Sentiamo e parliamo molto di confini, soprattutto in tempi recenti, ma spesso ci dimentichiamo che si tratta di un concetto artificiale, creato dagli uomini, che in natura non esiste. Certo, esistono come fiumi e montagne, ma non hanno mai impedito agli uomini di spostarsi.
E noi, studenti universitari appartenenti a un paese europeo, abituati a muoverci agevolmente da uno stato all’altro, ne abbiamo forse un’idea astratta, come di qualcosa che riguarda posti lontani, mentre invece sono entità fisiche, tangibili, corporee, e circondano anche il nostro paese. A pochi chilometri da Trieste passa quello che divide l’Italia dalla Slovenia, a Ventimiglia quello che ci separa dalla Francia: li conosce molto bene chi, nel confine, ci è nato dalla parte sbagliata.
Di questo ci parla con grande franchezza e concretezza Valerio Nicolosi, giornalista, regista e fotografo, durante la presentazione del suo nuovo libro, Attraversare i confini, il 4 aprile, presso la libreria Feltrinelli di Largo Argentina (Roma), in dialogo con Federico Ruffo.
Nicolosi lungo questi confini ci è stato molte volte, accompagnando i migranti per alcuni tratti del loro percorso, raccogliendo e poi raccontando le loro storie, documentando le difficoltà e testimoniando le violazioni dei diritti umani. Non si risparmia i dettagli parlandoci per esempio di Korenica, cittadina turistica della Croazia, e della sua stazione di polizia, da cui partono i furgoni alla ricerca delle persone che tentano di attraversare il confine: prima di venire definitivamente respinte, subiscono ogni sorta di violenza fisica e psicologica.
Perché – chiede Ruffo – i cittadini di questi paesi, se non indifferenti, addirittura collaborano con la polizia?
“Ci siamo incattiviti – risponde Nicolosi. Pensate alle parole che usiamo: la Grecia è stata definita lo “scudo dell’Europa”, come se fosse in corso un’invasione da cui dobbiamo difenderci. Ma l’umanità, ribadisce il giornalista, si è sempre spostata, e se chiudiamo un confine queste persone troveranno un altro percorso, forse più lungo, per continuare a farlo.”
Ma chi arriva, come ci vede, come vede l’Italia?
“C’è consapevolezza delle politiche migratorie dell’Europa e dell’Italia, ma per loro questi posti rimangono un sogno, siamo il loro “sogno americano”. Per una persona che fugge dal Bangladesh o dal Pakistan, da calamità naturali dovute al cambiamento climatico o dai talebani, l’Italia rimane un paese del G7, dove c’è la possibilità di trovare lavoro e avere una vita tranquilla. In questo immaginario conta molto di più il racconto di chi alla fine riesce ad arrivare a destinazione, un racconto da cui vengono omessi gli aspetti negativi, i fallimenti, i pestaggi, la fame, perché sono difficili da raccontare: da Parigi mandano ai familiari una foto mentre sorridono sotto la Torre Eiffel, con i vestiti migliori che hanno, anche se spesso se li prestano a vicenda.”
E tu, qual è la cosa più brutta e più bella che ricordi di questi confini?
“La cosa più bella è una fotografia, una delle poche che ho dei miei viaggi. Mentre giravamo Formiche, abbiamo incontrato una famiglia curda che stava attraversando il confine. Abbiamo caricato le loro valige in macchina e poi li abbiamo accompagnati fino a un rifugio in montagna. A un certo punto durante il tragitto a piedi il padre era stanco (viaggiavano da quattro anni), e allora mi sono offerto di portare la bambina sulle spalle. All’inizio era agitata e timorosa, così ho iniziato a ballare e cantare per tranquillizzarla. Lei si è messa a ridere e a quel punto il fotografo del film ha scattato la foto. Avevano provato il Game (così viene chiamato l’attraversamento del confine tra Bosnia-Erzegovina e Croazia) già 25 volte. Dal giorno dopo, il loro ultimo telefono attivo (gli altri erano già stati sequestrati o distrutti dalla polizia) non ha più dato segnali.”
Oltre la conoscenza delle leggi, della burocrazia, dei fatti storici, sono proprio gli aneddoti, le descrizioni di luoghi, suoni e odori che il giornalista condivide con noi a ridare vita alle storie e a ricordarci che i migranti, prima che dei numeri, sono persone. Come si legge nelle quarta di copertina del libro “Attraversare i confini con Nicolosi significa osservare il nostro mondo con gli occhi dell’altro, con lo sguardo di chi si ritrova dalla parte sbagliata del confine.”
A cura di Del Puppo Veronica