Ennesimo successo per i Delicatoni, il gruppo vicentino, che venerdì 7 marzo ha registrato il tutto esaurito all’Alcazar, conquistando il pubblico della capitale. Il Delicatronic Tour, partito a dicembre, non solo ha mantenuto le aspettative, ma le ha superate, regalando un’esperienza sonora indelebile, tra elettronica, jazz, psych-pop e dance music.
Ma partiamo dall’inizio.
20:50, il locale si riempie senza fretta, tra il suono sommesso delle conversazioni e il tintinnio dei bicchieri. Un timbro sulla mano, un braccialetto al polso, e subito si entra. Non appena varcata la soglia, qualcosa di insolito cattura l’attenzione: in fondo, dietro ad un labirinto di luci soffuse, si intravedono bizzarre presenze tentacolari. La curiosità spinge fino al bordo del palco, dove si scopre un groviglio di cavi, da cui fanno capolino casse, tastiere, sintetizzatori, sax e chitarre, appena rischiarati dalla scritta “Alcazar” che campeggia sullo sfondo. E mentre ci si domanda quanto sia stato faticoso il sound check, il rovo oscuro di fili, che avvolge gli strumenti silenziosi, incute un po’ di timore.
Quasi senza rendersene conto, sono le 21:30 e i Delicatoni fanno il loro ingresso. Uno alla volta si sistemano alle loro postazioni con una naturalezza rassicurante. Gli strumenti vengono risvegliati dal lungo sonno, rispondendo al tocco magico dei quattro protagonisti: le luci si abbassano, l’atmosfera si carica di entusiasmo.
L’attesa è finita, comincia il viaggio alla scoperta della vibrante leggerezza dei Delicatoni.
Prime note delle tastiere, i membri della band puntano l’indice al cielo, dando inizio alla connessione tra di loro, con gli strumenti, che ormai non fanno più paura, e con il pubblico. È un legame destinato a diventare sempre più profondo e coinvolgente, Passo dopo Passo, come promette il brano d’apertura.
Sin da subito è evidente che la forza del gruppo risiede in una sintonia speciale: ogni elemento si integra perfettamente, senza mai comprimere le singole personalità degli artisti.
Ed è forse giunto il momento di procedere con le presentazioni: Giorgio Manzardo, instancabile e carismatico, padroneggia con maestria sax, sax digitale e tastiere, mentre danza freneticamente, sprigionando un’energia irresistibile; Smilian Jack Cibic, con la testa ingabbiata in imponenti cuffie dotate di un microfono ad archetto che altera la voce, accarezza con agilità i sintetizzatori, creando incredibili trame sonore; Claudio Murru fa vibrare la sua chitarra elettrica con passione, sfruttando la pedana per creare suggestivi effetti sonori; Antonio Bettini, dalla sua postazione, si diverte a sperimentare con i suoni e incanta il pubblico con una voce straordinariamente duttile, calda e sottile.
Tanto diversi tra loro, eppure, come cantano, i magici quattro sono La Stessa Cosa Insieme.
Se è vero che basta ascoltare la stessa canzone, ballare la stessa musica, o semplicemente mangiare la stessa cosa per scoprirsi profondamente connessi, allora il concerto dei Delicatoni non può che essere un grande momento di condivisione. Ognuno può scegliere come viverlo: godere dell’armonia dell’insieme, lasciarsi affascinare da un singolo suono o abbandonarsi alle sensazioni che la musica evoca.
La band dà vita principalmente ai brani dal ritmo ipnotico dell’ultimo album Delicatronic, uscito nel 2024, ma non dimentica i più amati del precedente Delicatoni (2022) e dell’EP Giorno libero (2023). Si compone, così, un universo sonoro completo che spazia da atmosfere intime, come in Scogliera, quasi sussurrata, alla dolce spensieratezza, come quella regalata da La mela, eseguita mentre il gruppo è avvolto in un vortice di pallini verdi luminosi.
Più si entra nel vivo del concerto, più i motivi si fanno incalzanti, quasi martellanti – è assolutamente obbligatorio scuotere la testa a tempo. Il culmine verrà raggiunto con Oh No, traccia che nella versione registrata in studio con Lamante dura poco più di due minuti e quaranta secondi, ma dal vivo sembra eterna, e tutti i presenti ripetono in loop:
Toccherà anche a me
Di toccare la realtà così com’è
E mi farà sorridere
Non mancano gli assoli, brillante quello di Giorgio Manzardo – che, come già detto, non sta fermo un attimo – in SDCHB e non solo: con il suo sax diventa una calamita per il pubblico, che lo applaude con entusiasmo. Lusingato dalle reazioni, Manzardo risponde con sorrisi e ammiccamenti, dando il via ad un gioco di seduzione musicale con gli spettatori, un flirt che si fa invito, impossibile da rifiutare, a partecipare alla performance.
Degna di nota è la straordinaria esecuzione di Svegli in Attesa del Sogno, prima traccia dell’album Delicatoni: una soffusa luce dorata, richiama l’immagine del sole che sta per sorgere, Antonio Bettini pronuncia i primi versi e tante voci si uniscono in una sola. L’interazione si conferma l’ingrediente segreto di questo rito collettivo, al punto tale che le “urla” liberatorie del brano originale vengono suggerite dal pubblico stesso.
Si crea così uno scambio reciproco: il coinvolgimento dei presenti non è solo reazione e supporto – comunque molto apprezzato dalla band, come sottolinea divertito Bettini “immaginate andare a lavorare mentre qualcuno fa continuamente il tifo per te” – ma è parte integrante dell’esperienza-concerto.
Non stupisce che il palco, nonostante l’intreccio di cavi, possa trasformarsi in una scintillante pista da ballo. È successo quando i Delicatoni hanno annunciato il loro ospite, Spraytan, che in maglietta bianca e jeans, li raggiunge: spalle al pubblico, in una posa coreografica, impugna il microfono e ondeggia le anche; poi si volta intonando Barbara – brano disco-pop tratto dall’album Delicatronic – impossibile da non ballare.
E così, tra suoni che sembrano generati da un computer anni ‘90, balli sfrenati e alcuni scambi di postazione tra i membri della band, il concerto giunge al termine. Claudio Murru prova a rassicurare tutti, ricordando che i Delicatoni “sono una sfumatura, quindi non vanno via, sfumano”.
Tuttavia, questo non basta a placare le richieste degli spettatori di suonare ancora. Dopo una breve contrattazione, a spuntarla è il brano Basilico – dall’album Delicatoni – eseguito dalla band raccolta attorno ad Antonio Bettini, in un ultimo dolce abbraccio collettivo.
Ancora un regalo, prima di posare gli strumenti, con Giorno libero, prima traccia dell’omonimo EP, che fornisce l’occasione per evidenziare anche la bellezza dei testi dei Delicatoni, tra parole scelte con cura e immagini evocative, mai banali.
Sono circa le 23:00 quando i magici quattro salutano il pubblico e le luci si riaccendono. Come in un processo inverso, l’Alcazar si svuota con la stessa lentezza con cui si era riempito, ma questa volta l’atmosfera è diversa, sospesa tra la classica, tenue malinconia per la fine di un concerto e il desiderio di sentirli ancora. Intanto, tra sorrisi e passi lenti, c’è chi canticchia mentre si dirige verso l’uscita.