Il 6 giugno, negli spazi del Palazzo del Rettorato della Sapienza Università di Roma, si è inaugurata la mostra Le fotografe del cinema nell’Italia del dopoguerra, a cura di Irene Caravita e Raffaella Perna. Un progetto che nasce dall’evoluzione del PRIN 2017 DAMA e si intreccia oggi con il più recente WOW – Women Writing Around the Camera (PRIN 2022), restituendo centralità a un triangolo tematico tanto affascinante quanto trascurato: cinema, donne, fotografia.
La mostra – introdotta da Raffaella Perna e accompagnata dai saluti di Ilaria Schiaffini, direttrice del Museo Laboratorio di Arte Contemporanea (MLAC) – si fonda su un’importante operazione di scavo negli archivi, pubblici e privati. Il materiale esposto, infatti, racconta una storia sommersa: quella delle fotografe che, nel dopoguerra, hanno saputo portare il cinema oltre le sale, attraverso l’obiettivo.
La fotografia di scena è, per sua natura, duplice: da un lato documento, dall’altro strumento di comunicazione e promozione. Nel secondo dopoguerra, questo ambito ha visto emergere figure femminili determinanti, che hanno restituito immagini capaci di fissare non solo attori e attrici, ma anche i mutamenti sociali e culturali in atto.
Nel primo panel del convegno, il progetto WOW ha fatto da cornice a una riflessione articolata sul ruolo delle donne dentro e fuori dal set. Coraline Refort (Università di Sassari) ha proposto una mappatura delle “divigrafie” – autobiografie delle attrici italiane – evidenziando come questi testi ibridi contribuiscano alla costruzione dell’identità pubblica, oscillando tra verità e performance.
Irene Caravita ha invece posto al centro il legame tra fotografe e attrici, concentrandosi su figure come Elisabetta Catalano, autodidatta che ha trasformato i set cinematografici in studi di posa. Mai fotografa ufficiale, Catalano ha lasciato un archivio prezioso in cui l’attrice viene ritratta in una continua negoziazione tra ruolo e autenticità.
Stella Scabelli (Università di Firenze) ha ricostruito una genealogia della fotografia di scena italiana: dalle pratiche silenziose degli anni ’30 all’organizzazione strutturata del dopoguerra, fino all’irruzione del paparazzismo negli anni ’50-’60. È un racconto di invisibilità, riconoscimento e trasformazione tecnica e sociale.
Infine, Arianna Laurenti (IULM) ha presentato un singolare tassello di questa narrazione: i servizi fotografici delle attrici in cucina pubblicati su “La Cucina Italiana”. Spazi privati e stereotipi domestici diventano luoghi strategici di rappresentazione, rivelando quanto la costruzione dell’immagine pubblica passi anche attraverso la messa in scena della quotidianità.
Le fotografe del cinema nell’Italia del dopoguerra non è solo un semplice convegno: è un atto politico e culturale che riporta alla luce uno sguardo femminile a lungo marginalizzato, capace di raccontare il cinema italiano con occhi nuovi – e più veri.
Articolo di Matilde Trippanera
segue intervista di Irene Caravita