novecento negli Stati Uniti, a New Orleans, il nuovo genere, figlio delle trasformazioni sociali e culturali che stavano attraversando quel periodo storico-la comunità afroamericana era stata da poco liberata dalla schiavitù-inizia a diffondersi, soprattutto nel Sud del paese, risentendo fortemente della tradizione musicale della cultura afroamericana. Non si può sapere con esattezza come fosse in origine il suono del jazz, perché le prime registrazioni discografiche compaiono successivamente, ma si può immaginare chi fossero i protagonisti: strumenti a fiato come la tromba, il clarinetto e il trombone, accompagnati dal contrabbasso, batteria e banjo, che inizialmente venivano suonati dai piccoli gruppi di musicisti di New Orleans.
Il jazz nato dal cuore dell’America afroamericana ha trovato in Italia un terreno fertile per svilupparsi: inizialmente, tra gli anni ‘20 e ‘30 veniva suonato nei club notturni di Napoli, Roma e Milano, città che per prime hanno ospitato le tournée europee dei jazzisti americani; successivamente, anche i musicisti italiani iniziarono a dedicarsi al genere, sviluppando una forma originale che mescolava la tradizione afroamericana con lo stile italiano. Tuttavia, la diffusione del jazz in Italia non è stata lineare e semplice: i musicisti lo apprezzarono fin da subito, ma dai più era visto con diffidenza, a causa del clima culturale presente nell’Italia di quegli anni. Il regime fascista soffocava ogni tipo di contaminazione artistica e infatti il jazz fu considerato “musica degenerata”, perché le influenze afro americane e in un secondo momento anglosassoni non erano compatibili con l’ideologia dominante. Per un periodo le censure portarono a cambiare i nomi dei brani o a vietare del tutto alcuni, ma dopo la seconda guerra mondiale, con la fine del regime e la presenza degli alleati americani, il jazz esplose anche in Italia.