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Uber: limitazione tecnologica imposta

Uber

Nella città di New York un giudice americano si è fatto sentire nei confronti di Uber con una sentenza dove dà del filo da torcere alle performance tecnologiche di Uber anche perché ha bisogno di permessi legali per poter sfruttare le nuove tecnologie di bordo prodotte dalla Google.

La compagnia giustamente non può usufruire della tecnologia Google portata avanti dallo stesso ingegnere: Anthony Lewandoski. Per di più dovrà limitarsi al solo uso della tecnologia Waymo, l’ultima azienda con cui era in rapporto di collaborazione lavorativa. La sentenza è stata stabilita dal giudice William Alsup che ha deciso di ordinare il ritiro del materiale Google dalle autovetture private e di farlo restituire al legittimo proprietario. Nel mese di febbraio giustamente Google ha voluto denunciare la compagnia tedesca per aver usato appunto tecnologie di comoda utilità a bordo con piloti automatici. Segreti tecnologici di cui Lewandoski si sarebbe servito prima di passare di compagnia. La società di trasporti privata per sua fortuna ha avuto solo una limitazione nell’uso di programmi e dispositivi mobili sulle sue autovetture.

Google si è dimostrata comunque soddisfatta dello stop imposto a Uber anche per via dell’uso di segreti industriali violati. Uber negli anni si è concentrato nel sfruttare al massimo le nuove tecnologie infatti è dell’opinione:  “Questa città è un posto unico perché unica è la complessità del trasporto, per questo ci sono così tante app”; un’altra opinione di Mellon (Uber): “Almeno adesso una macchina la trovi sempre. Prima, in certe fasce orarie, era impossibile. Ed era impossibile quasi sempre in certe zone periferiche”.  Tuttalpiù negli uffici di Uber: “Ci sono ottime app a New York oltre alla nostra. Compresa Arro, quella dei taxi tradizionali. La concorrenza fa bene a tutti”. Frantz Clermont è stato testimone di uno dei servizi prestati da Uber ed ha appunto affermato:  “L’ho provata per curiosità e ci sono rimasto”.

Filippo Sansa