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Fried Blues Chicken, il primo singolo dell’anonima band Escape to the Roof

E’ disponibile in digitale il primo singolo, Fried Blues Chicken, della band Escape to the Roof, estratto del nuovo album omonimo.

Questo brano vuole essere il primo capitolo di un racconto surreale, inverosimile, unico nella sua complessità narrativa, in cui l’obiettivo è quello di porre l’attenzione massima sulla musica come arte collettiva e sul suo messaggio. Ricorre a sonorità degli anni d’oro del rock, come atto di una vera “insurrezione”, al fine di riscoprire il valore profondo. Tramite la loro decisione di rimanere anonimi prendono le distanze da tutto quello che oggi rappresenta la discografia, basata sull’apparenza e sulla superficialità.

Lo scopo ultimo è fare in modo che chiunque ascolti i singoli o il disco, si concentri il più possibile sulla scrittura, sul messaggio, sulla composizione, sui testi, sulle emozioni, sui temi di questo progetto discografico: “La storia ci ha insegnato – spiega l’artista – che dissociare la biografia dell’autore dall’atto artistico non altera la possibilità di fruire, in tutta la sua potenzialità, il messaggio che da esso deriva, anzi credo sia l’unica cosa rimasta da fare come atto di nuova insurrezione rispetto a quello che ci circonda, così da aiutare l’ascoltatore a individualizzare meglio e a interpretare il messaggio per quello che è oggettivamente.”

Il singolo Fried Blues Chicken propone una simpatica metafora della vita, sulla società, sulla produttività in batteria, che parte dalle parole di Margaret Heffernan che riprende lo studio sui polli di un biologo evoluzionista della Purdue University, William Muir: “Muir s’interessava di produttività, una cosa che penso riguardi tutti noi, ma che nei polli è facile da misurare perché basta contare le uova. Voleva sapere come rendere i suoi polli più produttivi, così escogitò un bell’esperimento. I polli vivono in gruppi, quindi ne selezionò una colonia media e la lasciò crescere per sei generazioni. A questo punto, creò un secondo gruppo composto dagli individui più produttivi, che chiameremo ‘superpolli’. Questi furono riuniti in una super colonia, selezionando da ogni generazione soltanto gli individui più produttivi. Dopo sei generazioni, indovinate cosa scoprì? I polli del primo gruppo, quello medio, se la passavano benissimo. Erano tutti belli grassottelli e ben piumati e la produzione di uova era aumentata notevolmente. E il secondo? Tutti morti, eccetto tre superstiti che avevano beccato a morte tutti gli altri.”