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Design for Physics: quando estetica e scienza si incontrano.

Il progetto Design for Physics

Si è concluso con successo Design for Physics, il progetto proposto dall’Istituto Europeo di Design (IED), in collaborazione con il dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma, per approfondire il rapporto tra l’estetica e l’apprendimento delle materie scientifiche.  Lo studio pubblicato dalla rivista scientifica Phyisics Education, oltre ad essere stato selezionato per l’ADI design Index 2024, ha ricevuto dall’ Associazione Desing Industriale (ADI) il premio Excellence in Design Lazio ADI ed è stato candidato per il prestigioso premio Compasso D’oro. 

Design for Physics ha coinvolto gli studenti nella progettazione di alcuni strumenti di design: un dispositivo per la caduta libera, un pendolo interattivo, un roller, un piano inclinato e un lanciatore, tutti e cinque realizzati con materiali facilmente assemblabili ed economici, che li rendono funzionali e più accessibili. Le scuole, quindi, potranno equipaggiare i propri laboratori con questi dispositivi senza costi aggiuntivi, permettendo a professori e studenti di replicarli e personalizzarli secondo le proprie esigenze, grazie alla licenza Creative Commons  (CC-BY-NC-SA). 

Il progetto, attraverso ricerche nel campo, ha esplorato quale ruolo ricopre l’estetica nel rendere l’insegnamento più efficace. Il primo autore dello studio, il Professore Giovanni Organtini, che insegna fisica sperimentale in Sapienza, ha infatti spiegato che l’estetica degli strumenti con cui si lavora assume un ruolo decisivo nella creazione del significato di ciò che si sta imparando. Il design, oltre che a rendere l’aspetto degli strumenti piacevole, incide direttamente anche sul processo produttivo, perché ne rende più intuitivo l’utilizzo. A questo proposito, i ricercatori hanno sottoposto alcuni questionari agli studenti che hanno testato direttamente gli strumenti progettati; i risultati confermano quanto affermato dal Prof. Organtini: gli studenti che hanno partecipato attivamente alla sperimentazione, hanno mostrato una maggiore familiarità con i concetti fisici e hanno migliorato il loro atteggiamento nei confronti della materiaA fronte della mancanza di dimostrazioni pratiche delle teorie, problema evidenziato da molti studenti, il progetto ha rafforzato la comprensione dei fenomeni studiati, dimostrando che il design può effettivamente rendere l’insegnamento delle materie scientifiche più coinvolgente. 

Ma gli strumenti non si limitano soltanto a soddisfare esigenze pratiche legate all’apprendimento, perché sviluppano anche  una connessione innovativa tra arte e scienza; Mauro Del Santo, coordinatore del Master in Design for Children IED Roma, ha infatti chiarito che lo stile delle geometrie e i colori accesi dei dispositivi, ispirati al design italiano degli anni 60’ e 70’, noto per il suo essere provocatorio,  sono stati scelti proprio perché stimolano la creatività e inducono a riflettere sul rapporto tra funzioni, simboli, oggetto e messaggio, superando la tradizionale separazione delle discipline. 

Un paese in continua evoluzione

Negli anni ’60 e ’70, il design italiano ha vissuto un periodo di straordinaria creatività grazie all’innovazione tecnologica, i cambiamenti sociali e alle nuove forme espressive. Un’epoca di sperimentazione, colori audaci e rivoluzioni stilistiche, che hanno ridefinito il concetto di estetica e funzionalità. Il boom economico ha infatti favorito la nascita di prodotti innovativi e accessibili, come la plastica o il vetroresina,  e le contestazioni giovanili, espressione del desiderio di rompere con il passato, hanno spinto i designer a sperimentare forme e materiali inediti. Le aziende italiane, come Olivetti, Kartell e Artemide, hanno abbracciato questa rivoluzione, dando vita a oggetti diventati icone senza tempo: dalla lampada Arco dei fratelli Castiglioni alla poltrona Sacco di Zanotta, ogni pezzo raccontava una nuova idea di abitare, più libera e creativa. Negli anni ‘70, invece, il design si è fatto più radicale e concettuale, con movimenti come Archizoom e Superstudio, che sfidavano le convenzioni tradizionali con progetti visionari e provocatori.

Articolo a cura di Martina Colantoni.

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