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“RO.ME-Museum Exhibition”: alla Sapienza un grande appuntamento con l’arte

Presso il Museo di Arte Classica della Sapienza va in scena la quarta edizione di RO.ME-Museum Exhibition.

L’incontro si apre con l’intervento della rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni, la quale ritiene questo evento un segno di attenzione e vicinanza a istituzioni e associazioni. Il rilancio della cultura deve passare attraverso una collaborazione tra il mondo della ricerca, l’innovazione, il tessuto economico e sociale x rafforzare la competitività nazionale. Rome Museum Exhibition si candida ad essere un appuntamento di riferimento a livello internazionale e un’occasione per evidenziare il ruolo della trasmissione del sapere che i musei svolgono tutti i giorni avvicinando il pubblico all’arte, alla scienza e alla cultura. Ospitare questa manifestazione significa sostenere l’iniziativa che valorizza i musei in grado di fare rete in un progetto di divulgazione della conoscenza e di dialogo costante col territorio.

Secondo Danilo Leodori, vicepresidente della Regione Lazio, questo modo di procedere permette lo sviluppo di una realtà in divenire. Il rinnovato impegno della Sapienza rinvigorisce un desiderio di presenza e condivisione nella società. Nel processo di dialogo coi pubblici, i musei oggi non solo si fanno promotori di un’apertura metodologica, ma preparano un terreno secondo la collaborazione che ci può proiettare verso obiettivi di autentica sostenibilità sociale. Portare in Sapienza il mondo dei musei significa trovare nell’università lo spazio per una nuova riflessione sul rapporto tra società e cultura.

Intervistato dal presidente di Comin and Partners Gianluca Comin, il ministro della cultura Dario Franceschini parla inizialmente della riforma dei musei. Cosa è cambiato e quali sono le chiavi di successo della riforma? Nel 2014, all’inizio del percorso della riforma, i musei italiani erano delle straordinarie collezioni, ma non avevano una personalità giuridica né un comitato scientifico. Il ministero ha cercato di rovesciare quest’impostazione e di migliorare i servizi che oggi un museo deve avere, come studio, comunicazione, didattica, ristoranti e tecnologie, dando ai musei un’autonomia che prima non avevano. Riguardo il rapporto tra pubblico e privato, secondo il ministro serve un equilibrio tra i servizi gestiti da società pubbliche e quelli gestiti da società private. Non deve esserci una concorrenza, ma una collaborazione, in quanto in Italia sia privati che pubblici svolgono una funzione sociale e culturale. Franceschini è convinto che si possano rafforzare le forme di gestione mista, grazie alle risorse e agli strumenti che il ministero mette a disposizione. Inoltre le grandi aziende italiane, avendo un vantaggio enorme dall’avere alle spalle la bellezza e la storia del Paese, dovrebbero investire di più sulla tutela del patrimonio culturale nazionale, poiché ora c’è uno strumento fiscale semplice da usare. Sul tema della pandemia, Franceschini afferma che essa ha accelerato dei processi, in particolare l’utilizzo della tecnologia. La gestione dei primi giorni di lockdown ha portato a molte attività culturali online (musei o spettacoli virtuali): c’è stato uno spostamento non organizzato dal quale difficilmente si tornerà indietro e che non sarà uno strumento sostituivo, bensì integrativo, perché consente di vedere un museo o un evento culturale virtualmente se non si ha la possibilità di andarci. Fondando la piattaforma Itsart, il ministro ha cercato di rendere organica questa prospettiva. Egli crede che questa piattaforma crescerà e che molti privati si metteranno a lavorare in questo settore. Il ministero, dice Franceschini, sta lavorando anche sul recupero dei borghi: in Italia ci sono borghi bellissimi ma disabitati, quindi l’investimento su di essi è proiettato sul futuro e dimostra che si può ripopolare un borgo recuperando i patrimoni culturali. Franceschini conclude con una riflessione sui rapporti internazionali: l’Italia, sebbene sia ritenuta la superpotenza culturale del mondo, in molti settori non è consapevole di ciò che rappresenta a livello globale, a differenza di altri Paesi a noi vicini, che sono orgogliosi dei loro primati. Poiché il ministero ha fatto molti investimenti, Franceschini pensa che questa leadership debba essere rafforzata.

