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Pasticci e impasticciamenti nell’opera italiana settecentesca

      Intervista al Professor Lorenzo Mattei - My Recording

Roma, 21 marzo 2022 – Il Professor Lorenzo Mattei, docente di Musicologia presso l’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, ha presenziato all’incontro dedicato all’opera del Settecento, svoltosi presso l’Aula di Storia della musica “Nino Pirrotta” dell’Edificio di Lettere. La conferenza, dal titolo Pasticci e impasticciamenti: i “Multiversi” dell’opera settecentesca, ha costituito uno degli incontri della serie “Colloquia 2022” della Sezione musicologica del Dipartimento di Lettere e culture moderne.

L’opera del ‘700 era caratterizzata da modularità e variazione delle forme e presentava una struttura melodrammaturgica paratattica, che ammetteva spostamenti, sostituzioni, scorciamenti ed eliminazioni. Il pasticcio era una composizione musicale scritta da diversi autori o composta da brani tratti da lavori precedenti. L’opera impasticciata conteneva un tessuto originale definito dal compositore, dove si potevano innestare pezzi antecedenti o di nuova composizione non previsti dall’assetto originale. Verso la fine del diciottesimo secolo, intere scene sono state estromesse, dando vita a numerosi problemi a livello interpretativo. Attorno a tutto questo repertorio esisteva, in passato, un pregiudizio estetico, frutto di una concezione romantica, che valutava pasticci e opere impasticciate come dei frettolosi assemblaggi funzionali ai ritmi produttivi di un sistema asservito alla logica del risparmio e alla velocità di allestimento. Alcuni spettatori non italofoni disistimavano l’abitudine “all’ingozzamento musicale”; Norbert Hadrava, segretario dell’ambasciatore austriaco a Napoli, parlando del Telemaco nell’isola di Calipso, in scena al Teatro del Fondo di Napoli nel 1785, ha affermato: «Le aree sono di diversi maestri, le parole di diversi poeti, una mistura di cose disparate, che ogni appassionato conoscitore vede, riascolta nauseato».

La modularità paratattica, che per tutto il ‘700 ha caratterizzato opere serie e buffe, ha inciso sul concetto di autorialità; talvolta i cantanti stessi riscrivevano le aree, altre volte era l’impresario ad aggiungere dei pezzi di autori famosi. È necessario, tuttavia, effettuare un distinguo tra la prima e la seconda metà del secolo. Nel primo caso, le opere impasticciate erano messe a punto dal compositore e dall’impresario. I pasticci erano poco frequenti, sebbene esistesse un’attitudine fiorentina al pasticcio: si attribuiva dignità artistica a questo genere e ciò è riscontrabile nei resoconti delle Gazzette governative dell’epoca. I pasticci ci possono insegnare a revisionare l’importanza di alcuni istituti formali e metterci in guardia da una prospettiva di studio meramente morfologica; inoltre, gli elementi che impasticciano un’opera possono avere una qualità artistica notevole. I pasticci fiorentini dimostrano anche un altro aspetto: un orientamento stilistico prevalente. Il percorso creativo del pasticcio aveva origine dalla scelta del soggetto, ovvero delle convenienze teatrali sulla base delle quali si cercavano i pezzi più opportuni da estrapolare da altre opere, successivamente si versificavano i recitativi palesando i versi delle aree concertate dei cori già scritti da altri autori, allo scopo di produrre un melodramma allineato alle ultime novità morfologiche e drammaturgiche.

Il genere del pasticcio, dunque, oltre a esibire pregnanza musicale e drammaturgica, incarna un’esplicita volontà di proporre al pubblico il meglio dei melodrammi che, più di altri, palesavano quegli elementi morfologici innovativi che sono diventati, in seguito, oggetto degli studi musicologici attuali.