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Social media e disturbi alimentari: la lezione della professoressa Rogers

      Intervista a Rachele Rogers

Lunedì 18 dicembre, presso la Facoltà di Psicololgia, si è tenuta la lezione di Rachele Rogers, professoressa di statistica e analisi dei dati alla Northeastern University di Boston, nonché autrice di importanti pubblicazioni scientifiche “The role of media in body dissatisfaction and disordered eating”.

La docente ha analizzato in particolare l’associazione sempre più forte tra l’evoluzione dei mass media e l’insorgere di disturbi alimentari: l’introduzione mediatica del “corpo perfetto”, soprattutto della donna, all’interno di pubblicità e non solo ha trasmesso agli individui ideali e valori alterati e poco realistici. Innanzitutto, la maggior parte delle immagini che noi vediamo vengono ritoccate con strumenti digitali mentre le restanti riflettono genuinamente soltanto una piccolissima percentuale della popolazione. Il problema principale è che accanto al concetto di “corpo” ne vengono collocati altri come “bellezza”, “salute”, “felicità” e “popolarità”, idee che vengono trasmesse anche ai più piccoli e che ne veicolano la crescita.

Tutto ciò ha avuto un grande impatto socio-economico: in primis l’oggettivizzazione del corpo della donna, inteso come la riduzione del sistema valoriale di quest’ultima, che è stato sfruttato a scopi pubblicitari; inoltre, le immagini trasmesse hanno in gran parte come oggetto modelle con fisici molto magri e che tendono ad essere copiati dalle più giovani, fenomeno incentivato dall’avvento dei social basati principalmente sulla fotografia e sull’apparenza, stimolando lo sviluppo dei disturbi alimentari per essere sempre più attraenti guadagnandosi “likes” .

Rachele Rogers ha sottolineato l’insorgenza di una nuova moda mediatica, quella della “fitispiration”, un movimento social che promuove lo sport inteso soprattutto come forza ed enfatizzazione dell’aspetto fisico. Infine, la professoressa ha concluso il discorso parlando della prevenzione e sottolineando come essa debba essere fatta sia a livello individuale che a livello sociale, stimolando la consapevolezza collettiva degli effetti che questi disturbi hanno sull’organismo.

Federica Girolami

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