Massimo Osanna, direttore generale dei Musei italiani, afferma che ultimamente si sta acquisendo una decisiva consapevolezza dell’importanza del ruolo dei privati nella partecipazione e nella tutela del patrimonio pubblico. Tuttavia vanno individuate le strade per fare in modo che il rapporto tra pubblico e privato sia istituzionalmente corretto: la difficoltà di questo rapporto spesso dipende da una mancanza di abitudine o di preparazione di base, perciò va cambiato proprio il paradigma di approccio. Osanna crede anche che sia necessaria una forte attività di coordinamento da parte della direzione generale dei musei; per questo egli ha istituito una commissione composta da esperti della disciplina per ragionare su come indirizzare i musei verso le iniziative di partenariato pubblico-privato, nell’ottica di realizzare delle linee guida. Osanna sta creando un sistema museale nazionale, diffuso sul territorio, che comprende 5000 musei e ha una piattaforma grazie alla quale finalmente ci sarà un ambiente virtuale unico e omogeneo in tutti i musei. Inoltre da questa piattaforma non solo nasceranno chat e forum, ma si potrà anche lavorare per ideare una biglietteria omogenea: oggi infatti non ci sono app per musei italiani dove si può inserire il proprio biglietto per un museo da visitare.

In seguito la parola passa a Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano, luogo in cui ci sono degli spazi diversificati che permettono di avere delle risposte diverse alle esigenze di un partenariato: ad esempio nel teatro di Palazzo Altemps si possono fare delle registrazioni di opere e di concerti. Verger ricorda un’iniziativa con l’associazione “L’abilità” e la fondazione “DeAgostini” sul tema dell’accessibilità completa dei musei alle persone con disabilità cognitiva, rappresentata per esempio dalle guide presenti nel Museo Nazionale Romano.

Successivamente il presidente dell’ICOM Alberto Garlandini, tramite un intervento registrato, afferma che i professionisti museali hanno saputo garantire il servizio pubblico e la missione sociale dei musei anche nell’emergenza pandemica. Infatti, l’unica soluzione per fronteggiare il virus è l’innovazione. Partendo da questo tema, ICOM ha realizzato sull’impatto della pandemia 3 indagini globali, che a loro volta indicano 6 priorità di lavoro: ripensare le strategie digitali e aumentare l’offerta digitale; sviluppare attività che generano nuove entrate; aumentare il focus sulle comunità locali; promuovere nuove ricerche sulle collezioni; sviluppare modelli di gestione flessibili e sostenibili; sperimentare nuove reti culturali collaborando con imprese e università. L’innovazione viaggia sulle spalle di chi lavora nei musei. I musei che hanno licenziato dipendenti sono passati dal 6% del maggio 2020 a quasi il 10% di 1 anno dopo. I più colpiti sono i giovani; corriamo il serio rischio di perdere le loro competenze e il loro entusiasmo: una possibile catastrofe. Un secondo tema trattato dal presidente dell’ICOM è la sfida della sostenibilità. Combattere la crisi climatica, che sta avendo un impatto devastante sul patrimonio naturale e culturale del mondo, è un imperativo dei nostri tempi. I musei svolgono un ruolo chiave non solo nel promuovere conoscenza scientifica e comportamenti consapevoli, ma anche nel sostenere politiche ambientali sostenibili. Per questo Garlandini ricorda che nel settembre 2019 l’assemblea generale di ICOM a Kyoto ha approvato la risoluzione sulla sostenibilità dell’agenda 20-30 delle Nazioni Unite. ICOM sostiene i musei di tutto il mondo affinché integrino nella loro missione il raggiungimento degli obiettivi globali di sviluppo sostenibile e la lotta per la giustizia climatica. Per farlo, conclude Garlandini, è necessaria una cooperazione internazionale, in quanto solo insieme è possibile guardare al futuro con ottimismo.

L’incontro termina con la direttrice della Galleria Borghese, Francesca Cappelletti, che elenca i 3 aspetti fondamentali per la vita del museo: la ricerca, necessaria per comprendere gli oggetti; la conversazione, intesa come collaborazione con le amministrazioni, utile per aiutare i visitatori a cogliere l’unità; la generosità, nella condivisione del sapere e nelle politiche di apertura. Francesca Cappelletti parla della progettazione, da parte della Galleria Borghese, di un bim, un sistema che consente di gestire digitalmente le collezioni e gli spazi del museo e di programmare il restauro. La Galleria Borghese vuole inserire nel bim anche tutti i possibili contenuti culturali, le visite virtuali e un catalogo online: ciò consentirebbe di aprire man mano tutti i contenuti e studiare nel dettaglio degli affreschi che altrimenti sarebbero difficilmente raggiungibili.