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Lavoro povero, salari bassi: il ritratto impietoso dell’Italia che lavora

Lia Pacelli e Rinaldo Evangelista
"Lavoro e salari in Italia" (Carocci, 2025)
“Lavoro e salari in Italia” (Carocci, 2025)

C’è un’Italia che lavora, ma resta povera. Un Paese dove il salario medio reale è sceso del 10,7% dal 2008 e in cui milioni di lavoratori percepiscono meno di 9 euro lordi all’ora. È questo il quadro complessivo che viene ricostruito nel nuovo volume “Lavori e salari in Italia” (Carocci, 2025), a cura di Rinaldo Evangelista (Università di Camerino) e Lia Pacelli (Università di Torino). Nella mattinata del 20 maggio si è tenuta, presso l’Aula X della Facoltà di Economia dell’università La Sapienza di Roma, la presentazione del libro e una “tavola rotonda” per dibattere, tra esperti, della dinamica salariale tanto ben fotografata dai due autori.

Un declino che viene da lontano: “il lavoro che galleggia”

Dopo l’introduzione di Michele Martone (Università La Sapienza), Evangelista ha aperto l’incontro illustrando la struttura del libro: tre sezioni, tre modi di declinare il problema. Il suo focus è stato sulle radici storiche e strutturali del declino salariale in Italia: tra tendenze globali sfavorevoli, fragilità strutturali del sistema produttivo italiano, e politiche pubbliche inadeguate, non si può che parlare di un processo lungo e stratificato, supportato dall’enorme quantità di ricerche ed evidenze empiriche. Tra le immagini più evocative, c’è quella del “lavoro che galleggia“, per illustrare la polarizzazione tra quei pochi lavori stabili e il numero sempre crescente di contratti a tempo, part-time involontari e giornate lavorative ridotte.

La relazione tra salari e produttività: “l’uovo e la gallina”

L’intervento di Lia Pacelli ha posto l’accento su un nodo cruciale: il rapporto tra lavoro precario e stagnazione produttiva (reso efficacemente con la metafora de “l’uovo e la gallina”). A partire dal dato che indica il declino della quota del PIL che va al lavoro, Pacelli illustra possibili vie di uscita parlando di salario minimo, deregolamentazione e investimenti pubblici mirati. Nella convinzione che l’innovazione e i salari rappresentino fattori legati a doppio filo, “le misure di intervento pubblico dovranno puntare alla tutela di chi, in questa transizione, finisce per perderci“.

A seguire, gli interventi di Dario Guarascio (Università La Sapienza)  e Giuseppe Ciccarone (prorettore vicario presso La Sapienza) hanno precisato l’importanza di analizzare il sistema del lavoro nel suo insieme e restituire centralità alla distribuzione della ricchezza: promuovere un dibattito che, per essere costruttivo, deve prima di tutto diffondersi.

 

Nell’ultima parte dell’incontro si è svolta la Tavola rotondaRiflessioni sule politiche del lavoro in vista dei referendum“, moderata da Gloria Riva (L’Espresso) e con gli interventi di Luisa Corazza (Università degli Studi del Molise), Fulvio Fammoni (CGIL), Maurizio Franzini (Sapienza), Michele Martone (Sapienza) e Mario Pianta.

Comprendere le radici del declino salariale è – come spesso ricorre –  il primo grande passo per affrontare una sfida che riguarda non solo l’economia, ma la tenuta sociale del Paese.

Articolo di Alessandro Romagnoli

 

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