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Studio all’estero: regolamentazione poco chiara nelle scuole superiori

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Un’indagine realizzata dall’Istituto Piepoli per conto della AFSAI, Associazione per la Formazione, gli Scambi e le Attività Interculturali, ha fatto emergere una realtà preoccupante rispetto alla possibilità per i ragazzi degli istituti superiori di trascorrere periodi di studio all’estero senza compromettere il loro percorso scolastico in Italia.

Per fornire un quadro approfondito della situazione sono stati interrogati sia studenti che insegnanti; nonostante la Nota Ministeriale del 2013 – che ha fornito le linee guida utile per la mobilità studentesca – molti dubbi permangono rispetto a come affrontare l’esperienza dal punto di vista didattico e organizzativo.
Dei docenti intervistati, equamente distribuiti sul territorio nazionale, il 92% ha segnalato la mancanza di indicazioni adeguate rispetto al sostegno e alla valutazione dell’esperienza dopo il rientro in Italia.

In particolare, non sono state date chiare disposizioni nè rispetto alle modalità di recupero del programma perso nè sui modi in cui questo recupero verrà effettivamente verificato, se in maniera scritta o orale. Questo fatto va quindi ad incidere negativamente sulla volontà delle famiglie di inviare gli studenti all’estero, in quanto preoccupati più per i problemi burocratici rispetto al reinserimento nel percorso di studi al termine dell’esperienza che dell’integrazione dei propri figli all’estero.

Gli insegnanti intervistati, che comunque appoggiano in maggioranza schiacciante l’adesione a questo tipo di esprienza, consigliano per ora di frequentare all’estero per periodi non troppo lunghi – dai tre ai sei mesi – in modo che la situazione sia poi più gestibile al rientro.

Ilaria Roncone