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Il ricordo di Nella Mortara, la fisica discriminata dalle leggi razziali

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Giovedì 27 gennaio la Sapienza ha presentato il convegno “Memorie di esclusione: Nella Mortara e le leggi razziali”. Tra gli ospiti, la professoressa Maria Grazia Betti racconta la biografia di Nella Mortara, una delle più grandi fisiche italiane.

Betti ha confessato di non aver mai sentito parlare di Nella Mortara, fino a quando due anni fa non fu intitolata una piazza a Roma proprio alla scienziata. Da lì ha iniziato a documentarsi e a scoprirne i tratti biografici. Quando scese nella biblioteca del dipartimento di fisica, trovò un foglio che riportava l’esclusione di Nella Mortara nel 1938 per le leggi razziali. Così, con l’aiuto dell’archivista Antonella Modugno e della storica Michela Fante, ha raccolto molti documenti, grazie ai quali è riuscita a ripercorrere la storia di Nella Mortara.

Nella Mortara appartiene a una famiglia di solida tradizione ebraica. Il padre Lodovico è il figlio del rapino di Mantova, vive in una famiglia ebraica ma se ne stacca presto, giovanissimo diventa professore universitario prima a Pisa e poi a Napoli; in seguito sposa Clelia Vivanti (anche lei di origine ebraica): la coppia avrà 5 figli, di cui Nella è la quarta.

Nel 1911 si trasferiscono a Roma, quando Lodovico viene nominato prima senatore, poi nel 1915 il primo presidente della Corte di Cassazione. Nella quindi cresce in una famiglia di profonda cultura, perde la madre poco prima di iscriversi alla facoltà di Fisica di Via Panisperna, in cui si laurea nel 1916.

In genere sono poche le donne iscritte in questa facoltà, ma nel periodo della prima guerra mondiale c’è un piccolo incremento, che poi si ferma negli anni 20 perché molte donne si iscrivono a scuole magistrali, che non danno l’accesso all’università.

Nella Mortara in quel momento si trova alla Sapienza con un altro gruppo di donne: quasi tutte prendono la libera docenza, necessaria per insegnare alle scuole superiori o all’università. Per una decina di anni insegna nelle scuole e all’università. È una delle poche donne ad avere delle posizioni permanenti.

Per quanto riguarda l’attività scientifica, Nella Mortara inizia a lavorare nel gruppo di Orso Maria Corbino, direttore del dipartimento di fisica e stimato ricercatore che studiava principalmente i raggi x. Nella si dedica quindi nella sua tesi di laurea allo studio dei raggi x. Nel frattempo fa anche altre ricerche, diventa assistente di Corbino e coordinatrice della scuola pratica. Essa, istituita nel 1898, è la scuola dei corsi di laboratorio per gli studenti di fisica, ingegneria, matematica e chimica. Dunque si dà un grande sviluppo alle attività sperimentali, che Nella coordina dal 1917 al 1938.

Poi c’è un cambiamento nella sua attività di ricerca. Nel 1925 Corbino, che era stato nominato senatore nel ‘20, accetta l’incarico di Ministro dell’Economia Nazionale del primo governo Mussolini. Tra i ruoli assegnati, si deve occupare del radio, che però ha un costo elevato; inoltre non c’è nessun istituto che possa permettersi di comprarlo. Allora Corbino fonda l’Ufficio del radio, il quale, alle dipendenze del suo ministero, può operare sotto il controllo degli studi di fisica dell’università. In questo ufficio c’è un laboratorio di fisica nel quale lavora Nella, che si specializza nella preparazione delle soluzioni di cloruro di radio. Il primo impianto viene costruito nel 1925. Il secondo nel 1929, col contribuito di Nella per la taratura dei materiali radioattivi mediante raggi gamma.

Nel 1934 Nella Mortara ottiene la libera docenza in chimica sperimentale, viene confermata assistente di ruolo e fa il giuramento di fedeltà al partito fascista, sotto il sollecito dell’amministrazione della Sapienza.

Nel 1938 viene espulsa dall’università in quanto originaria della razza ebraica, con una lettera che le arriva il 25 ottobre. Non è l’unica: la stessa sorte capita ad altre scienziate donne colpite dalle leggi razziali.

Betti parla anche di uno scambio di informazioni tra Nella Mortara e il fisico Enrico Persico. In una lettera che Persico scriverà nel 1945, dice: “Riguardo alle esercitazioni di fisica sono d’accordo con lei che lo scopo principale dovrebbe essere quello di abituare ai ragazzi al maneggio degli apparecchi e che la teoria degli errori può tranquillamente essere lasciata da parte … La scuola pratica di qui (Torino) funziona presso a poco come funzionava la nostra a Roma – Panisperna, con la differenza però che, mancando una Nella, tutto è assai trascurato e gli studenti sono praticamente abbandonati”.

Cosa sappiamo di Nella dal momento in cui viene espulsa fino alla fine della guerra? La professoressa Betti lo ha ricostruito proprio grazie allo scambio di lettere con Persico, in particolare con una lettera che Nella scrive il 25 agosto 1945.

Nel 1938 Nella raggiunge in Brasile il fratello economista Giovanni. Nel 1941 rientra in Italia dalla sorella minore Silvia. Insieme alla sua famiglia riesce a sfuggire dalla retata del 16 ottobre 1943: per nove mesi si rifugia in un istituto delle suore orsoline. Torna a casa solo dopo la liberazione di Roma del 5 giugno 1944.

Nel 1945 rientra nell’Istituto di Fisica come assistente incaricata, ma 3 anni dopo si dimette per motivi di salute.

Nella passerà ancora molti anni a lavorare al microscopio elettronico in collaborazione con Daria Bocciarelli. La sua attività di ricerca però è stata bruscamente interrotta nel 1938, e lei dal punto di vista della produzione scientifica non ha mai ripreso un’attività autonoma come avrebbe voluto.

Maria Grazia Betti chiude con un riferimento al libro “Sotto falso nome Scienziate ebree” di Raffaella Simili del 2010, che riporta molte altre storie invisibili di scienziate ebree che sono state cancellate con le leggi razziali. Betti crede che la giornata della memoria possa riportare un po’ di luce sulla vita di Nella Mortara ed è contenta che nella giornata stessa è stata intitolata l’aula 3 dell’edificio Fermi al suo nome.