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Twittter e Google contro le Fake News. Anche l’Italia si unisce alla lotta

Dall’avvento e dalla diffusione di internet, ma soprattutto del web 2.0, c’è sempre stata la preoccupazione di garantire un livello di credibilità delle informazioni che circolano in rete. Da tempo, l’attenzione di tutti si è spostata sulla diffusione di Fake News. Il primo paese che ha cercato di limitare questo fenomeno è la Germania che ha minacciato le aziende che diffondo news attraverso i social con multe fino a 500.000€ e la cancellazione di notizie false soprattutto durante i periodi di campagne elettorali.

Facebook è stato il primo social network che ha cercato di combattere questo fenomeno istituendo il “Facebook Journalism Project”, che collabora con le maggiori aziende che operano sui social per istruire gli utenti a riconoscere la credibilità delle notizie e cestinare quelle false. Anche Twitter si aggrega alla battaglia iniziata dal suo principale concorrente per combattere la diffusione delle “bufale”. L’opposizione del social network creato nel 2006 da Jack Dorsey si basa sulla cancellazione degli account abusivi impedendo di ricrearne altri agli stessi utenti, sul miglioramento del motore di ricerca interno alla piattaforma che sarà in grado di riconoscere le notizie meno attendibili e sull’eliminazione di quei tweet il cui contenuto è di bassa qualità o falso. Lo stesso Google si sta adoperando nella lotta alle fake news finanziando progetti che utilizzano sistemi automatici per la verifica delle fonti.

Questo argomento ha interessato anche l’Italia, dove nei giorni scorsi è stato proposto al Senato un Ddl, porposto da Adele Gambaro, volto a penalizzare sia chi produce queste notizie, ma anche chi le condivide e le diffonde. Questo decreto pone la sua attenzione soprattutto verso blog e forum tralasciando le testate giornalistiche online e prevede multe fino a 5mila euro per chi diffonde notizie false. Inoltre, è prevista una reclusione fino ai 12 mesi a chi, oltre alla diffusione delle bufale, desta anche il pubblico allarme. Il decreto cerca di combattere l’anonimato introducendo l’obbligo, a chi volesse aprire un blog o un sito web d’informazione, di inviare tramite posta elettronica certificata  le proprie generalità alla Sezione della stampa del tribunale. La proposta ha ricevuto molte critiche perché si rischia di minare la libertà di espressione in quanto gli utenti per paura delle sanzioni stabilite dal decreto, possono smettere di commentare o di pubblicare qualsiasi cosa in rete.

Alfonso d’Aiello